Istorie fiorentine/Libro secondo/Capitolo 2

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Libro secondo

Capitolo 2

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Egli è cosa verissima secondo che Dante e Giovanni Villani dimostrano che la città di Fiesole, sendo posta sopra la sommità del monte, per fare che i mercati suoi fussero più frequentati e dare più commodità a quegli che vi volessero con le loro mercanzie venire, aveva ordinato il luogo di quelli, non sopra il poggio, ma nel piano, intra le radice del monte e del fiume d’Arno. Questi mercati giudico io che fussero cagione delle prime edificazioni che in quelli luoghi si facessero, mossi i mercatanti da il volere avere ricetti commodi a ridurvi le mercanzie loro i quali con il tempo ferme edificazioni diventorono; e di poi, quando i Romani avendo vinti i Cartaginesi, renderono dalle guerre forestiere la Italia secura, in gran numero multiplicorono. Perché gli uomini non si mantengono mai nelle difficultà, se da una necessità non vi sono mantenuti; tale che, dove la paura delle guerre costrigne quelli ad abitare volentieri ne’ luoghi forti e aspri, cessata quella, chiamati dalla commodità, più volentieri ne’ luoghi domestici e facili abitano. La securtà adunque, la quale per la reputazione della romana republica nacque in Italia, potette fare crescere le abitazioni già nel modo detto incominciate, in tanto numero che in forma d’una terra si ridussero, la quale Villa Arnina fu da principio nominata. Sursono di poi in Roma le guerre civili, prima intra Mario e Silla, di poi intra Cesare e Pompeo, e apresso intra gli ammazzatori di Cesare e quelli che volevano la sua morte vendicare. Da Silla adunque in prima e di poi da quelli tre cittadini romani i quali dopo la vendetta fatta di Cesare si divisono l’imperio, furono mandate a Fiesole colonie; delle quali o tutte o parte posono le abitazioni loro nel piano, presso alla già cominciata terra; tale che, per questo augumento, si ridusse quello luogo tanto pieno di edifici e di uomini e di ogni altro ordine civile che si poteva numerare intra le città di Italia. Ma donde si derivasse il nome di Florenzia, ci sono varie opinioni: alcuni vogliono si chiamasse da Florino, uno de’ capi della colonia; alcuni non Florenzia, ma Fluenzia vogliono che la fusse nel principio detta, per essere posta propinqua al fluente d’Arno; e ne adducono testimone Plinio, che dice: - i Fluentini sono propinqui ad Arno fluente -. La qual cosa potrebbe essere falsa, perché Plinio nel testo suo dimostra dove i Fiorentini erano posti, non come si chiamavano; e quello vocabolo "Fluentini" conviene che sia corrotto, perché Frontino e Cornelio Tacito, che scrissono quasi che ne’ tempi di Plinio, gli chiamono Florenzia e Florentini; perché di già ne’ tempi di Tiberio secondo il costume delle altre città di Italia si governavano, e Cornelio referisce essere venuti oratori Florentini allo Imperadore, a pregare che l’acque delle Chiane non fussero sopra il paese loro sboccate; né è ragionevole che quella città, in un medesimo tempo, avesse duoi nomi. Credo per tanto che sempre fusse chiamata Florenzia, per qualunque cagione così si nominasse; e così, da qualunque cagione si avesse la origine, la nacque sotto lo Imperio romano, e ne’ tempi de’ primi imperadori cominciò dagli scrittori ad essere ricordata. E quando quello Imperio fu da’ barbari afflitto fu ancora Florenzia da Totila re degli Ostrogoti disfatta, e dopo 250 anni, di poi, da Carlo Magno riedificata. Dal qual tempo infino agli anni di Cristo 1215 visse sotto quella fortuna che vivevano quelli che comandavano ad Italia. Ne’ quali tempi prima signoreggiorono in quella i discesi di Carlo, di poi i Berengari, e in ultimo gli imperadori tedeschi, come nel nostro trattato universale dimostrammo. Né poterono in questi tempi i Florentini crescere, né operare alcuna cosa degna di memoria, per la potenza di quelli allo imperio de’ quali ubbidivano, nondimeno, nel 1010, il dì di santo Romolo giorno solenne a’ Fiesolani, presono e disfeciono Fiesole; il che feciono, o con il consenso degli imperadori, o in quel tempo che dalla morte dell’uno alla creazione dell’altro ciascuno più libero rimaneva. Ma poi che i pontefici presono più autorità in Italia, e gli imperadori tedeschi indebolirono, tutte le terre di quella provincia con minore reverenzia del principe si governarono; tanto che nel 1080, al tempo di Arrigo III, si ridusse la Italia intra quello e la Chiesa in manifesta divisione; la quale non ostante, i Fiorentini si mantennono infino al 1215 uniti, ubbidendo a’ vincitori, né cercando altro imperio che salvarsi. Ma come ne’ corpi nostri quanto più sono tarde le infirmità tanto più sono pericolose e mortali, così Florenzia, quanto la fu più tarda a seguitare le sette di Italia, tanto di poi fu più afflitta da quelle. La cagione della prima divisione è notissima, perché è da Dante e da molti altri scrittori celebrata; pure mi pare brevemente da raccontarla.