La leggenda di Tristano/CLXXVIII

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CLXXVIII. — A tanto dice lo conto, che quando eglino fuoro messi in via ambodue li cavalieri, sí come detto è, e lo re siniscalco disse: «Cavaliere che siete di Cornovaglia, ora vi menerò io ad una magione d’un forestiero, lo quale noi vedrá e faraone molto grande onore». E quando T. intese queste parole, disse: «Per mia fé, re siniscalco, a me abisogna assai d’andare ala magione delo forestiero». Ma tanto cavalcarono in cotale maniera, ch’egli pervennero ala magione delo forestiero, e lo re siniscalco e T. dismontarono da cavallo. E istando per uno poco, e lo forestiero andò a loro, e quando vide lo re siniscalco, sí gli fece molto grande onore e grande festa, imperciò ch’egli sí lo conoscea, per molte fiate che l’avea veduto. E istando per uno poco, e lo forestiere sí prese li cavagli e fecegli molto bene acconciare, sí come si convenia. Ed appresso lo re siniscalco sí andoe nela sala delo palagio e T. altressie, e quando fuorono nela sala ed eglino sí si disarmarono intrambodue. E quando fuorono disarmati, e lo forestiero sí apportoe loro altri panni, ed eglino sí gli si misero incontanente. E lo re siniscalco disse: «Forestiero, ditemi se Dio vi salvi, ha in questa magione neuno cavaliere deli compagnoni dela Tavola ritonda?». E lo forestiero disse: «Per mia fé, re siniscalco, ora sí ha in questa magione ij deli compagnoni dela Tavola, e se voi volete parlare loro, andate in quella camera». E quando lo re siniscalco intese queste parole, fue molto allegro, e incontanente sí partio da T. e andò ala camera, lá dov’ierano li cavalieri, e quando fue a loro, ed egli incominciò a fare molto grande allegrezza intra loro; imperciò ch’egli erano tutti compagnoni della Tavola ritonda.