Istorie fiorentine/Libro secondo/Capitolo 6

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Libro secondo

Capitolo 6

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Con questi ordini militari e civili fondorono i Fiorentini la loro libertà. Né si potrebbe pensare quanto di autorità e forze in poco tempo Firenze si acquistasse; e non solamente capo di Toscana divenne, ma intra le prime città di Italia era numerata; e sarebbe a qualunque grandezza salita, se le spesse e nuove divisioni non la avessero afflitta. Vissono i Fiorentini sotto questo governo dieci anni, nel qual tempo sforzorono i Pistolesi, Aretini e Sanesi a fare lega con loro; e tornando con il campo da Siena, presono Volterra, disfeciono ancora alcune castella, e gli abitanti condussono in Firenze. Le quali imprese tutte si feciono per il consiglio de’ Guelfi, i quali molto più che i Ghibellini potevano, sì per essere questi odiati da il popolo per li loro superbi portamenti quando al tempo di Federigo governorono, si per essere la parte della Chiesa più che quella dello Imperadore amata; perché con lo aiuto della Chiesa speravono perservare la loro libertà, e sotto lo Imperadore temevano perderla. I Ghibellini per tanto veggendosi mancare della loro autorità, non potevono quietarsi, e solo aspettavano la occasione di ripigliare lo stato. La quale parve loro fusse venuta, quando viddono che Manfredi figliuolo di Federigo si era del regno di Napoli insignorito e aveva assai sbattuta la potenza della Chiesa. Secretamente adunque praticavano con quello di ripigliare la loro autorità; né posserono in modo governarsi, che le pratiche tenute da loro non fussero agli Anziani scoperte. Onde che quelli citorono gli Uberti, i quali, non solamente non ubbidirono, ma prese le armi, si fortificorono nelle case loro; di che il popolo sdegnato, si armò, e con lo aiuto de’ Guelfi gli sforzò ad abbandonare Firenze e andarne con tutta la parte ghibellina a Siena. Di quivi domandorono aiuto a Manfredi re di Napoli, e per industria di messer Farinata degli Uberti furono i Guelfi dalle genti di quel re, sopra il fiume della Arbia, con tanta strage rotti, che quegli i quali di quella rotta camparono, non a Firenze, giudicando la loro città perduta, ma a Lucca si rifuggirono.