Istorie fiorentine/Libro ottavo/Capitolo 33

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Libro ottavo

Capitolo 33

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Aveva il Papa, per lo esemplo di questa guerra, cognosciuto con quanta prontezza e studio i Fiorentini conservono le loro amicizie; tanto che, dove prima, e per amore de’ Genovesi e per gli aiuti avieno fatti al Re, quello gli odiava, cominciò ad amarli e a fare maggiori favori che l’usato a’ loro oratori. La quale inclinazione, cognosciuta da Lorenzo de’ Medici, fu con ogni industria aiutata; perché giudicava essergli di grande reputazione quando alla amicizia teneva con il Re e’ potesse aggiungnere quella del Papa. Aveva il Pontefice uno figliuolo chiamato Francesco, e desiderando di onorarlo di stati, e di amici perché potesse dopo la sua morte mantenergli, non cognobbe in Italia con chi lo potesse più securamente congiugnere che con Lorenzo; e per ciò operò in modo che Lorenzo gli dette per donna una sua figliuola. Fatto questo parentado, il Papa desiderava che i Genovesi, d’accordo, cedessero Serezana a’ Fiorentini, mostrando loro come e’ non potevano tenere quello che Agostino aveva venduto, né Agostino poteva a San Giorgio donare quello che non era suo. Non di meno non potette mai fare alcuno profitto; anzi i Genovesi, mentre che queste cose a Roma si praticavano, armorono molti loro legni, e sanza che a Firenze se ne intendesse cosa alcuna, posono tremila fanti in terra e assalirono la rocca di Serezanello, posta sopra Serezana e posseduta da i Fiorentini; e il borgo quale è a canto a quella predorono e arsono; e apresso, poste l’artiglierie alla rocca, quella con ogni sollecitudine combattevano. Fu questo assalto nuovo e insperato a’ Fiorentini; onde che subito le loro genti, sotto Virginio Orsino, a Pisa ragunorono; e si dolfono col Papa, che, mentre quello trattava della pace, i Genovesi avieno mosso loro la guerra. Mandorono di poi Piero Corsini a Lucca, per tenere in fede quella città; mandorono Pagolantonio Soderini a Vinegia, per tentare gli animi di quella republica, domandorono aiuti al Re e al signore Lodovico, né da alcuno gli ebbono, perché il Re disse dubitare della armata del Turco, e Lodovico, sotto altre gavillazioni, differì il mandarli. E così i Fiorentini nelle guerre loro quasi sempre sono soli, né truovono chi con quello animo li suvvenga, che loro altri aiutano. Né questa volta, per essere dai confederati abbandonati, non sendo loro nuovo, si sbigottirono; e fatto un grande esercito, sotto Iacopo Guicciardini e Piero Vettori contro al nimico lo mandorono, i quali feciono uno alloggiamento sopra il fiume della Magra. In quel mezzo Serezanello era stretto forte da’ nimici, i quali con cave e ogni altra forza lo espugnavano: tale che i commessari deliberorono soccorrerlo, né i nimici recusorono la zuffa; e venuti alle mani, furono i Genovesi rotti; dove rimase prigione messer Luigi dal Fiesco, con molti altri capi del nimico esercito. Questa vittoria non sbigottì in modo i Serezanesi che e’ si volessero arrendere; anzi ostinatamente si preparorono alla difesa, e i commissari fiorentini alla offesa: tanto che la fu gagliardamente combattuta e difesa. E andando questa espugnazione in lungo, parve a Lorenzo de’ Medici di andare in campo. Dove arrivato, presono i nostri soldati animo, e Serezanesi lo perderono; perché, veduta la ostinazione de’ Fiorentini ad offenderli e la freddezza de’ Genovesi a soccorrergli, liberamente, e sanza altre condizioni, nelle braccia di Lorenzo si rimissono; e venuti nella potestà de’ Fiorentini, furono, eccetto pochi della ribellione autori, umanamente trattati. Il signore Lodovico, durante quella espugnazione, aveva mandate le sue genti d’arme a Pontremoli, per mostrare di venire a’ favori nostri; ma avendo intelligenza in Genova, si levò la parte contro a quelli che reggevano, e con lo aiuto di quelle genti, si dierono al duca di Milano.