La Gemma del Fiume Rosso/13. Sulla scogliera

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13. Sulla scogliera

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12. Il tha-ybu della caverna 14. L’interrogatorio del tha-ybu

Sulla scogliera


Sun-Pao, uscito dalla caverna del tha-ybu, era stato ripreso da un tale accesso di furore, che per poco non era tornato indietro per spaccare il cranio all’indovino che aveva osato dirgli che la stella della Gemma tendeva a declinare verso le isole del rivale.

Solo il timore di doversi forse incontrare collo spirito di Lin-Kai aveva potuto frenarlo, perché, come abbiamo detto, quel terribile bandito non era meno superstizioso di tutti gli altri tonchinesi, i quali credono alle apparizioni dei trapassati ed ai fantasmi.

Si sentiva però in cuore una voglia furiosa di dare una tremenda lezione al cieco, che egli supponeva favorevole a Kin-Lung e che credeva capace di poter influenzare anche gli astri. L’idea di sopprimerlo, per impedirgli di pronunciare la predizione, gli turbava ostinatamente il cervello.

– Morto che fosse – mormorava, continuando a seguire lo stretto sentiero fiancheggiante l’enorme scogliera – dovrebbe ben egualmente decidere la sua scelta, la Gemma del Fiume Rosso. In caso che si rifiutasse, saprei io deciderla, dovessi ricorrere alla violenza.
Meglio morta, che sposa di quel brutto cane di Kin-Lung.

Ciò mormorando era giunto circa a metà del sentiero, quando la sua attenzione fu improvvisamente attirata da un leggero sbattere di remi.

Si volse verso i suoi uomini, che si erano pure fermati, curvandosi sulla scogliera per meglio ascoltare.

– Lami, – chiese al più vecchio dei quattro guerrieri, il quale aveva preso il posto del defunto Laos, – non odi un batter di remi sull’acqua?

– Sì, capo – rispose il nuovo luogotenente delle Bandiere Gialle.

– Chi può a quest’ora essersi allontanato dal villaggio?... Hai dato ordine che nessuno lasciasse la rada?

– Sì, prima della nostra partenza.

– Che sia Kin-Lung che si reca dal tha-ybu per interrogarlo? Sarebbe una bella occasione per rovesciargli sul cranio uno di questi macigni – mormorò il bandito. – Morto lui, mi riderei delle predizioni del tha-ybu.

Si curvò sulla scogliera, che in quel luogo era alta più d’una quindicina di metri, e guardò attentamente.

L’oscurità era così fitta da non poter scorgere nulla. Però si vedeva una leggera striscia argentea, che poteva essere anche la scia di qualche pescecane nuotante in una zona d’acqua satura di quei molluschi microscopici chiamati nottilughe, che producono la fosforescenza marina.

– Cosa credi che sia, Lami? – chiese Sun-Pao.

– Deve essere una barca – rispose il luogotenente.

– E montata da chi?

– Non si distingue nulla, capo.

– Si avanza verso di noi – mormorò Sun-Pao. – Non può essere che Kin-Lung.

Stette un momento perplesso, poi prese rapidamente il suo partito.

– Se non è lui, tanto peggio a chi toccherà – mormorò.

A pochi passi v’era un cumulo di macigni malfermi, caduti forse dall’alto della scogliera durante una delle tremende bufere così comuni in quelle regioni.

– Aiutatemi – disse ai suoi uomini.

– Che vuoi fare, capo? – chiese Lami.

– Affondare quella scialuppa e coloro che la montano – rispose Sun-Pao. – Sei certo che nessuno dei nostri abbia lasciato la rada?

– Tu sai che nessuno oserebbe disobbedirti.

– Ecco la striscia argentea che si delinea sotto di noi. Spingete questi massi.

Tutti e cinque si appoggiarono contro il cumulo e con una scossa irresistibile lo rovesciarono giù dalla scogliera.

I macigni rotolarono con fracasso enorme lungo la parete e piombarono in mare, sollevando immensi sprazzi d’acqua fosforescente.

Nell’istesso momento un urlo echeggiò alla base della scogliera, seguìto da una voce di donna che gridava a squarciagola:

– Hanno ucciso mio figlio!... Assassini!... Maledetti!...

Sun-Pao aveva fatto un salto indietro, mandando una esclamazione di stupore. Aveva riconosciuto quella voce che gridava: «Hanno ucciso mio figlio».

– Man-Sciù! – esclamò. – Che io l’abbia uccisa? Dove andava l’indovina a quest’ora inoltrata? Lami, scendiamo!

– È impossibile da questa parte – disse il luogotenente. – La scogliera è tagliata a picco.

– Cerchiamo un altro luogo.

– Conosco un sentieruzzo. Vieni, capo.

Si erano messi a correre, tutti ansiosi di sapere se la vecchia era stata uccisa da qualche masso.

Dopo quel grido nessun rumore era salito dal mare: si poteva quindi ammettere che la vecchia fosse calata a picco assieme alla scialuppa che montava.

Pur continuando a correre dietro il luogotenente, Sun-Pao si chiedeva ansiosamente per quale motivo l’indovina, invece di trovarsi presso Sai-Sing, stava radendo la scogliera, e chi poteva essere quel suo figlio che egli non aveva mai veduto.

– Vi è qui sotto un mistero che bisogna scoprire – mormorava. – Che la vecchia sia al pari del tha-ybu favorevole a Kin-Lung, che eseguisse qualche misteriosa missione per conto di lui?

– Ci siamo, capo – disse ad un tratto il suo luogotenente, fermandosi davanti ad una spaccatura profonda. – Da questa parte possiamo scendere.

Si fermarono un istante per ascoltare, poi, non udendo più nulla, si calarono in quella spaccatura, aggrappandosi agli angoli delle rocce per non rotolare in mare.

Quella pericolosa discesa fu compiuta senza incidenti, più rapidamente di quello che sarebbe necessario a descriverla, tanto erano agili quegli uomini.

Giunti in basso, si trovarono su una specie di cornicione che si prolungava lungo la scogliera, ora allargandosi ed ora restringendosi tanto da non poter quasi trovar posto sufficiente per posarvi i piedi.

S’avanzarono cautamente su quel passaggio, tenendosi a ridosso della scogliera, per non venire portati via dalle onde che si rompevano con lunghi muggiti contro la spiaggia, balzando e rimbalzando senza posa, e giunsero su una minuscola penisola, la quale si protendeva sul mare per qualche centinaio di metri.

Al di là la spiaggia si allargava e si scorgeva una larga spaccatura che pareva mettesse in qualche caverna sottomarina.

Avevano appena notato quello squarcio che s’apriva nella scogliera, quando verso l’estremità della penisoletta udirono dei gemiti.

– Vi è qualcuno che si lamenta – disse il luogotenente.

– Che sia Man-Sciù? – chiese Sun-Pao. – Andiamo a vedere.

S’avanzarono reggendosi l’un l’altro, essendo la penisoletta assai stretta e spazzata incessantemente dalle onde. Giunti all’estremità, scorsero una forma umana coricata fra un ammasso di alghe, che volta a volta veniva coperta dalla spuma.

Sun-Pao, che precedeva i compagni, si curvò e la prese fra le braccia.

– La vecchia Man! – esclamò. – Non mi ero ingannato. Che cosa è venuta a fare qui questa donna? Sono curioso di saperlo.

L’indovina era svenuta e dalla testa le colava un rivoletto di sangue.

Doveva aver ricevuto qualche frammento di roccia sul cranio.

– Avremo fracassato la sua barca? – chiese Lami.

– Certo – rispose Sun-Pao. – Vedo delle tavole danzare sulla cresta delle onde.

– Che cosa veniva a cercare qui l’indovina?

– È quello che vorrei sapere.

– Facciamola rinvenire, capo.

– Fasciatele dapprima la testa.

Uno dei pirati si tolse la fascia di seta gialla che gli cingeva i fianchi e la strinse più volte attorno al capo della povera donna, arrestandole il sangue.

– Ora portiamola al villaggio – disse Sun-Pao.

La prese fra le robuste braccia e risalì la scogliera, raggiungendo felicemente il sentiero.

– Non la interrogherai? – chiese Lami quando si trovarono lassù.

– E credi tu che ci racconterebbe la verità? – rispose Sun-Pao, che da qualche minuto era diventato pensieroso.

– La ricondurrai dalla Gemma del Fiume Rosso senza sapere per quale motivo ha lasciato il villaggio di notte? Qui vi è sotto qualche cosa che può riguardarti, capo.

– Così la penso anch’io – disse Sun-Pao.

– A meno che non si recasse dal tha-ybu...

– Avrebbe preso per il sentiero. Tu sai che la scogliera, su cui s’apre la caverna del tha-ybu, è quasi inaccessibile.

– È vero, ma questa vecchia non ti dirà mai la verità!...

– Ah... La saprò egualmente.

– In qual modo?

– Lo vedrai fra poco.

Man-Sciù era sempre svenuta, però, da certi fremiti che scuotevano il suo magro corpo, si poteva dedurre che quello svenimento non dovesse durare molto.

Sun-Pao, accortosene, la mise fra le braccia d’uno dei suoi uomini, dicendogli:

– Portala nella casa di Sai-Sing e non dire a questa vecchia che sono stato io che l’ho raccolta. Se ti interroga le racconterai che tu l’hai trovata svenuta su uno scoglio, mentre stavi cercando i gamberi di mare.

– Devo chiederle che cosa facesse su quella scogliera? – chiese il pirata.

– È inutile, io lo saprò egualmente. Vieni, Lami.

Erano allora giunti al villaggio.

Attorno alla graziosa casetta messa a disposizione della Gemma del Fiume Rosso ardevano ancora numerosi fuochi, ma le Bandiere Nere e Gialle dormivano della grossa, coricate tutte all’intorno.

Sun-Pao e Lami passarono silenziosamente fra le sentinelle e si accostarono alla casa, nascondendosi sotto un pergolato di piante rampicanti.

Una finestra del pianterreno era illuminata e la luce trapelava attraverso i fori della stuoia colorata che serviva da persiana.

– È la stanza di Sai-Sing – disse Sun-Pao al luogotenente. – Udremo tutto.

Alzò un momento la stuoia e fece un gesto di sorpresa.

La Gemma del Fiume Rosso non si era ancora coricata e passeggiava per la stanza con una certa agitazione.

– Ah! – mormorò il bandito. – Lo sospettava.

La Gemma del Fiume Rosso, infatti, non si era ancora coricata.

Essa attendeva in preda a mortali angosce il ritorno di Man-Sciù, passeggiando nervosamente nella sua splendida stanza illuminata da una enorme lanterna di talco, che faceva scintillare i ricami d’oro dei tappeti.

Da quando la vecchia, approfittando del sonno delle Bandiere Nere e Gialle, era partita, la fanciulla non aveva preso un momento di riposo.

Sapeva che era andata dal tha-ybu a combinare la vendetta lungamente preparata e la liberazione di Lin-Kai, e quei pensieri le avevano impedito di chiudere gli occhi un solo istante.

Anche senza la vendetta, l’idea che il fidanzato a lei immensamente caro, pianto per morto, stava per venire strappato ai due capi delle Bandiere, sarebbe stata più che sufficiente per tenerla sveglia, non ostante le fatiche del viaggio.

Già mezzanotte era passata, e le angosce della Gemma del Fiume Rosso avevano raggiunto l’ultimo grado, quando vide improvvisamente comparirsi dinanzi agli occhi la vecchia Man-Sciù.

In quale stato però era tornata quella povera creatura!... Aveva gli occhi smarriti come se una improvvisa pazzia l’avesse colta, il volto terreo anziché giallo, macchiato di sangue, e le vesti zampillanti d’acqua.

Appena entrata nella stanza, la disgraziata, che respirava affannosamente come se avesse fatto una lunga corsa, si era abbandonata su di un tappeto, mandando un sordo gemito.

La Gemma del Fiume Rosso si era precipitata verso la vecchia con un grido di terrore.

– Man-Sciù!... – esclamò. – Chi ti ha ridotta in tale stato? Cosa ti è accaduto?

– Miserabile!... Miserabile!... – gemette la vecchia. – Ci aspettava!... Là!... Sul sentiero dell’abisso. Ong!... Mio povero figlio!... La maledizione pesa su di me!...

– Narra... dimmi tutto... Lin-Kai?... – gridò la giovane. – Me l’hanno ucciso?

La vecchia, che pareva impazzita da un dolore improvviso, era rimasta muta, guardandola cogli occhi pieni di lagrime.

– Hanno ucciso Ong!... – gridò finalmente, con un rantolo spaventoso. – Eravamo presso la caverna marina... ancora pochi colpi di remo e Lin-Kai sarebbe stato al sicuro... quando ci rovesciarono sulla scialuppa dei massi... I miserabili, sospettando di noi, o per spirito di malvagità, o credendo che ci recassimo dal tha-ybu, vollero offenderci... Ong!... Mio povero Ong!... Me l’hanno ucciso sotto gli occhi... È caduto ai miei piedi col cranio fracassato... Gemma del Fiume Rosso! Vendicami!...

– Spiegati, Man-Sciù – disse la fanciulla che non riusciva a comprendere quelle frasi sconnesse.

Versò in una coppa d’argento dell’arak e costrinse la povera vecchia a vuotarla.

Calmatasi un po’, Man-Sciù, fra un singhiozzo e uno scroscio di pianto, le narrò della visita fatta al tha-ybu, dell’arrivo improvviso di Sun-Pao e della fuga attraverso la galleria per condurre in un luogo sicuro Lin-Kai .

– Tu dunque l’hai veduto il mio fidanzato! – esclamò Sai-Sing, cogli occhi scintillanti di gioia infinita.

– Sì, l’ho veduto e l’ho condotto io nella scialuppa. Il tha-ybu lo aveva rapito ai suoi guardiani.

– E poi, Man-Sciù? Narra... narra...

– Ci eravamo imbarcati – riprese la povera vecchia, dopo una lunga pausa. – Procedevamo silenziosamente, tenendoci presso la parte basaltica per non farci scoprire dal maledetto Sun-Pao, che vegliava sul sentiero per spiare il tha-ybu. Io credo che egli avesse già il sospetto che Lin-Kai, invece di essersi ucciso, si fosse nascosto nella caverna delle rondini salangane. Eravamo già giunti a pochi passi dalla sesta scogliera, sopra la quale s’apriva il nascondiglio indicatoci dal tha-ybu, quando ci cadde addosso una tempesta di massi. Sun-Pao ed i suoi uomini dovevano aver udito il rumore dei nostri remi e, sospettando qualche cosa, cercarono di affondarci.
Un masso cadde e mi ferì di rimbalzo, poi un secondo precipitò sul cranio di Ong. Egli stramazzò spruzzandomi del suo sangue, senza mandare un grido... poi non ricordo più che cosa sia accaduto.
Mi sono trovata in acqua, perché la scialuppa si era rovesciata e si era spaccata, poi nella caverna marina insieme a Lin-Kai. Come noi avevamo potuto giungere là? Io non te lo saprei dire, Gemma del Fiume Rosso. Mi aveva aiutato Lin-Kai? Forse non riuscirò a saperlo mai.

– Era rimasto ferito il mio fidanzato? – chiese Sai-Sing, con angoscia.

– No, era sfuggito a quella grandine di massi, rimanendo perfettamente incolume.

– Me lo giuri?

– Su Gautama.

– E Ong?

– È stato divorato dai pescicani, ma era già morto – singhiozzò la vecchia.

– Sun-Pao conosce quella caverna?

– No, e poi è così bene nascosta da piante rampicanti e da ammassi di fuchi, che nessuno riuscirebbe a trovarla.

– Sei certa che Sun-Pao non vi abbia riconosciuti?

– La notte era oscura essendo la luna tramontata da qualche tempo – rispose Man-Sciù. – Non deve aver veduto nemmeno la scialuppa.

– E hai lasciato Lin-Kai solo?

– L’ho legato per impedirgli di abbandonare quel nascondiglio.

Egli mi ha lasciato fare senza opporre la minima resistenza, poi gli ho versato in bocca un narcotico e l’ho addormentato. Tu sai che nella mia cintura ho sempre delle fiale di veleno e di filtro.

– Non correrà il pericolo di venire scoperto?

– No, te lo ripeto, Gemma del Fiume Rosso. Egli è più al sicuro colà che nella caverna del tha-ybu. Ah!... Mio povero Ong!... Siano maledetti tutti questi banditi!...

– E tu come sei giunta qui?

– Sono stata portata da un pescatore di granchi di mare, il quale mi aveva raccolta sulla scogliera, a breve distanza dalla caverna.

– È necessario avvertire il tha-ybu – disse Sai-Sing dopo un breve silenzio. – Io tremo per Lin-Kai. Se quel pescatore, messo in sospetto, scoprisse la caverna?

– E chi mandare dal tha-ybu, ora che Ong è morto? – gemette la vecchia.

– Tu, Man-Sciù.

– Quando?

– Domani sera.

– Potrai tu prolungare la decisione del tha-ybu? Sun-Pao e Kin-Lung sono impazienti di conoscere la tua sorte.

– Essi cederanno ai miei desideri – rispose la fanciulla con suprema energia. – Va’ a coricarti, Man-Sciù, ne hai bisogno.

La vecchia che pareva si reggesse in piedi per un puro miracolo di equilibrio, si era lasciata cadere di peso sul pavimento.

Sai-Sing la sollevò e la mise nel proprio letto, mormorando con voce commossa:

– Povera donna!... Ma la Gemma del Fiume Rosso ti vendicherà.