Istorie fiorentine/Libro settimo/Capitolo 27

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Libro settimo

Capitolo 27

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Era già la debolezza de’ congiurati scoperta; e molti Fiorentini che abitavano la terra erano convenuti insieme, intra i quali era messer Giorgio Ginori, cavaliere di Rodi. Costui fu il primo che mosse le armi contro di loro; e assalì Bernardo, il quale andava discorrendo per la Piazza, ora pregando, ora minacciando se non era seguitato e ubbidito; e fatto impeto contra di lui con molti che messer Giorgio seguirono, fu ferito e preso. Fatto questo, fu facil cosa liberare il Podestà e superare gli altri, perché, sendo pochi e in più parti divisi, furono quasi che tutti presi o morti. A Firenze era venuto, in quel mezzo, la fama di questo accidente, e di molto maggiore che non era seguito, intendendosi essere preso Prato, il Podestà con la famiglia morto, piena di nimici la terra; Pistoia essere in arme, e molti di quelli cittadini essere in questa congiura: tanto che subito fu pieno il Palagio di cittadini, e con la Signoria a consigliarsi convennono. Era allora in Firenze Ruberto da San Severino, capitano nella guerra reputatissimo: per tanto si deliberò di mandarlo, con quelle genti che potette più adunare insieme, a Prato; e gli commissono si appropinquasse alla terra, e dessi particulare notizia della cosa, faccendovi quelli rimedi che alla prudenza sua occorressero. Era passato Ruberto di poco il castello di Campi quando fu da uno mandato di Cesare incontrato, che significava Bernardo essere preso, e i suoi compagni fugati e morti, e ogni tumulto posato. Onde che si ritornò a Firenze: e poco di poi vi fu condotto Bernardo, e ricerco dal magistrato del vero della impresa, e trovatala debile, disse averla fatta perché, avendo deliberato più tosto di morire in Firenze che vivere in esilio, volle che la sua morte almeno fusse da qualche ricordevole fatto accompagnata.