Istorie fiorentine/Libro sesto/Capitolo 23

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Libro sesto

Capitolo 23

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Non si erano in questa guerra di Lombardia, i Fiorentini declarati per alcuna delle parti, né avieno dato alcuno favore al Conte, né quando egli difendeva i Milanesi né poi; perché il Conte non ne avendo avuto di bisogno non ne gli aveva con instanzia ricerchi, solamente avieno, dopo la rotta di Carafaggio, per virtù delli obblighi della lega, mandato aiuti a’ Viniziani. Ma sendo rimaso il conte Francesco solo, non avendo dove ricorrere, fu necessitato chiedere instantemente aiuto a’ Fiorentini, e publicamente allo stato, e privatamente agli amici, e massimamente a Cosimo de’ Medici, con il quale aveva sempre tenuta una continua amicizia, ed era sempre stato da quello in ogni sua impresa fedelmente consigliato e largamente suvvenuto. Né in questa tanta necessità Cosimo lo abbandonò, ma come privato copiosamente lo suvvenne, e gli dette animo a seguire la impresa: desiderava ancora che la città publicamente lo aiutasse, dove si trovava difficultà. Era in Firenze Neri di Gino Capponi potentissimo. A costui non pareva che fusse a benefizio della città che il Conte occupasse Milano, e credeva che fusse più a salute della Italia che il Conte ratificasse la pace, che egli seguisse la guerra. In prima egli dubitava che i Milanesi, per lo sdegno avieno contro al Conte, non si dessino al tutto a’ Viniziani; il che era la rovina di ciascuno di poi, quando pure gli riuscisse di occupare Milano, gli pareva che tante armi e tanto stato congiunte insieme fussero formidabili; e s’egli era insopportabile conte, giudicava che fussi per essere uno duca insopportabilissimo. Per tanto affermava che fusse meglio, e per la republica di Firenze e per la Italia, che il Conte restasse con la sua reputazione delle armi, e la Lombardia in due republiche si dividessi, le quali mai si unirebbono alla offesa degli altri, e ciascheduna per sé offendere non potrebbe. E a fare questo non ci vedeva altro migliore rimedio che non suvvenire il Conte e mantenere la lega vecchia con i Viniziani. Non erano queste ragioni dagli amici di Cosimo accettate, perché credevano Neri muoversi a questo, non perché così credessi essere il bene della Republica, ma per non volere che il Conte, amico di Cosimo, diventassi duca, parendogli che per questo Cosimo ne diventassi troppo potente. E Cosimo ancora con ragioni mostrava lo aiutare il Conte essere alla Republica e alla Italia utilissimo; perché gli era opinione poco savia credere che i Milanesi si potessero conservare liberi; perché le qualità della cittadinanza, il modo del vivere loro, le sette antiquate in quella città, erano ad ogni forma di civile governo contrarie; talmente che gli era necessario o che il Conte ne diventasse duca, o e Viniziani signori; e in tale partito niuno era sì sciocco che dubitassi qual fussi meglio, o avere uno amico potente vicino, o avervi uno nimico potentissimo. Né credeva che fusse da dubitare che i Milanesi, per avere guerra con il Conte, si sottomettersi a’ Viniziani; perché il Conte aveva la parte in Milano, e non quelli; talché qualunque volta e’ non potranno difendersi come liberi, sempre più tosto al Conte che a’ Viniziani si sottometteranno. Queste diversità di opinioni tennono assai sospesa la città, e alla fine deliberorono che si mandasse imbasciadori al Conte per trattare il modo dello accordo; e se trovassino il Conte gagliardo da potere sperare che e’ vincesse, concluderlo, quanto che no, gavillarlo e differirlo.