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La fuga di Papa Pio IX a Gaeta/Capitolo V

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Capitolo V

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V.


Mentre accadevano queste cose, vi furono a Roma molte disparità di opinione e molte inutili ciancio. L’uno diceva che il papa si sarebbe accordato anche coi repubblicani, e li avrebbe tollerati. Doveva egli non [p. 12 modifica]soltanto tollerarli, diceva l’altro, imperocchè l’autore dello scandalo era colui, colui il primo ribelle che vuole l’isolamento de’ suoi, l’abbassamento della chiesa, l’eresia nella fede, la discordia civile nell’interno, la guerra al di fuori. Ma chi avesse potuto gettare uno sguardo nel suo animo, quale profonda tristezza avrebbe potuto mirarvi; egli lo avrebbe veduto in quelle angosce implorare da Dio forza e lumi! E Iddio, che non poteva rimaner sordo alle sue preghiere, gli fece giungere il 21 del mese il seguente scritto:

Beatissimo Padre. - Nelle peregrinazioni del suo esigilo in Francia e particolarmente a Valenza dove morì, il gran papa Pio VI portava sempre la SS. Eucaristia sul suo petto, o la fece portare dal prelato domestico che sedeva nella sua carrozza. Da questo sublime sacramento egli attingeva lumi per la sua via, forza pei suoi patimenti, sollievo pe’ suoi dolori, in espettazione del viatico, che vi avrebbe trovato per il suo passaggio all’eternità. In modo sicuro ed autentico mi trovo in possesso della piccola pisside o vaso che ha servito per uno scopo così pio, commovente e memorabile. Oso offrirla a Vostra Santità. Erede del nome, della sede, della virtù; del coraggio, e per così dire, delle prove del grande Pio Sesto, V. S. accorderà forse qualche valore a questa modesta ma interessante reliquia. La medesima, io spero, non avrà più una eguale destinazione: ma chi conosce gli arcani decreti di Dio nelle prove che la sua provvidenza prepara a V. S.! Io prego per voi nella fede e nell’amore. Lascio la pisside nella stessa piccola borsa di seta, che la involgeva quando Pio VI se ne serviva, precisamente nel medesimo stato in cui si trovava, quando l’immortale pontefice la teneva sul suo petto. La [p. 13 modifica]membranza della bontà di V. S. in occasione della mia dimora in Roma nell’anno scorso rimarrà sempre in me viva e piena di gratitudine. Vogliale, Santo Padre, farmi partecipe della benedizione apostolica, che attendo prostrato ai vostri piedi.

Valenza, 15 ottobre 1848.

Petrus1 Vescovo di Valenza.


Il santo padre appena ricevuta questa lettera, che gli sembrava un miracolo e un cenno della provvidenza per mostrargli la via che doveva tenere in queste circostanze, risolvette di abbandonare senza indugio i suoi Stati. Mio marito aveva già ripetute volle offerto al Santo Padre ogni servizio e aiuto, non solo come invialo di una potenza cattolica, e per anche per ordine espresso della medesima, ma intima devozione personale verso il capo della Chiesa, specialmente nelle attuali strettezze. E il Santo Padre, benignamente accettando la sua offerta, gli fece sapere il 22 col mezzo del Cardinale Antonelli; che avendo deciso di abbandonare Roma per la salvezza della sede apostolica, e non già per timore della propria persona, che per il vantaggio di quella esporrebbe volontieri a questi e a maggiori pericoli, egli avrebbe accettalo in tali estremità la sua assistenza siccome quella di un uomo di provato affetto e fedeltà.

Già prima parlando in seguito agli avvenimenti del 16 Novembre della situazione del Papa e della possibile necessità di una fuga, e del come e del quando, mio marito mi disse sorridendo: chi sa se non avremo da [p. 14 modifica]adoperarci per un simile caso! Ma io aveva prestalo allora così poca attenzione a queste parole gettale là a caso nel discorso, come se fossero soltanto l’espressione di un desiderio, che all’udire un sì grande annuncio rimasi un momento attonita. Riavutami da questo terrore mi sentii tentata un momento di dissuadere mio marito da un’impresa così importante e azzardosa. Ma rimasto egli fermo e venutami la grazia di Dio, mi posi tosto all’opera onde preparare l’occorrente per il viaggio stabilito pel giorno susseguente. A coloro che mi leggevano in faccia e nei movimenti i certi segnali dei mille sentimenti, che s’incrociavano nel mio animo, accennai la necessità di un viaggio a Napoli in un affare che interessava le due corti, la cura per consegnare la casa alla nostra vecchia economa Rosa, che mi amava come una madre, e per la quale io aveva molto affetto, la separazione benchè breve dal padre e dai fratelli in un momento così critico per Roma, essere il motivo dell’insolito movimento che mi preoccupava talmente l’anima e il corpo, che da quel giorno non sentiva più il bisogno nè di cibo nè di sonno.


Note

  1. Chatrousse, nato a Voiron 1795, Vescovo del 1840.