La Torre del Duomo di Teramo/L'esterno

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L'esterno

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Cenni storici sulla Basilica Cattedrale Visita alla Torre


L’osservazione esterna della struttura della Torre non può non costituire, per forza di cose, il punto di partenza in una disamina avente ad oggetto questo manufatto. L’alta mole della Torre rappresenta, in genere, l’elemento che più colpisce il visitatore che si trovi a passare sotto di essa ed è l’elemento, altresì, che le permette di essere così ben visibile da diversi punti della Città e di elevarsi sopra tutti gli altri edifici del centro storico. La demolizione dell’Arco di Monsignore, pur con i tanti aspetti negativi che l’hanno caratterizzata, ha senz’altro permesso alla Torre di riacquistare, seppur a prezzo di una certa stabilità e di un sicuro punto d’appoggio sul lato orientale, una discreta snellezza e uno slancio che non era possibile ammirare in precedenza. Non è semplice ricostruire la nascita di questa struttura. È certo, nonostante le difformità di vedute fra gli storici, che la costruzione della Torre, così come appare oggi, ha occupato diverse epoche e la non omogeneità delle linee e delle forme architettoniche depone a favore di questa ricostruzione, ormai pacifica e data generalmente per acquisita. Prima della realizzazione dei lavori di ampliamento della Cattedrale, voluti da Niccolò degli Arcioni, comunque, appare ragionevole ipotizzare già l’esistenza della base della Torre. La costruzione è composta da una serie di moduli sovrapposti, scanditi da cornici marcapiano. In base alla teoria maggioritaria, dunque, i moduli più bassi sarebbero databili fra il XII e il XIII secolo, quando la Cattedrale era costituita dall’aula di Guido II e il campanile, pertanto, veniva a trovarsi in prossimità dell’abside. Con l’ampliamento di Niccolò degli Arcioni, furono previsti anche lavori di sopraelevazione e rafforzamento della struttura della Torre. Lo spazio temporale che intercorre tra il 1332 e il 1335 vide quindi la realizzazione dei moduli successivi, sino all’attuale seconda cella campanaria. Al lombardo Antonio da Lodi si deve, invece, l’innalzamento del prisma ottagonale che, al di sopra della terrazza di copertura della cella superiore, costituisce il coronamento della Torre, assieme alla piramide che lo sovrasta. Questo intervento finale da parte di Antonio da Lodi, autore anche dell’edicola degli olii santi all’interno della Cattedrale, accanto alla porta d’ingresso alla Torre, come vedremo in seguito, terminò nel 1493, anno in cui, nella giornata del 4 settembre, venne apposta sulla sommità della piramide di coronamento la sfera metallica dorata, assieme alla banderuola a vento e alla croce. La sfera metallica, originariamente dorata, ha un diametro pari a 0,64 metri. Si tratta di dimensioni maggiori rispetto alla sfera che è posta sul campanile del Duomo di Atri, il cui diametro è pari a 0,60 metri, e a quella che è posta sul campanile della chiesa di Santa Maria in Platea a Campli, il cui diametro è pari a 0,55 metri. Anche la croce, come la sottostante sfera, era originariamente dorata. Oggi si vedono solamente in parte le residue tracce di tale ornamento. È da segnalarsi, comunque, che nel corso dei secoli non si è mai provveduto a ripristinare la doratura propria dei manufatti in esame. La struttura della Torre mostra un incremento delle aperture a finestra man mano che aumenta l’altezza. Nei moduli di base, corrispondenti all’epoca di Guido II, le aperture sono pressoché inesistenti e, laddove presenti, sono di ridotte dimensioni. Nei moduli sovrastanti, invece, le finestre delle due celle campanarie e, di seguito, quelle del prisma ottagonale costituiscono senz’altro una rottura nelle linee architettoniche della parte più antica del manufatto. Non deve trarre in inganno, tuttavia, la tamponatura, totale o parziale, delle finestre a bifora dei primi moduli: si tratta di interventi postumi che nulla hanno a che vedere con i lavori di realizzazione della Torre. Particolare attenzione meritano peraltro le aperture a bifora del prisma ottagonale. Quest’ultimo è costituito, difatti, da una serie di finestre biforate, una per ogni lato, al di sopra delle quali vi è un’ulteriore apertura circolare, impreziosita da decorazioni policrome che la circondano. Alla base del prisma, sopra la terrazza della cella campanaria superiore, Antonio da Lodi innalzò anche quattro torrette di collegamento ideale tra la parte nuova e la parte già edificata della struttura. Al di sopra del prisma, invece, egli volle realizzare, una per ogni angolo, otto ulteriori torrette di coronamento del prisma stesso, accanto alle quali si innesta la piramide cuspidale che chiude alla sommità l’intera opera. La Torre è sita sulla destra dell’edificio della cattedrale, sulla stessa linea dell’antica abside di Guido II e, ora, nel punto esatto dell’incrocio tra la nave guidiana e quella arcioniana. Anch’essa, come del resto anche l’opera realizzata da Niccolò degli Arcioni, risulta leggermente divergente rispetto alla parallela dell’asse principale del Duomo. A differenza dell’ampliamento gotico, tuttavia, in questa sede il disallineamento rispetto all’asse principale è ulteriormente marcato. A seguito degli interventi fatti eseguire dal Vescovo Tommaso Alessio de’ Rossi, e sino alla demolizione del 1969, sul lato est della Torre andava ad appoggiarsi, e dunque ad innestarsi, l’Arco di Monsignore che proveniva dal vicino Palazzo Vescovile. La scala che permetteva l’accesso interno all’Arco sfociava nel locale intermedio che oggi separa, come vedremo meglio in seguito, la Torre dalla navata destra della Cattedrale. Era proprio quel vano, oggi adibito a deposito, che costituiva il primo locale del Duomo visibile a chi, provenendo dal Palazzo Vescovile, percorreva l’Arco di Monsignore. Quello stesso locale, prima dell’edificazione, tra il 1594 e il 1632, della nuova Sacrestia monumentale, costituiva la vecchia Sacrestia della Cattedrale, in base a quanto evidenziato dai documenti del tempo e come suffragato, peraltro, da una piantina della struttura nel 1583, ricostruita da Giovanni Muzj. Lo smantellamento di quest’Arco, pur aumentando visibilmente l’aspetto slanciato della Torre, l’ha danneggiata non poco dal punto di vista statico. Negli ultimi decenni, difatti, si è stati costretti a realizzare un muro di contenimento a perimetro della struttura, esattamente nel punto in cui, decenni addietro, sorgeva il cosiddetto muro doppio della Torre. Come documentato dal Muzj nel 1938, si trattava di una sovrastruttura alta pochi metri realizzata da tanti anni, peraltro abusivamente, da un privato locatario di una delle unità immobiliari che si innalzavano sulle pareti della Cattedrale, prima degli isolamenti degli anni ’30. Tuttora non si è riusciti a comprendere le motivazioni che spinsero a costruire tale sovrastruttura, ma una relazione dell’ingegnere comunale del 29 maggio 1892 descrisse, a seguito di un accurato sopralluogo, la situazione che si venne a creare a causa dei lavori effettuati abusivamente dall’inquilino. Oltre al muro doppio, fu evidenziato che i lavori privati eseguiti nella zona fecero in modo che fosse «rotto lo sperone della massiccia, robusta e ben consolidata fondazione e con vero dolore si constata il fatto che in essa fondazione, a forza con picconi e mazze e con lavoro assiduo e paziente venne molto recentemente ricavato al piano terra un piccolo vano adibito ad uso bottega da orologiaio e forse anche ora si lavora occultamente per ricavare altri piccoli vani nella platea generale della Torre». Si sa per certo, comunque, in base alle notizie riportate dal Muzj, che la Curia Vescovile e l’Amministrazione Comunale insorsero contro tali danneggiamenti e superfetazioni architettoniche delle quali, oggi, non rimane più traccia. L’altezza complessiva della Torre, come rilevato dall’Istituto Geografico Militare nell’anno 1955, è pari a 48 metri, misurati alla sommità della cuspide piramidale. La sfera, la banderuola a vento e la croce, di cui si è detto in precedenza, la innalzano quasi a quota 50 metri.