L'amor coniugale e le poesie d'argomento affine/De amore coniugali/Libro III/IV

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IV. Epitalamio per le nozze della figlia Eugenia

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IV. Epitalamio per le nozze della figlia Eugenia
Libro III - III Poesie d'argomento affine
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IV

EPITALAMIO PER LE NOZZE DELLA FIGLIA EUGENIA1

(Dopo il 1483)


Chiamano te le ville ai canti, ai tìasi, alle nozze,
oggi di nuovo, o Imene: lascia la tua città!

Lieta ai piaceri ancora ti chiama e alle gioie a te note,
Antinïana arguta di fescennini sali;4

serti novelli a te preparan le belle fanciulle
con insolita voce cantano carmi nuovi.

fanciulle


“Te la vïola molle, te invita il purpureo giacinto,
te la rosa e la villa sparsa d’aromi assiri.8

Noi t’invitiamo, o Imene: a care delizie t’invita
del talamo nuziale il ben adorno letto.

Perché indugi, Imeneo? Già t’offre i suoi teneri baci
ogni fanciulla e amplessi dolci promette ancora.212

.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .

Qui tu vedrai la sposa di porpora effusa le gote,
bianca le membra eburne, candida come neve,16

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quali mirâr le ancelle le membra d’Elena ignude
nei lavacri bagnarsi, blanda Teramna,3 tuoi,

o qual Laodamia fu vista posare sull’erba
dei verdeggianti prati, vergin fanciulla ancora.20

Dormiva essa ed il sonno con molle alïare di vento
molcevanle sul viso le soavi Napee:

l’una le dita ammirando e l’altra le tenere labbra,
ed il candor dal niveo petto scendente effuso;24

e sollevando il manto che l’altre sue membra copriva
di sua bellezza grande s’ebber le dèe stupore.

E non t’affretti Imene? un premio non vedi al tuo viaggio?
non t’apre Antinïana con sacre faci il passo?28

I soavi non odi accenti, non odi il sussurro
di lievi canti, o Imene, delle parole sue?

Dolce Imeneo, deh vieni, affréttati, o Imene, Imeneo,
corri alla villa, o Imene, vieni ai piaceri tuoi.32

L’ape la rorida stilla deliba, o ne forma il liquore
attico4 in cerei favi dolce ponendo il miele;

fiore pur tenero Imene deliba, e ne trae l’acidalio5
liquor, cara d’amanti, languida delizia.36

.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .6

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Vieni con fausto augurio, o Imene: già pronta è la sposa
che grazie dal suo seno, grazie dal viso effonde.

Il seno ora ed il volto di grazia risplendon, ma quando
candida il letto molle salga, di primavera56

tutta sarà la gloria, stillando l’ambrosia divina
di Citerea, le Grazie miste coi doni tuoi.

Vieni, buon Dio, t’appressa, o Imene, o nume a noi sacro!
“Ecco, già viene il Nume sacro agli sposi, Imene.”60

Movigli, o madre, incontro, abbraccia gentile quel Nume:
mostrati adorna e digli care al suo cuor parole:

spargi la casa di rose, e offrendogli i serti di fiori
canta con fausta voce, fausta i suoi versi canta.64

Anche tu, Aurelia, che già le tede felici ài raggiunto,
bella sul limitare della sorella attendi:

riceverai qui il Genio, e dandogli i doni dovuti
arabiche fragranze spargi e di Cipro aromi.68

Casta conduci alle stanze nuziali tu stessa Imeneo
casto, dove riposa puro d’Eugenia il volto.

Come risplende il Genio col velo e la veste scarlatta,
come il calzar piccino al molle piè conviene,72

come la gemma in dito riluce e sul capo il suo serto:
come la casa ride al giungervi del Dio!

Plaudiamo al Genio, o amiche, il Genio saluti la casa
tutta e di verde lieti plaudano al Genio i campi;76

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dicano evviva tutte le case, e ogni campo ed i vènti:
“Evviva Imen” risuoni da lungi: “Imene evviva!”

O fausto Imene, o bello Imene, o felice Imeneo,
cantino i campi, o caro dolce concorde letto.80

Renda al felice nonno un caro nipote, sua stirpe,
renda al marito Eugenia pegni d’amore cari:

viva col caro marito i giorni tranquilli e felici,
l’amor degli anni giovani sia di lor vecchi ancora.84

Suvvia, cultore esperto del fertile campo, che sai
dalla dolce zampogna trarre il dovuto canto,

dinne geniali versi al dio, fa’ gli auguri alla sposa,
gode dei suon la sposa, gode dei carmi Imene.”88

il contadino


“Quando del giorno estivo il rapido sole mi brucia,
viene mia moglie e porta l’acqua che mi ristora;

tosto dei folti salci corriamo a posarci nell’ombra,
meco è l’Amore, al fianco della mia cara è Imene.92

Qui ci congiunge Amore, ma Imene è ad amore compagno,
l’uno con l’altro dio tempera l’opra sua.

La notte al tenue lume d’inverno cardando le lane,
quando al freddo la mano s’intorpidisce stanca,96

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questa la moglie mi prende e scalda nel fervido seno;
e viene il sonno, al fianco della mia cara è Imene;

qui ci congiunge il dio e stanche le membra nel sonno
posano, va il sopore placido al petto anelo.100

Opra è di te, Imeneo. O dimmi, zampogna, le cose
placide che Imeneo suole tra i campi amare.

Teneri piccoli alleva, li scalda nel nido l’augello
trepidamente e il cibo con il suo becco porta;104

ma quelli ormai cresciuti, vestiti di piume leggere
lasciano il nido ed il dolce becco della mammina:

scalda la trepida madre nel grembo la tenera figlia,
la nutre col suo seno, con ogni amor l’alleva;108

ma quella poi che vide il caro marito e le nozze
lieta la casa e lieta lascia la dolce madre.

Opra è pur questa d’Imene: per lui la fanciulla il suo crine
pettina il giorno e cerca farsi piú bella ognora;112

prepara a notte i baci, prepara gli amplessi e i piaceri,
pensa al diletto amore, pensa alle sue delizie.

Come in giardino aprico germoglia il soave giacinto,
che attenta mano educa, acqua felice irriga,116

quello accarezzan l’aure e il tepido sole riscalda
e rorida ristora vaga notturna stilla;

ma poi che tra le aiole i fulgidi petali apriva,
del suo signor la mano tenero ancor lo coglie:120

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figlia cosí cresciuta gentile sul molle suo letto
lei della madre il seno teneramente scalda,

a lei piacciono adorne le stanze e ben messe le chiome,
godesi dei ricami, godesi della porpora;124

ma poi che già del letto i dolci piaceri desia,
il giovane, la mano portale, a sé la vuole,

sua la proclama e invita al sacro suo altare Imeneo:
opera è questa, o Imene, opra ed ufficio tuo.128

Via, per il caro Nume, o candida Antinïana,
carmi ripeti e i sali, tenera ninfa, tuoi.

Cura è di te la casa, il campo, il padron, le fanciulle,
muovano te le norme sante e l’amico Imene.”132

antiniana


“Nobile sposo, buono tu sia: è tua la fanciulla
senza contesa, al seno tutta la stringerai:

e tu, bella, concedi le dolci carezze allo sposo:
ciò ch’egli chiede è dolce, dolce è la voce sua.136

Pace con voi: sussurro di pace concorde risuoni:
e l’uno l’altro sposo abbia di pace amore.

Non contraddirle, o caro, non v’è di contesa bisogno,
vinta la dolce figlia al tuo piacer si dà.140

E tu, cara, allo sposo, non esser nemica e lo scherzo
dolce, lo scherzo adopra a discacciar le nubi.

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Godete, ma tra i gaudii la pace trionfi, la pace
d’ogni contesa a lato dolce compagna sia.144

S’odono già i bisbigli di due care voci: chiudete
le porte: ai fuochi tuoi sia, o Imeneo, presente.

Spose, di cuore attese dal caro marito, ritorno
fate alla casa amata, al desïato letto.148

E voi, virgineo coro, fanciulle non anche sposate,
fausti ed eterni auguri dite al felice giorno,

già con fervente cuore le tede nuziali pensando,
e i gaudi che soavi anche a voi serba Imene.”152


Note

  1. Eugenia, la secondogenita del Pontano, sposò, non molto dopo il 1483, Don Marco Bartolomeo de Constabulis di Benevento (Tallarigo, op. cit. I, p. 94).
  2. Si tralasciano due versi.
  3. Luogo di Sparta, patria d’Elena.
  4. Dal monte Imetto, nell’Attica, ricco d’api.
  5. Di Venere, cosí detta dalla tonte Acidalia in Beozia.
  6. Nei sedici versi qui tralasciati le fanciulle del coro offrono ad Imene le loro grazie senza veli.