Istorie fiorentine/Libro sesto/Capitolo 10

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Libro sesto

Capitolo 10

../Capitolo 9 ../Capitolo 11 IncludiIntestazione 31 agosto 2009 75% Storia

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Posati adunque, per la morte di Batista e fuga de’ Canneschi, questi tumulti, restorono i Bolognesi in grandissima confusione, non vi sendo alcuno della casa de’ Bentivogli atto al governo, ed essendo rimaso di Annibale un solo figliuolo, chiamato Giovanni, di età di sei anni, in modo che si dubitava che intra gli amici de’ Bentivogli non nascesse divisione, la quale facessi ritornare i Canneschi, con la rovina della patria e della parte loro. E mentre stavano in questa suspensione di animo, Francesco che era stato conte di Poppi, trovandosi in Bologna, fece intendere a quelli primi della città che, se volevono essere governati da uno disceso del sangue di Annibale, lo sapeva loro insegnare. E narrò come, sendo, circa venti anni passati, Ercule cugino di Annibale a Poppi, sapeva come egli ebbe cognoscenza con una giovane di quello castello, della quale ne nacque uno figliuolo chiamato Santi, il quale Ercule gli affermò più volte essere suo; né pareva che potesse negarlo, perché chi cognobbe Ercule e cognosce il giovane vede infra loro una somiglianza grandissima. Fu da quelli cittadini prestato fede alle parole di costui, né differirono punto a mandare a Firenze loro cittadini a ricognoscere il giovane e operare con Cosimo e con Neri che fusse loro concesso. Era quello che si reputava padre di Santi morto, tanto che quel giovane sotto la custodia d’uno suo zio, chiamato Antonio da Cascese, viveva. Era Antonio ricco, e sanza figliuoli, e amico a Neri: per ciò intesa che fu questa cosa, Neri giudicò che fussi né da sprezzarla né temerariamente da accettarla, e volle che Santi, alla presenzia di Cosimo, con quelli che da Bologna erano mandati parlasse. Convennono costoro insieme; e Santi fu dai Bolognesi, non solamente onorato, ma quasi adorato: tanto poteva nelli animi di quelli lo amore delle parti. Né per allora si concluse alcuna cosa, se non che Cosimo chiamò Santi in disparte, e sì gli disse: - Niuno, in questo caso, ti può meglio consigliare che tu medesimo; perché tu hai a pigliare quel partito a che l’animo ti inclina: perché, se tu sarai figliuolo di Ercole Bentivogli, tu ti volgerai a quelle imprese che di quella casa e di tuo padre fieno degne; ma se tu sarai figliuolo di Agnolo da Cascese, ti resterai in Firenze a consumare in una arte di lana vilmente la vita tua. - Queste parole commossono il giovane; e dove prima egli aveva quasi che negato di pigliare simile partito, disse che si rimetteva in tutto a quello che Cosimo e Neri ne deliberassi; tanto che, rimasi d’accordo con i mandati bolognesi, fu di veste, cavagli e servitori onorato; e poco di poi, accompagnato da molti, a Bologna condotto e al governo del figliuolo di Annibale e della città posto. Dove con tanta prudenzia si governò, che, dove i suoi maggiori erano stati tutti dai loro nimici morti, egli e pacificamente visse e onoratissimamente morì.