Invito a Lesbia Cidonia ed altre poesie/Sopra la luce

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Sopra la luce

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Per Giuditta La geometria
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SOPRA LA LUCE.


CANZONE I.


O chiaro Sole, o lampa
Gloriosa del giorno imperadrice,
Volgo i miei carmi a te. Tu fosti un tempo
Sotto il nome di Febo
5L’auspice de’ Poeti: e fur credute
Venir da te, nell’alma de’ mortali,
Le vivide scintille,
Ad agitar questa dell’esser nostro
Parte divina: e a lei schiudendo il fato.
10Illuminarle il guardo
Sul folto orror de l’avvenir più tardo.
Or, se nulla tu puoi
Sopra il miglior di noi.
Col globo tuo concreto
15Il fosco velo al vecchio error si tolse.
Tu però col vital tuo piro influsso,
Onde gli occhi mortali allegri e bèi.
Tanto allo sparto sei
Somigliante e vicino,
20Quanto in distinta imago
Quel rappresenta in noi l’esser divino,
Penetrabil tu passi,
Colle saette de’ bei raggi aurati,
Il rigido cristallo,
25Che per mille diversi angoli e lati,
A la pioggia del lume,
Che vien da te, dà libero passaggio.
La luce figlia tua corre e divora
L’immense strade de’ cerulei campi,
30Con si spedita lena,
Che l’umano pensier la siegue appena.
Qual materia trovar di tua sostanza
Incorruttibil più? quale più scevra
Del sordido contagio
35D’ogni essere men puro? Or dunque a dritto
In te pose sua sede
La purezza immortal, di chi ti fece,
Là, nei giri superni.
Sorgere a un cenno sol degli occhi eterni.


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CANZONE II.


Inesperto fanciul, che nascer veda
Il pianeta solar nell’Orïente,
Intra duo palmi crede
Che ristringa il suo spazio il cerchio ardente.
5Nè forse quel pastor, che sulla vetta
Di prativa montagna
Tutta notte l’aspetta,
Vegliando al gregge accanto,
Suole dell’intervallo di sua sfera
10Argomentar la sua grandezza vera.
O d’ignaro pensier ristrette idee!
Scenda il pastor da la nativa balza,
E più città scorrendo,
Ad ammirar cominci
15L’ampiezza della Terra ov’egli alberga,
Finchè tutta la scorra in giro intorno;
Ed al paterno nido,
Per opposto sentier, faccia ritorno,
Il varïato pelo, il lasso piede,
20Della sua vastità faragli fede.
Poi levi gli occhi al Sole,
Che forse non ardisce
Credere ugual a la terrestre mole,
E scorrendol co’ passi dello ingegno.
25Intra sè stesso dica:
A quella massa immensa
La Terra comparar sarà fatica.
In faccia a Lui, che sono,
Io minuto vivente.
30Che quaggiù pur lo miro; e colla mente.
Più de’ suoi raggi prezïoso dono,
Meco stesso di Lui penso e ragiono?


CANZONE III.

strade d’un raggio di luce.


Deh! chi ti spinge a terra,
Lucente filo d’atomi dorati,
Da’ bei campi stellati?
Qual geometra in cielo
5La drittissima linea ti segna,
Per cui, l’un dietro l’altro,
De’ suoi globi l’immenso ordine vegna?
A un batter di palpebra,
Per mille milion di miglia vai;

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10Non ti rallenti mai:
Ma se un ostacol trovi,
Su tue vestigia ripiegando addietro,
Spesso l’immenso tuo cammin rinnuovi.
Nè gli altri mille raggi.
15Che da mill’altre stelle, in mille parti,
Scagliati, al par di te, rapidi vanno.
Tutto di luce incrocicchiando il cielo,
Ostacolo a te fanno.
Per l’aere tu penetri:
20Da’ corpi tu rifletti;
Ti cacci per più vetri;
Dentro dell’occhio mio di cento aspetti
Porti la vaga scena.
Deh chi ti diè l’infaticabil lena,
25Se non quel Dio, che, tutto forza e vita,
Nelle grandi opre sue sè stesso imita?


CANZONE IV.

la divaricazione de’ raggi.


Chi mi assicura? oh Dio!
Veggo adunarsi in cielo.
Mosso dal soffio di contrario vento,
L’esil vapor del liquido elemento.
5Indi pioggia ne viene
Il caldo a ristorar dell’arse arene.
Ma se d’occulta forza impeto novo
Le tante fila dell’eterea luce
In un sol punto adduce;
10Ah sicuro non è confine, o loco
Da nova pioggia orribile di foco.
Chiusa nel picciol giro di cristallo,
In un attimo scioglie ogni metallo.
Da un effetto simil che seguir possa.
15Nell’aria condensata o spinta o mossa,
Per incognita legge di natura,
Oh Dio chi m’assicura?
Temi: ch’io non t’assolvo
Dall’orrendo timore,
20O tu del cieco caso
Più cieco adoratore:
Io che del mondo l’ammirabil opra
A mente eterna ascrivo,
Per me sicuro io vivo.