Istorie fiorentine/Libro settimo/Capitolo 10

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Libro settimo

Capitolo 10

../Capitolo 9 ../Capitolo 11 IncludiIntestazione 31 agosto 2009 75% Storia

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La morte di questo principe fu cagione che le divisioni di Firenze diventassero più gagliarde e facessero i suoi effetti più presto. Poi che Cosimo morì, Piero suo figliuolo, rimaso erede delle sustanze e dello stato del padre, chiamò a sé messer Dietisalvi Neroni, uomo di grande autorità e secondo gli altri cittadini reputatissimo, nel quale Cosimo confidava tanto che commisse, morendo, a Piero che delle sustanze e dello stato al tutto secondo il consiglio di quello si governasse. Dimostrò per tanto Piero a messer Dietisalvi la fede che Cosimo aveva avuta in lui; e perché voleva ubbidire a suo padre dopo morte come aveva ubbidito in vita, desiderava con quello del patrimonio e del governo della città consigliarsi. E per cominciare dalle sustanze proprie, farebbe venire tutti i calculi delle sue ragioni e gliene porrebbe in mano, acciò che potesse l’ordine e disordine di quelle cognoscere, e cognosciuto, secondo la sua prudenza consigliarlo. Promisse messer Dietisalvi in ogni cosa usare diligenzia e fede; ma venuti i calculi, e quelli bene esaminati, cognobbe in ogni parte essere assai disordini. E come quello che più lo strigneva la propria ambizione che lo amore di Piero o gli antichi benifizi da Cosimo ricevuti, pensò che fusse facile torgli la reputazione e privarlo di quello stato che il padre come ereditario gli aveva lasciato. Venne per tanto messer Dietisalvi a Piero con uno consiglio che pareva tutto onesto e ragionevole; ma sotto a quello era la sua rovina nascosa. Dimostrogli il disordine delle sue cose, e a quanti danari gli era necessario provedere non volendo perdere, con il credito, la reputazione delle sustanze e dello stato suo. E perciò gli disse che e’ non poteva con maggiore onestà rimediare a’ disordini suoi, che cercare di fare vivi quelli danari che suo padre doveva avere da molti, così forestieri come cittadini: perché Cosimo, per acquistarsi partigiani in Firenze e amici di fuora, nel fare parte a ciascuno delle sue sustanze fu liberalissimo, in modo che quello di che per queste cagioni era creditore ad una somma di danari non piccola né di poca importanza ascendeva. Parve a Piero il consiglio buono e onesto, volendo a’ disordini suoi rimediare con il suo; ma subito che gli ordinò che questi danari si domandassero, i cittadini, come se quello volesse torre il loro, non domandare il suo, si risentirono; e sanza rispetto dicevano male di lui, e come ingrato e avaro lo calunniavano.