La Perla Sanguinosa/Parte seconda/7 - Il quarto di guardia di Jody

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Parte seconda - 6 - La perla sanguinosa Parte seconda - 8 - Una lotta spaventosa

7 — Il quarto di guardia di Jody


«Vedi nulla, Jody?»

«Sì, un punto nero.»

«Un veliero?»

«Non ve lo posso ancora dire.»

«Non hai gli occhi d'un marinaio.»

«È lontano, signor Will, e poi la notte comincia a calare.»

«C'è ancora un raggio di sole. Bisogna che veda anch'io.»

Il quartiermastro, che stava comodamente sdraiato sotto un superbo sagoio, gettò da un lato il suo ventaglio di foglie di talipot con cui fino allora si era un po' rinfrescato essendo il caldo eccessivo, aspirò una lunga boccata di fumo dalla sua corta pipa di vera radica e s'alzò, scendendo la riva del Kalawa che era ingombra di folti cespugli e di borassi flabelliformi dal tronco altissimo ed esile.

Il fiume sboccava in quel punto in mare, rumoreggiando fra una moltitudine di banchi e di scoglietti che formavano una barra inaccessibile alle navi anche di piccolo tonnellaggio, mescolando le sue acque dolci e fresche con quelle verdi-cupe e salate.

Alcuni rollier, volatili bellissimi per le vivaci tinte delle loro penne, svolazzavano sopra una coppia di nandrie, scimmie adorne di una lunga barba bianca che va da un orecchio all'altro, le quali erano intente ad eseguire una ginnastica indiavolata fra i rami d'un enorme tamarindo.

Il quartiermastro raggiunse Jody, che si teneva aggrappato ai rami d'un piccolo cardamomo essendo la riva molto ripida, e spinse gli sguardi sul mare che scintillava vivamente sotto gli ultimi raggi del sole, ormai quasi interamente immerso.

«La si direbbe una scialuppa,» mormorò, dopo aver osservato attentamente il punto nero già scoperto dal macchinista.»

«A vela?»

«No, a vapore.»

«Allora è la nostra.»

«Non mi pare che si diriga da questa parte, almeno per ora, — rispose Will. — Va verso il settentrione, pur avvicinandosi alla costa.»

«Eppure il mandah dovrebbe essere già qui, non vi sembra? Sono già cinque giorni che aspettiamo.»

«La sua barca non ha una macchina nel ventre e può aver trovato venti contrari e calme. D'altronde qui si sta benissimo e ormai la perla è in nostra mano. Accendi il fuoco, Palicur non tarderà a portare la cena.»

«Andremo ad accamparci nel boschetto profumato, signor Will. Così avremo le spezie sottomano senza andarle a cercare.»

Essendo il sole in quel momento del tutto scomparso e non potendosi più vedere il punto nero, i due ex-forzati risalirono la riva e si diressero verso un gruppo di piante di mediocre altezza, con moltissimi rami, coperti di foglie bislungo-ovali e di frutta carnose, d'un bel colore azzurro-scuro a spruzzi bianchi, che spandevano un acuto profumo aromatico.

Era un boschetto di cinnamomi o meglio d'alberi della cannella, piante che abbondano nell'isola di Ceylon, di cui formano anzi la principale ricchezza, essendo le loro scorze esportate in quantità prodigiosa.

Infatti su quella terra la cannella riesce migliore che altrove. Si coltiva a Sumatra, a Giava, nel Malabar, perfino nel Brasile e nelle Antille, ma se ne ricava un raccolto quasi sempre scarsissimo e di qualità assolutamente inferiore che non può competere in nessun modo con quello delle piante cingalesi.

I due ex-forzati, dopo aver battuto con dei nodosi bastoni le erbe vicine per timore che nascondessero qualche cobramanilla, il più velenoso fra tutti i serpenti conosciuti, o qualcuno di quegli enormi serpenti delle rocce che raggiungono sovente una lunghezza di trenta piedi e che al pari dei boa stritolano fra le loro possenti spire animali ed uomini, rizzarono una comoda tenda, poi accesero il fuoco. Avevano appena terminato i preparativi per l'accampamento, quando si udì la voce di Palicur gridare:

«Ecco la cena: giungo a tempo.»

Il malabaro era comparso sul margine del boschetto, tenendo in mano una lunga carabina e portando sulle spalle un animale abbastanza grosso che un altro difficilmente avrebbe potuto reggere.

«Che cosa ci porti, Palicur?» chiese Will.

«Un bel porco selvatico, il quale mi ha fatto correre quattro ore prima che lo potessi raggiungere, — rispose il malabaro, gettando l'animale dinanzi a Jody, il quale si era armato d'un coltellaccio per squartarlo. — Nessuna notizia ancora del mandah

«Nulla, — rispose il quartiermastro. — Abbiamo veduto bensì una scialuppa, che ci parve a vapore, solcare il mare; non doveva essere però quella che aspettiamo, perché a me parve che andasse verso il nord. Hai troppa fretta tu, mio bravo Palicur.»

«È vero, — rispose il malabaro con un sospiro. — Ho fretta di consegnare la perla ai monaci di Annarodgburro.»

«Durerà molto il nostro viaggio?»

«Una quindicina di giorni per lo meno, se non accadono delle disgrazie.»

«Quali? Siamo in tre, tutti solidi e ben armati e con una scialuppa a vapore. Sai che ho dato ai nostri amici l'incarico di portarci anche una spingarda?»

«Avete fatto bene, signor Will. Il paese che attraverseremo è abitato dai Vadassi.»

«Chi sono?»

«Selvaggi che non somigliano affatto ai veri cingalesi, né ai candiani, avendo la pelle nera come gli andamani; si trovano lungo i fiumi e sulle montagne del settentrione, e vivono al pari delle belve feroci.»

«Sono bellicosi?»

«Assai, signor Will, e si fanno molto temere dai cingalesi, quantunque siano malamente armati, non conoscendo i fucili.»

«Ci guarderemo da loro, — disse Jody che stava arrosolando una dozzina di costolette, infilzate nella bacchetta di ferro della sua carabina. — Se vorranno importunarci, faremo fiutare a quei selvaggi la polvere da sparo. Signori, la cena è pronta!»

Levò le costolette, le depose su una foglia di banano che poteva servire benissimo da piatto e da tovaglia, levò da una cassa due manate di biscotti e si assise in mezzo a Palicur ed a Will.

Divorata la cena, i tre ex-forzati alimentarono nuovamente il fuoco, essendo le foreste di quella grande isola popolate di bufali ferocissimi, di tigri, di orsi e di leopardi, poi accesero le loro pipe.

Scambiarono quattro chiacchiere, poi, certi che la scialuppa a vapore nel caso che fosse giunta alla costa non avrebbe osato inoltrarsi in quel fiume, così sbarrato da banchi e da scoglietti, Will e Palicur si sdraiarono sotto la tenda, mentre Jody montava il primo quarto di guardia.

Quantunque gli animali non dovessero mancare nei dintorni, essendo le rive del fiume coperte da foreste foltissime, un profondo silenzio regnava, rotto solo dai muggiti delle acque sboccanti in mare fra quella moltitudine di ostacoli. Tuttavia il macchinista non chiudeva gli occhi. Si era appoggiato al tronco d'un cinnamomo, mettendosi il fucile sulle ginocchia e fumava, tendendo gli orecchi. Vegliava da un paio d'ore, quando credette di udire un fruscio verso la riva.

«Che vi sia qualche leopardo? — si chiese. — È un vicino che non mi accomoda affatto e non amo che mi si accosti a tradimento.»

Ebbe per un momento l'idea di svegliare Palicur, poi si vergognò di voler interrompere il sonno a quel bravo compagno per chiedergli aiuto.

«Quando si ha una buona carabina fra le mani e un coltellaccio, si può ben affrontare una belva, — mormorò. — Un leopardo non è già un elefante.»

S'alzò e udendo ancora il debole fruscio, si avviò lentamente verso il fiume, nascondendosi dietro ai cespugli e ai tronchi dei borassi e dei cinnamomi.

Giunto presso il ripido pendio, sostò, guardando abbasso. La luna mancava, tuttavia le stelle proiettavano quel vago chiarore che nelle regioni tropicali ed equatoriali acquista una trasparenza notevolissima.

«Devo essermi ingannato, — sussurrò. — Qualche coccodrillo avrà tentato di issarsi sulla riva.»

Stette qualche minuto in ascolto, poi non udendo né vedendo più nulla tornò verso l'accampamento, lieto di non aver avuto bisogno di impegnarsi in una lotta, che poteva diventare pericolosissima. Si era appena seduto dinanzi alla tenda, che il fuoco sempre alimentato rischiarava come se fosse pieno giorno, quando le immense foglie d'un piccolo banano si scostarono dolcemente, mostrando una testa umana. Era quella del Guercio.

«Non mi ero ingannato, — sussurrò il cingalese, con un sorriso feroce. — Miei cari, siete ancora troppo poco forti per misurarvi con me. Vedremo se vi lascerò giungere fino ad Annarodgburro. La via è lunga e c'è tempo per pensare a mille cose. Lì vedo Jody: sotto la tenda di saranno gli altri. Vi precederemo nel cammino.»

Ridiscese senza far rumore la riva, seguì il corso d'acqua per cinque o seicento passi, facendo attenzione dove posare i piedi perché poteva trovarsi davanti a qualche voracissimo coccodrillo, poi sfondò una massa di verzura che gli sbarrava, il passo, scivolandovi dentro coll'agilità d'un serpente.

«Chi vive?» chiese una voce.

«Il Guercio.»

L'irlandese, il sorvegliante del bagno, si alzò dietro ad un cespuglio, tenendo puntato un fucile.

«Dunque?» chiese.

«Sono lassù, accampati sul margine della foresta. Ve lo avevo detto io, che li avremmo ritrovati.»

«Vi sono tutti?»

«Jody, Palicur e l'inglese,» rispose il Guercio.

«Sei proprio certo?»

«Ho veduto il mulatto coi miei occhi.»

«E perché non si muovono?»

«Aspetteranno qualche scialuppa, non avendone noi veduto alcuna legata alla riva.»

«Che quel maledetto mandah li aiuti ancora?»

«Non ne dubito, — rispose il Guercio. — Ah! Se potessi riaverlo fra le mie mani, non mi scapperebbe una seconda volta. È stato lui a rovinare tutto.»

«E anche tu, — rispose l'irlandese con voce irata. — Dovevi far esplodere la cartuccia di dinamite più vicino a loro.»

«M'avrebbero scoperto.»

«Colla testiera di rame?»

«I rimproveri sono inutili. Pensiamo a ricuperare la perla e a farli tutti prigionieri. Non vi basterà?»

«Oh! Non tornerò a Port-Cornwallis senza di loro, te lo assicuro, Guercio. Voglio prendermi una bella rivincita e riavere non solo il mio grado, bensí anche un avanzamento ed una bella gratificazione.»

«Vi prometto di metterli in mano vostra.»

«Quando?»

«Appena avremo attraversato la regione abitata dai Vadassi. Più oltre troverò i miei compatrioti e quelli non esiteranno a prestarmi man forte.»

«Hai amici fedeli fra costoro?»

«E anche dei parenti.»

«Dunque noi dovremo precedere Will ed i suoi compagni?» disse l'irlandese, dopo un istante di riflessione.

«È necessario,» rispose il cingalese.

«Potremo passare inosservati?»

«Rasenteremo la riva opposta. Vi sono colà dei grandi alberi che proiettano un'ombra foltissima.»

«Proviamo,» disse l'irlandese.

Si allontanarono seguendo sempre il fiume, scendendo verso la foce, e s'arrestarono dinanzi ad una scialuppa a vapore montata da due cingalesi seminudi, ma viceversa carichi di sonagliuzzi, di braccialetti e di corregge di pelle adorne di grosse borchie dorate, che li avvolgevano come una rete, intrecciandosi in tutte le direzioni.

L'irlandese pronunciò alcune parole, mentre il Guercio si poneva al timone; poi la scialuppa, che aveva i fuochi accesi, attraversò il fiume, cacciandosi sotto la riva opposta coperta da immensi alberi che s'incurvavano sulle acque.

«A piccolo vapore, — comandò l'irlandese, volgendosi verso i due cingalesi che erano di servizio alla macchina. — Vi sono degli uomini che vegliano dall'altra parte del fiume.»

La scialuppa saliva il fiume lentamente, facendo girare dolcemente l'elica; d'altronde la corrente, frangendosi contro la barra, produceva un tal fragore da coprire le pulsazioni della macchina, mentre l'ombra proiettata dagli alberi nascondeva il fumo che sfuggiva dalla ciminiera. L'irlandese, seduto a prora, con un fucile fra le mani, spiava attentamente la riva opposta.

Ben presto scorse la luce dell'accampamento.

«Peccato non poterli sorprendere, — mormorò. — Tutto sarebbe finito e risparmierei questo viaggio. Questo furbo di cingalese approfitta troppo della mia dabbenaggine. E nondimeno, senza il suo aiuto, chissà se sarei riuscito a ritrovarli.»

Si era alzato cercando di scoprire Jody, quando una voce si alzò dalla direzione dell'accampamento:

«Chi vive?»

«Ferma la macchina,» comandò precipitosamente l'irlandese.

La scialuppa si arrestò istantaneamente. Per fortuna in quel luogo le piante erano altissime e spingevano i loro poderosi rami fino quasi in mezzo al fiume, rendendo i quattro uomini invisibili anche agli sguardi più acuti. Era quindi impossibile che Jody avesse potuto scorgere l'imbarcazione. Doveva invece essere stato allarmato dal brontolio della macchina.

Successe un breve silenzio, poi la voce del mulatto si fece ancora udire: «Siete voi, Moselpati?»

«Nessuno risponda,» disse l'irlandese, che si era coricato dietro il bordo.

«Se potessi fucilarlo, — mormorò il Guercio. — È stato lui a gettarmi in acqua e vorrei saldargli il conto.»

«Quell'uomo appartiene a me, o meglio al bagno di Port-Cornwallis, — rispose il sorvegliante. — Tu non hai più alcun diritto su di lui.»

Per la seconda volta il mulatto chiese:

«Sei tu, Moselpati?»

Poi, non udendo alcuna risposta, lo si vide scendere l'erta riva aggrappandosi ai cespugli e arrestarsi fra le erbe acquatiche.

Rimase colà qualche minuto, cercando di indovinare la causa di quel rumore sospetto, poi risalì la ripa e scomparve in mezzo alle piante.

«Se n'è andato,» sussurrò il sorvegliante, curvandosi verso il Guercio.

«Ripartiamo?»

«Aspettiamo un po'. Lasciamogli il tempo di tornare all'accampamento.»

«Avete udito che attendono quel cane di mandah?» chiese il Guercio, digrignando i denti.

«Era facile indovinarlo.»

Rimasero fermi dieci minuti, poi la scialuppa si rimise in marcia, tenendosi sempre addosso alla riva.

Guadagnò così cinque o seicento metri e già l'irlandese stava per dar l'ordine di lanciarla a tutta velocità, quando vide un'ombra umana agitarsi sulla riva opposta.

Una bestemmia gli sfuggì.

«Ancora Jody? — si chiese. — Che quel furbo si sia accorto che siamo noi? Comincio a sentirmi il sangue montare alla testa.»

«Volete che lo uccida?» domandò ancora il cingalese.

«No: aspettiamo.»

A un tratto udirono un urlo, seguito subito dopo da un rauco brontolio.

«Una tigre?» chiese l'irlandese.

«Sì, signore,» rispose il Guercio.

«Che abbia assalito Jody?»

«Tanto meglio: così sarò vendicato e avrò un nemico di meno.»

Tesero gli orecchi senza udire più nulla.

«A tutto vapore! — comandò l'irlandese. — Se la sbrighi come può, quel curioso.»

La scialuppa prese lo slancio e risalì rapidamente il fiume, scomparendo ben presto fra le tenebre.