La leggenda di Tristano/LXII

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LXI LXIII

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LXII. — Ora dice [lo conto di] Galeotto ched egli si vuole andare al’isola de’ Gioganti a vengiare la morte del padre e dela sua madre. Allora sí comanda alo re dei cento cavalieri che s’acompagni con cento cavalieri pur de’ migliori ch’egli unque puote avere; e sí gli comanda che si debia andare all’isola. Allora dice lo re de’cento cavalieri a Galeotto che debia andare per Lancialotto, che faccia questa battaglia per lui, «imperciò ched io abo udito contare di T. troppo grande prodezze, sí che di questa aventura non ne potrebe aiutare altri ch’egli». E Galeotto disse: «Io mi pensava bene che altro non mi ne potea incontrare dela malvagia usanza dell’isola». Or dice lo conto che Galeotto dice: «Io vi voglio andare pur io», e comanda alo re de’ cento cavalieri, ched egli sí debia fare suo comandamento. E lo re sí rispuose e disse che sí fará egli volontieri. E a tanto si parte Galeotto in compagnia di due iscudieri solamente, e sí si ne viene inverso lo porto alo piú tosto ched egli unque puote. E quando giugne al porto, sí chiamoe una nave, la quale nave si andava in Irlanda; e Galeotto si monta allora in sula nave e li mastri marenai si fanno la via del loro cammino. E dappoi ch’egli fuorono in mare ed aviano il tempo bello e buono in loro camino, e Galeotto sí parla al padrone dela nave e sí gli dice: «Padrone, io ti priego che tue sí mi debi apportare al’isola de’ Gioganti». E lo padrone síi rispuose e disse: «In che maniera volete voi ched io v’aporti al’isola de’ Gioganti? E non sapete voi la mal usanza dell’isola? ché v’hae questa usanza, che neuno istraniero v’aporta che non li convegna incontanente essere pregione, incontanente ch’egli è giunto. E perciò sí vi dico che per neuna cundizione io non vi vi porterei». Allora disse Galeotto che sí pur farebe, «e dicoti, padrone, che se tue non mi vi porti per amore, sí mi vi porterai per forza». Ed egli disse che non farebbe per suo comandamento. Allora Galeotto sí mise mano ala spada e viene indosso alo padrone dela nave e fedelo di sí grande forza, che gli levoe la testa dale spalle. E ’l somigliante sí fece a parecchi degli altri marenai; e allora sí comandoe agli altri [p. 79 modifica] marenai che incontanente debiano andare all’isola de’ Gioganti. E a tanto si andarono per loro giornate e pervennero al porto del castello di Proro. E dappoi che fuorono giunti al porto, ed eco venire XII cavalieri armati e venneno contro a valle al porto e domandano quegli dela nave, per cui parola eglino vi fossero venuti al porto. «Or cosí vi comando, che voi incontanente ismontiate dela nave, e venite suso al castello a fare nostra usanza». E Galeotto si scende dela nave incontanente e fue ali cavalieri. E li cavalieri si presero Galeotto e sí lo menarono alo castello. E dappoi che fue giunto alo castello, e li cavalieri lo voliano mettere in pregione. A tanto si parloe Galeotto e dice ali cavalieri: «Segnori, io sono venuto per fare usanza di vostra terra, né per altro io non sono venuto quae se non per combattere col vostro cavaliere». A tanto si rispuosero li cavalieri a Galeotto e dissero «E dunqua combatterete voi con T., lo nievo delo re Marco di Cornovaglia?». Ed allora sí rispuose Galeotto e disse: «Ed io per ciò sono venuto qua, per combattere con lui». Allora sí si partono li cavalieri da Galeotto, e vano a T. e sí lo salutano e dicogli: «T., e’ sí ci è venuto uno cavaliere che vuole combattere con voi, sí come è nostra usanza». E T. sí rispuose e disse: «c Chi este lo cavaliere?». Ed eglino si dicono che non sanno chi si sia lo cavaliere, «ma egli sí dice ch’egli si è venuto pur per combattere con voi cuore a cuore». E a tanto sí rispuose T. e disse: «Io apparechiato sono di fare vostra usanza, e dappoi che battaglia vuole ed io dico che di battaglia no gli fallirò io giae. Ma tutta fiata vo’ priego che voi sí lo mi dobiate salutare dala mia parte, e sí gli mi dite ched io credo ched egli sia lo piú valentre cavaliere di tutto lo reame di Longres». E a tanto sí rispuosero li cavalieri e dicono che questo messaggio faranno eglino volontieri. Or si partono li cavalieri e vegnono contra valle, lá ov’è Galeotto, lo sire di Lontane Isole. E quando eglino fuorono venuti davanti a lui, sí lo salutano da parte di T. e sí gli dissero cosí: «Dappoi che voi volete battaglia, e’ vi manda cosí a dire che di battaglia no vi fallerá egli giae». Allora [p. 80 modifica] rispuose Galeotto: «Ed io saluto lui sí come mio mortale nemico», credendo Galeotto che T. sí lo mandasse salutando per dispetto di lui.