La leggenda di Tristano/CXLVII

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CXLVI CXLVIII

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CXLVII. — A tanto dice lo conto, che tanto dimorarono in cotale maniera che lo giorno trapassoe e la notte appressimoe. E quando la notte fue venuta, e T. comandoe che fosse fatto uno grande letto nela sua camera; e quando Isotta intese lo comandamento [di] T., incontanente fece fare lo letto, sí come T. avea comandato. E istando per uno poco, e T. sí andò a dormire cola sua dama; e quando fuorono a posare, e incontanente Braguina s’andò a letto. Ma quando Isotta fue a letto con T., ed ella sí lo ’ncominciò ad abracciare ed a basciare e incominciò a fare lo maggiore pianto che giamai fosse fatto per una dama, e piangea tanto duramente ched ella lavava tutto quanto T. di lagrime. Ed appresso sí dicea: «Ai dolorosa io, come male io fui nata in questo mondo! ché ora bene son io dolorosa sopra tutte l’altre dame che siano al mondo, quand’io veggio che si diparte da me lo mio dolze amore, quello ch’iera la mia vita e lo mio conforto ed iera colui per cu’ io istava allegra giorno e notte». Ed apresso sí lo pregava e sí gli dicea: «Ai, T., io vi priego che voi sí mi dobiate lasciare venire con voi nelo vostro reame; e certo questo non è grande dono ch’io v’adomando, che voi nolo possiate bene fare». E quando T. vide lo grande lamento lo quale Isotta facea, fue molto doloroso, e ricordandos’egli sí come non dovea ritornare piú a lei. E stando uno poco, e T. sí disse a Isotta: «Isotta, io vi priego che non dobbiate fare così grande lamento come voi fate. Ma voi sí dovreste essere molta allegra, quando debo andare alo mio reame, per mettere pace intra gli amici. Onde voi sí dovete sapere ched io sí tornerò a voi alo piú tosto ched io poroe; e imperciò sí vi priego che voi sí vi dobiate confortare per lo mio amore. Ed a ciò sí voglio che voi sappiate ched io sí meno in mia