La servitù delle donne/IV

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IV

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La servitù delle donne


Ci rimane a toccare un’altra questione non meno grave di quelle che già abbiamo discusse e che solleveranno con maggiore insistenza gli avversarii che sentono le loro convinzioni un po’ scosse sul punto principale. Qual bene sperate voi dal cangiamento che volete operare nei nostri costumi e nelle nostre istituzioni? Se le donne fossero libere, forsechè l’umanità se ne troverebbe meglio? Se no, perchè agitare i loro spiriti a fare una rivoluzione sociale in nome di un diritto astratto?

Non si deve guari aspettarsi a veder intavolare questa questione a proposito d’un cangiamento da recare alla condizione delle donne nel matrimonio. I patimenti, le immoralità, i mali d’ogni sorta prodotti in casi innumerevoli, per la subordinazione di una donna ad un uomo, sono troppo spaventosi, per essere misconosciuti. Le persone irriflessive o poco sincere che tengono poco conto dei casi che non arrivano alla luce della pubblicità possono dire che il male è eccezionale; ma niuno potrebbe acciecarsi sulla sua esistenza, nè quel che accade spesso, sulla sua intensità. È perfettamente evidente che gli abusi del poter maritale non possono reprimersi finchè questi resta in piedi. Non solo agli uomini onesti e buoni, agli uomini un cotal poco rispettabili si conferisce questo potere, ma eziandio ai più brutali, ai più scellerati, a quelli che non hanno altro freno per moderarne gli abusi che l’opinione; e per tali uomini non v’è altra opinione che quella dei loro simili. Se esseri simili non facessero pesare una crudele tirannia sulla persona umana che la legge costringe a tutto sopportare da loro parte, la società sarebbe già un paradiso. Non sarebbero necessarie delle leggi per metter freno ai viziosi istinti degli uomini. Non solo Astrea sarebbe di ritorno alla terra, ma il cuore del peggior degli uomini sarebbe suo tempio. La legge della servitù nel matrimonio è una mostruosa contraddizione a tutti i principi del mondo moderno e a tutta l’esperienza che ha servito ad elaborarli. A parte la schiavitù dei negri, è il solo esempio in cui si vede un membro dell’umanità godendo di tutte le sue facoltà, messo alla balìa d’un altro colla lusinga che questi userà del suo potere pel bene unicamente della persona che gli è soggetta. Il matrimonio è la sola servitù reale riconosciuta dalle nostre leggi. Non v’è più altro schiavo davanti alla legge che la padrona di ciascuna casa.

Non sarà dunque per questa parte del nostro argomento che la questione cui bono sarà sollevata. Si può dirci che il male la vincerà sul bene, ma la realtà del bene non potrà essere contestata. Ma sulla questione di più larga portata della soppressione della incapacità delle donne, e della parificazione all’uomo per tutto ciò che è inerente ai diritti di cittadino, dell’ammissione a tutti gl’impieghi onorevoli ed all’educazione che fanno idonei a questi impieghi, sopra questa questione vi sono molti ai quali non basta che l’ineguaglianza non abbia niuna ragione giusta e legittima; esse vogliono sapere qual vantaggio si otterrà abolendola.

Io rispondo, in prima, il vantaggio di far regolare la più universale e radicale delle relazioni, dalla giustizia invece che dall’ingiustizia. Non v’è spiegazione, non v’è esempio che possa rischiarare di luce più viva il guadagno che farebbe l’umanità, che queste parole, per chi vi annette un senso morale. Tutti gli istinti egoisti, il culto di sè stesso, l’ingiusta preferenza di sè, che dominano l’umanità, hanno sorgente e radice nella costituzione attuale dei rapporti fra l’uomo e la donna e vi attingono la forza principale. Pensate quel che deve frullare pel capo ad un ragazzo che giunge all’età virile colla credenza che senza merito alcuno, senza aver nulla fatto per sè stesso, foss’egli il più frivolo ed imbecille degli uomini, per il solo fatto d’esser nato maschio, è superiore di diritto a tutta una metà del genere umano, senza eccezione, nella quale metà trovansi pur comprese persone delle quali può, ad ogni giorno e ad ogni ora, sentire la superiorità. Può accadere che, in tutta la sua condotta, egli segua abitualmente la direzione di una donna, ma, allora, s’egli è sciocco crede tuttora che questa donna non è e non può essergli eguale in capacità ed in giudizio; e se non è sciocco, tanto peggio: egli riconosce la superiorità di questa donna, e tuttavia egli crede aver diritto di comandare e ch’ella è tenuta ad obbedire. Qual effetto questa lezione farà d’essa sul suo carattere? Le persone illuminate non si fanno illusione sulla profondità alla quale penetra il suo veleno nella grande maggioranza degli uomini. Infatti presso le persone elevate e di buon senso, ogni imagine d’ineguaglianza è scostata sopratutto agli occhi dei figli; vi si esige dai figli altrettanta obbedienza per la madre che pel padre, non si permette ai ragazzi di farla da padroni colle sorelle, non si avvezzano a considerarle meno di essi: all’opposto, si sviluppano in essi i sentimenti cavallereschi, lasciando nell’ombra la servitù che li rende necessari. I giovani ben allevati delle classi superiori evitano spesso così le male influenze della situazione dai loro primi anni: essi non ne fanno la prova che quando giungono all’età virile, quando entrano nella vita reale. Queste persone non sanno quanto, in un giovinetto allevato diversamente, la nozione, della sua superiorità sopra una ragazza germoglia per tempo, ingrandisce, e si fortifica, a misura che egli ingrandisce e si fortifica; esse ignorano come uno scolaro l’inculca ad un altro, come un giovine impara presto a sentirsi superiore a sua madre, a credere di doverle dei riguardi, ma nessun rispetto reale; con qual maestoso sentimento di superiorità egli si sente come un sultano sulla donna che ammette all’onore di dividere la sua esistenza. Forsechè non è a figurarsi che tutto questo non corrompe l’uomo tutt’intiero e come individuo e come membro della società? Accade qui come di un re ereditario che si crede migliore di tutti perchè nato re, o di un nobile perchè nato nobile. Il rapporto di un marito colla sua moglie assomiglia molto a quello di un signore col suo vassallo, salvo la differenza che la donna è tenuta a maggior obbedienza verso il marito, che altre volte il vassallo verso il suo signore. Che il carattere del vassallo divenisse migliore o peggiore per effetto di questa subordinazione, chi non vede che il carattere del signore diveniva peggiore, sia ch’egli venisse a considerare i vassalli come inferiori a lui, sia ch’egli si sentisse posto al disopra di persone dabbene al par di lui senza averlo meritato, ed unicamente, come dice Figaro, per aver fatto la fatica di nascere? Il culto che il monarca od il signore feudale rendevano a sè stessi ha il suo riscontro in quello che il maschio rende a sè stesso. Gli uomini non sono avvezzi dall’infanzia a vedersi in possesso di distinzioni che essi non han meritato, senza cavarne motivo d’inorgoglire. Coloro che possessori di privilegi ch’essi non han meritati, sentono che il loro valore non è all’altezza di questi privilegi e ne divengono più umili sono pochi, e non debbono cercarsi che fra i migliori. Gli altri sono tronfii d’orgoglio e della peggiore specie d’orgoglio, che consiste nello stimarsi non per azioni proprie, ma per vantaggi dovuti all’azzardo. Quelli il cui carattere è tenero e coscienzioso, sentendosi innalzati al disopra di tutto un sesso ed investiti dell’autorità sopra uno dei suoi membri, imparano l’arte dei riguardi attenti ed affettuosi, ma per gli altri questa autorità non è che un’accademia, un collegio ove imparano ad essere insopportabili ed impertinenti; forse la certezza di incontrare della resistenza presso gli altri uomini loro eguali nelle relazioni della vita, fa sì ch’essi padroneggino i loro vizii, ma essi lascieranno loro briglia sciolta sopra quelli che, per loro posizione sono costretti a tollerarli, e si vendicheranno spesso sopra un’infelice donna della involontaria costrizione che devono imporsi, dappertutto altrove. L’esempio e l’educazione che dà ai sentimenti della vita domestica basata sopra relazioni in contraddizione coi primi principi della giustizia sociale debbono, in virtù della stessa natura dell’uomo esercitare un’influenza demoralizzatrice così grande che, appena si può colla nostra attuale esperienza esaltarsi l’imaginazione al punto di concepire l’immensità dei beneficii che l’umanità raccoglierebbe dalla soppressione dell’ineguaglianza dei sessi. Tutto quel che l’educazione e la civilizzazione fanno per distruggere l’influenza della legge della forza sul carattere, e sostituirvi quella della giustizia, non passerà oltre la superficie fino a che la cittadella del nemico non sarà attaccata. Il principio del movimento moderno in morale ed in politica, si è che la condotta e la sola condotta dà dritto al rispetto; che ciò che l’uomo fa, non quel che è, costituisce il suo diritto alla deferenza altrui, e sopratutto che il merito, non la nascita, è il solo titolo legittimo all’esercizio del potere e dell’autorità. Se una persona umana non avesse sull’altra un’autorità che non fosse d’indole sua temporaria, la società non passerebbe mica il suo tempo ad accarezzare con una mano delle tendenze che deve reprimere coll’altra: per la prima volta dacchè l’uomo è sulla terra, il fanciullo sarebbe addestrato a camminare nella via nella quale deve inoltrare, e fatto adulto, vi sarebbe una probabilità che non l’abbandonasse. Ma finchè il dritto del forte sul debole, regnerà nel cuore stesso della società, si avrà a lottare con dolorosi sforzi per far basare le relazioni umane sul principio che il debole ha i diritti stessi del forte, e la legge della giustizia, che è quella ancora del cristianesimo, non regnerà mai pienamente sui sentimenti dell’uomo; essi lavoreranno contro di lei, anche allora che si inchineranno davanti a lei.

Il secondo beneficio, che si può aspettare dalla libertà che si darà alle donne di usare delle loro facoltà, lasciando loro la libera scelta della maniera d’impiegarle, aprendo loro lo stesso campo d’occupazione e proponendo loro gli stessi premi ed incoraggiamenti che agli uomini sarebbe di raddoppiare la somma delle facoltà intellettuali che l’umanità avrebbe al suo servizio. L’attual numero di persone atte a fare il bene dell’umanità ed a promuovere il generale progresso pel pubblico insegnamento, per l’amministrazione di qualche ramo della cosa pubblica o sociale, sarebbe allora raddoppiato. La capacità di spirito in tutti i generi è ora dappertutto talmente al di sotto della ricerca, v’è tal penuria di persone atte a fare perfettamente tutto ciò che esige una notevole capacità, che il mondo fa una perdita estremamente seria, ricusando di usare di una metà della totalità dei talenti che possiede. È vero che questa metà non è completamente perduta. Una gran parte è impiegata e lo sarebbe sempre al governo della casa, e ad altre occupazioni attualmente aperte alle donne, il resto costituisce un beneficio indiretto che si trova in molti casi, nell’influenza personale di una donna su un uomo. Ma questi profitti sono eccezionali, la portata ne è estremamente limitata, e se bisogna da una parte portarli a deduzione della somma di potenza nuova che il mondo acquisterebbe per la liberazione di una metà dell’intelligenza umana, è d’uopo aggiungere dall’altra parte il beneficio di uno stimolante che sarebbe applicato allo spirito dell’uomo per la competizione, o per servirmi di un’espressione più vera, per la necessità che gli sarebbe imposta di meritare il primo rango prima di ottenerlo. Questo grande aumento del potere intellettuale della specie, e della somma di intelligenze disponibili per la buona gestione delli affari, risulterebbe in parte dall’educazione migliore e più completa delle facoltà intellettuali delle donne che si perfezionerebbero pari passu con quelle dell’uomo; il che renderebbe le donne tanto capaci di comprendere gli affari, la politica, e le alte questioni di filosofia, quanto gli uomini della stessa posizione sociale. Allora il piccol numero di persone che compongono la parte eletta dei due sessi, e che sono capaci non solo di comprendere gli atti ed i pensieri altrui, ma ancora di pensare e fare qualche cosa da sè stessi, potrebbero agevolmente perfezionare, ed addestrare le loro attitudini in un sesso come nell’altro. L’estensione della sfera d’attività delle donne avrebbe il felice risultato di elevare la loro educazione a livello di quella dell’uomo, e di farle partecipare a tutti i progressi. Ma indipendentemente da questo, il solo abbassamento della barriera sarebbe per lui stessa un insegnamento del più alto valore. Quand’anche non si facesse che rigettare l’idea che i più alti soggetti di pensiero e d’azione, che tutto ciò che è di generale interesse e non unicamente d’interesse privato, è l’affare dell’uomo, che è d’uopo stornarne le donne, interdirne loro la maggior parte e tollerare, senza incoraggiarle, ch’esse tocchino al resto; quand’anche non si facesse che dare alle donne la coscienza d’esser persone come l’altre, avendo al par dell’altre dritto a scegliere la loro carriera, trovandovi le stesse ragioni di interessarsi a tutto ciò che interessa gli uomini, potendo esercitare sugli affari umani la parte d’influenza che appartiene ad ogni opinione individuale, si partecipi o non alla loro gestione, questo solo produrrebbe una enorme espansione delle facoltà delle donne, ed in pari tempo si allargherebbe la portata dei loro sentimenti morali.

Non solo si vedrebbe accrescere il numero delle persone di talento proprie al maneggio delli affari umani, che certo non ne sono ora talmente provvisti in oggi che possano far senza del contingente che la metà della specie umana potrebbe fornire, ma l’opinione delle donne avrebbe un’influenza migliore piuttosto che un’influenza più grande sulla massa generale dei sentimenti e delle credenze umane. Dico, migliore, piuttosto che più grande poichè, l’influenza delle donne sull’intonazione generale dell’opinione è stata sempre considerevole, od almeno lo è stata dai primi tempi storici. L’influenza delle madri sulla formazione del carattere dei loro figli, ed il desiderio dei giovani di farsi valere presso le giovani donne, hanno prodotto in ogni tempo un grande effetto sulla formazione del carattere, e determinato qualcuno dei grandi progressi della civilizzazione. Già all’epoca di Omero si vedeva nelle specie di pudore davanti alle Troiane dagli strascicanti pepli un motivo potente e legittimo che spinge il grande Ettore all’azione. L’influenza morale delle donne si è manifestata in due diverse maniere. In prima addolcendo i costumi. Le persone più esposte a divenir vittime della violenza hanno naturalmente fatti tutti gli sforzi per moderarne gli eccessi: quelle che non avevano imparato a combattere, furon naturalmente portate di preferenza per tutti i mezzi di accomodare le divergenze altrimenti che colla guerra. In generale le persone che ebbero molto a soffrire dai trasporti di una passione egoista furono i più fermi difensori di ogni legge morale che poteva porre un freno alle passioni. Delle donne hanno potentemente contribuito a condurre i conquistatori barbari al cristianesimo, religione ben più favorevole alla donna che tutte quelle che l’han preceduta. Si può dire doversi alle mogli di Ethlelberto e di Clodoveo, l’inizio della conversione degli Anglo-Sassoni e dei Franchi.

L’opinione delle donne ha esercitato una notevole influenza anche per un altro rispetto: essa fu stimolo poderoso a tutte le facoltà dell’uomo non coltivate nella donna, e ch’esse aveano, per conseguenza, bisogno di trovare nei loro protettori. Il coraggio e le virtù militari, hanno sempre trovato alimento nel desiderio che gli uomini sentono d’essere ammirati dalle donne, l’influenza di questo stimolo si è esercitata anche all’infuora da questa classe di qualità eminenti poichè, per un effetto naturalissimo della posizione secondaria delle donne il miglior mezzo di piacer loro e farsene ammirare fu quello di occupare un rango elevato nella considerazione delli uomini. Dall’azione combinata di queste due specie d’influenza delle donne è nato lo spirito di cavalleria il cui carattere era di unire il tipo più elevato delle virtù guerriere a virtù di indole affatto opposta, la dolcezza, la generosità, l’abnegazione personale verso le classi non militari, ed in generale senza difesa, una sommessione speciale alla donna ed un culto pel suo sesso che si distingueva da tutte le altre classi d’esseri deboli per l’alta ricompensa che la donna poteva accordare volontariamente a quelli che si sforzava d’ottenere il suo favore, in luogo di costringerla colla violenza all’obbedienza. La cavalleria, è vero, rimase deplorevolmente ben lungi al suo tipo ideale, più ancora di quel che la pratica non resti indietro dalla teoria: è tuttavia uno dei più bei monumenti della storia morale della nostra razza, è un esempio notevole di un tentativo organizzato e concertato da una società in disordine per proclamare e mettere in pratica un ideale morale ben superiore alle sue istituzioni ed alle sue condizioni sociali: ecco quel che l’ha fatta fallire nel suo principiale oggetto, e tuttavia non è stata interamente sterile ed ha lasciato una sensibilissima impronta, ed estremamente preziosa sulle idee ed i sentimenti dei tempi posteriori.

L’idea cavalleresca è l’apogeo dell’influenza dei sentimenti delle donne sulla coltura morale della società, se le donne dovessero restare nella loro posizione subordinata sarebbe a rimpiangere che il tipo cavalleresco sia scomparso, poichè potea sol’esso moderarne l’influenza demoralizzatrice. Ma dopo i cangiamenti sopravvenuti nello stato generale della umanità, era inevitabile che un ideale di moralità tutto diverso si sostituisse all’ideale della cavalleria. La cavalleria fu uno sforzo per introdurre degli elementi morali nello stato sociale ove tutto dipendeva in bene od in male dal valore della persona, dall’influenza benefica della sua delicatezza e della sua generosità. Nelle società moderne, gli stessi affari militari non sono più determinati dallo sforzo dell’individuo ma dell’azione combinata di un gran numero d’individui; d’altra parte l’occupazione principale della società ha cangiato, la lotta armata ha ceduto il posto alli affari, il regime militare al regime industriale. Le esigenze della vita nuova, non escludono meno delle antiche la generosità, ma non ne dipendono più interamente; i veri fondamenti della vita morale dei tempi moderni devono essere la giustizia e la prudenza; il rispetto di ciascuno ai diritti di tutti, e l’attitudine di ciascuno a pigliarsi cura di sè stesso. La cavalleria non opponeva freno legale a nessuna delle forme del male che regnavano impunite in tutti i strati della società, e s’accontentava d’incoraggiare alcuni uomini al bene e stornarli dal male facendosi arma della lode e dell’ammirazione. Ma ciò che fa la forza della moralità, è la sanzione penale di cui è armata; ecco il suo potere per istornare dal male. La sicurezza della società si appoggia male sopra una sì debole sanzione, quale è l’onore che ne viene alle buone azioni; per tutti una tale ricompensa è un motivo infinitamente debole più del timore, con poche eccezioni all’incirca, e per molti rimane assolutamente senza effetto. La società moderna è capace di reprimere il male in tutti i suoi membri servendosi utilmente della forza superiore che la civiltà ha posto nelle sue mani; essa può rendere l’esistenza tollerabile pei membri deboli (sotto la protezione ormai universale ed imparziale delle leggi) senza ch’essi possano mettere la loro speranza nei sentimenti cavallereschi di quelli che sono in posizione di tiranneggiarli. La bellezza e la grazia del carattere cavalleresco, sono rimaste quelle che erano, ma i diritti del debole al benessere generale riposa sopra una base più assicurata. È così dovunque, salvo che nella vita coniugale.

Oggi l’influenza morale della donna non è meno reale, ma non così marcata e definita, essa è in gran parte scomparsa nell’influenza generale dell’opinione pubblica. La simpatia comunicandosi, ed il desiderio che hanno gli uomini di brillare agli occhi delle donne, danno ai sentimenti di queste una grande influenza, che conserva i residui dell’ideale cavalleresco, coltiva i sentimenti elevati e generosi e continua quella nobile tradizione. Da questo lato l’ideale della donna è superiore a quello dell’uomo; dal lato della giustizia è inferiore. Quanto alle relazioni della vita privata, si può dire in modo generico che la sua influenza incoraggia le virtù dolci, e sconforta le virtù austere; ma è d’uopo temperare questa proposizione per tutte le eccezioni che possono fornirci le differenze particolari dei caratteri. Pei maggiori dibattimenti in cui la virtù si trova impegnata nel mondo, i conflitti fra gl’interessi ed i principii, l’influenza delle donne ha una tendenza assai poca determinata. Quando il principio impegnato nel conflitto è del piccol numero di quelli che ha impresso su di loro l’educazione morale e religiosa, le donne sono ausiliarii possenti della virtù e spingono sovente i mariti ed i figli ad atti d’abnegazione dei quali essi non sarebbero da soli capaci. Ma coll’educazione attuale delle donne e la posizione che è loro fatta, i principii morali da esse ricevuti non si estendono che su una porzione relativamente debole del dominio della virtù: sono d’altronde i principii principalmente negativi: essi vietano atti particolari, ma non danno nulla da fare coll’indirizzo generale delle idee e delle azioni. Temo di dover confessare che il disinteresse, l’impiego consacrato delle forze a fini che non promettono alla famiglia nessun vantaggio trovano di rado l’appoggio o l’incoraggiamento delle donne. Puossi biasimarle fortemente di staccarsi da fini dei quali non hanno imparato a vedere i vantaggi, che dilungano da loro gli uomini che loro appartengono e li tolgono agli interessi della famiglia? Tuttavia ne risulta che l’influenza delle donne è spesso lungi d’esser favorevole alle virtù politiche.

Le donne esercitano tuttavia qualche influenza dando l’intonazione alla moralità politica, dacchè la loro sfera d’azione si è un cotal poco allargata, e che molte fra esse si occupano all’infuori della famiglia e della casa. La loro influenza conta per molto in due fra i tratti più sensibili della vita moderna in Europa, l’avversione per la guerra, ed il gusto della filantropia. Due tratti eccellenti. Ma sgraziatamente, se l’influenza delle donne è preziosa perchè incoraggia i sentimenti generali, essa è sovente tanto perniciosa quanto utile, nell’indirizzo ch’ella dà alle applicazioni particolari. Nelle quistioni di filantropia, i due punti che le donne coltivano di preferenza sono il proselitismo religioso e la carità. Il proselitismo religioso in fondo non è che il ravvivamento delle animosità religiose; al di fuori il proselitismo si getta ciecamente innanzi senza conoscere o senza notare gli effetti funesti allo scopo stesso della religione, come pure agli altri obietti desiderabili, che spesso producono i mezzi impiegati. Quanto alla carità, è una materia nella quale l’effetto immediato sulle persone che si vogliono soccorrere e la conseguenza pel bene generale sono spesso in contraddizione l’uno coll’altro. L’educazione data alle donne contemplando il cuore piuttosto che l’intelligenza, e l’abitudine, ch’esse portano da tutte le circostanze della vita, di considerare gli effetti immediati sulle persone, non gli effetti lontani sulle classi di persone, le rendono incapaci a vedere, e mal preparate a riconoscere le tendenze meno buone di una forma di carità o di filantropia che si raccomanda alle loro simpatie. La massa enorme e sempre crescente di sentimenti poco illuminati e diretti dalle vedute brevi che tolgono alle genti le cure della propria vita e le dispensano dalle conseguenze fastidiose dei propri atti, distruggono le vere fondamenta delle tre abitudini che consistono nel rispettarsi, nel contare sopra di sè, nell’avere impero sopra di sè, condizioni integranti alla prosperità dell’individuo ed alla virtù sociale. L’azione diretta delle donne e la loro influenza aumentano smisuratamente questo sciupio delle risorse e della benevolenza che producano così il male in luogo del bene. Io non voglio accusare le donne, che dirigono istituti di beneficenza, di essere particolarmente soggette a questo errore. Accade talora che le donne portando nell’amministrazione delle carità pubbliche, questa osservazione dei fatti presenti e sopra tutto dello spirito e dei sentimenti di quelli coi quali sono in rapporto immediato, osservazione nella quale le donne sono d’ordinario superiori agli uomini, riconoscono nel modo più lucido, l’azione demoralizzatrice della limosina e del soccorso, e potrebbero insegnarla a parecchi economisti dell’altro sesso. Ma le donne che si limitano a dare dei soccorsi e non si mettono faccia a faccia cogli effetti che producono come potrebbero desse prevederli? Una donna nota nella sorte attuale delle donne, e che se ne contenta come potrebb’ella apprezzare il bene dell’indipendenza? Ella non è indipendente e non ha imparato ad esserlo; il suo destino è di ricevere tutto dagli altri, perchè dunque quel che è buono per lei, non lo sarebbe pei poveri? Il bene non le appare che sotto una sola forma, quella di un beneficio che discende da un superiore. Ella dimentica che ella non è libera e che i poveri lo sono: che se loro si dà il fa bisogno senza ch’essi lo guadagnino, non sono più costretti a guadagnarlo; che tutti non possono essere oggetti delle cure di tutti, ma che è d’uopo che le persone abbiamo dei motivi, che le spingono a prendersi cura di se stessi, e che la sola carità, che sia definitivamente una carità è quella che aiuta il povero ad aiutarsi da sè, se ne è fisicamente capace.

Queste considerazioni mostrano come la parte che le donne prendono alla formazione generale dell’opinione acquisterebbe ad essere rischiarata da un’istruzione più larga ed una pratica cognizione delle cose che l’opinione delle donne influenza: sarebbe questo il risultato necessario della loro emancipazione sociale e politica. Ma il miglioramento che l’emancipazione produrrebbe per l’influenza che ogni donna esercita nella famiglia sarebbe ancora più considerevole.

Si dice spesso che nelle classi più esposte alla tentazione, l’uomo è trattenuto nella via dell’onestà e della buona condotta per la moglie e pei figli, tanto per l’influenza della prima, quanto per l’interesse ch’egli sente pel bene dei suoi. Sarà così senza dubbio, ed è così sovente di coloro che sono più deboli che cattivi; e questa benefica influenza sarebbe fortificata e conservata da leggi d’eguaglianza; essa non discende dalla servitù della donna, essa è all’opposto svigorita dal disdegno che gli uomini inferiori sentono sempre in fondo al cuore per coloro che sono soggetti al loro potere. Ma se ci eleviamo nella scala sociale, noi arriviamo in una sfera di motori affatto diversi. L’influenza della moglie tende effettivamente ad impedire al marito di decadere dal tipo che gode l’approvazione generale nel paese, ma tende altrettanto energicamente ad impedirgli di elevarsi al disopra. La donna è l’ausiliare dell’opinione pubblica volgare. Un uomo congiunto ad una donna che gli è inferiore in intelligenza, trova in essa una palla da cannone da trascinare, e peggio ancora una forza di resistenza da vincere, tutte le volte che aspira a divenir migliore che l’opinione pubblica non pretende. Non è guari possibile ad un uomo così incatenato di pervenire ad un eminente grado di virtù. S’egli differisce d’opinione dalle masse, s’egli vede delle verità la cui luce non è loro per anco visibile, o s’egli sente nel suo cuore principi, che si onorano colla bocca, e s’egli vuole conformarvi la sua vita con più coscienza che non la pluralità degli uomini, egli trova nel matrimonio il più deplorabile degli ostacoli a meno che sua moglie non sia al par di lui superiore al livello comune.

Infatti, in primo luogo, gli è d’uopo sempre sacrificare alcun che della sua fortuna, o delle sue relazioni, forse gli sarà anche d’uopo di arrischiare i suoi mezzi d’esistenza. Questi sacrifici, questi rischi, egli li affronterebbe se non si trattasse che di lui, ma prima di imporle alla sua famiglia egli si arresterà; la sua famiglia, è la sua moglie e le sue figlie, poichè egli spera sempre che i suoi figli divideranno i suoi sentimenti, ch’essi potranno far senza di quello di cui egli può far senza, e ne faranno volentieri il sacrificio alla medesima causa. Ma queste figlie, il loro matrimonio dipenderà dalla sua condotta; ma sua moglie è incapace di penetrare il fondo delle cose per le quali egli fa questi sacrifici; s’ella crede che questa causa li valga è unicamente per amore e per fiducia in lui, ella non può dividere l’entusiasmo che lo trasporta o l’approvazione che la sua coscienza gli dà; mentre quello ch’egli vuol sacrificare è il più prezioso per lei. L’uomo migliore e disinteressato esisterà lunga pezza prima di far ricadere sulla consorte le conseguenze della sua scelta. Quand’anche non si trattasse di sacrificare il benessere della sua vita, ma solo la considerazione sociale, il fardello che peserebbe sulla sua coscienza sarebbe ancora troppo grave. Chiunque ha moglie e figli ha dato degli ostaggi all’opinione del mondo. L’approvazione di questa potenza può essere per un uomo un oggetto indifferente, ma per sua moglie è un oggetto molto importante. L’uomo può mettersi al disopra dell’opinione o consolarsi dei suoi giudizi coll’approvazione di quelli che pensano come lui; ma a sua moglie ed alle sue figlie egli non può offrire alcun compenso. La tendenza press’a poco invariabile che porta la donna a mettere la sua influenza dal lato nel quale si acquista la considerazione del mondo, le è stata sovente rimproverata; vi si è visto un tratto di debolezza e di puerilità. Questo rimprovero è certamente una grande ingiustizia. La società fa dell’intera vita delle donne nelle classi agiate, un sacrificio perpetuo; essa esige ch’essa comprima incessantemente le sue naturali inclinazioni, ed in compenso di tutto quel che si potrebbe sovente chiamare un martirio, essa non le dà che la considerazione. Ma la considerazione della donna non si scinde mai da quella del marito; e, dopo ch’ella l’ha comprata e pagata, ella se ne vede ancora privata per ragioni delle quali non può sentire la potenza. Ella ha sacrificato tutta la sua vita e suo marito non può sacrificarle un capriccio, una singolarità una eccentricità che il mondo non riconosce e non ammette, che è pel mondo una follìa se non peggio. Il dilemma è crudele sopratutto per questa classe meritevolissima d’uomini che senza possedere i talenti che permettono di figurare fra quelli di cui dividono le opinioni, li sostengono per convinzione, si sentono tenuti per onore e coscienza a servirli, a far professione della loro credenza, ad impiegarvi il loro tempo ed il loro lavoro e ad aiutare tutte le imprese che si tentano in loro favore. La loro posizione è ancora più imbarazzante quando questi uomini sono d’un rango e d’una posizione che da sè stessi, non danno loro nè loro chiudono l’accesso, di ciò che si chiama la migliore società. Quando la loro ammissione in questa società dipende da quel che si pensa di loro personalmente, per quanto siano irreprensibili le loro abitudini, s’essi hanno opinioni, e se tengono in politica una condotta, non ammessa da quelli che danno l’intonazione alla società, tanto basta, è per essi una ragione d’esclusione. Molte donne si lusingano, nove volte su dieci, e a tutto torto, che nulla impedisca ad esse ed ai loro mariti di penetrare nella più alta società locale, dove persone di loro conoscenza e della loro stessa classe si mischiano facilmente; ma sgraziatamente i loro mariti appartengano ad una Chiesa dissidente, o sono in voce di mischiarsi di politica radicale, che si vuole denigrare chiamandola demagogica. È questo, pensano desse, che impedisce ai loro figli d’ottenere un posto, od un avanzamento nell’armata; alle loro figlie di trovar buoni partiti; a loro stesse ed ai loro mariti di ricevere inviti, forse di vedersi conferire dei titoli, poichè esse non vedono che cosa le renderebbe meno degni degli altri. Con tale un’influenza in ciascuna casa, sia ch’ella si eserciti apertamente, o ch’essa agisca con tanta maggior potenza, quanto meno si rivela, è egli da meravigliare, se si ritarda in mezzo a questa mediocrità del come si deve che diviene il carattere saliente dei tempi moderni?

V’è un altro lato funesto, nel quale val la pena di studiare l’effetto, prodotto non direttamente dall’incapacità delle donne, ma per la grande differenza che queste incapacità creano fra la sua educazione ed il suo carattere da una parte, e l’educazione ed il carattere dell’uomo dall’altra. Nulla è più sfavorevole a questa unione di spiriti e di sentimenti che è l’ideale del matrimonio. Una società intima fra persone radicalmente diverse è una chimera. La differenza può attirare, ma è la somiglianza che trattiene, ed è in ragione della somiglianza che ciascuno degli sposi è atto a fare la felicità dell’altro. Finchè le donne saranno così diverse dagli uomini, qual meraviglia che gli uomini egoisti sentano il bisogno di possedere un potere arbitrario per arrestare in limine un conflitto d’inclinazione che deve durare tutta la vita, decidendo tutte le questioni in favore delle loro personali preferenze? Quando gli individui non si assomigliano affatto difficilmente può esservi fra loro alcuna reale identità d’interesse. Ora v’è spesso fra i coniugi delle differenze decise nell’opinione ch’esse si fanno delle più alte questioni del dovere. Che cosa è più una unione coniugale ove possano prodursi simili divergenze? Questo accade tuttavia sovente, dovunque le donne hanno convinzioni serie e sentonsi tenute ad obbedire. Ciò s’incontra spesso nei paesi cattolici, dove la donna trova nel suo disaccordo col marito un appoggio nell’unica altra autorità davanti alla quale ha imparato a curvarsi. Gli scrittori protestanti e liberali, colla solita ingenuità del potere che non è avvezzo a vedersi discutere, attaccano l’influenza dei preti sulle donne, meno perch’ella stia cattiva in sè stessa, che perchè essa è per l’infallibilità di quella del marito una rivale che eccita la donna alla rivolta. In Inghilterra vedonsi talvolta dei dissensi analoghi, quando una donna evangelica ha per marito un uomo che ha altre idee. Ma generalmente si si sbarazza da questa causa di dissenso, riducendo lo spirito della donna ad una tal nudità ch’ella non abbia altra opinione che quella del suo mondo, o quella che il marito le soffia. Quand’anche non vi fosse differenza d’opinioni una semplice differenza di gusti può ridurre, e di molto, la felicità coniugale. Si stimolano gl’istinti amorosi degli uomini, ma non si prepara la felicità del matrimonio, esagerando colle differenze dell’educazione quelle che possono risultare naturalmente dalla differenza dei sessi. Se gli sposi sono individui bene allevati e di buona condotta, essi si privano reciprocamente dei loro gusti; ma è una tolleranza simile che si ha in veduta quando si entra nel matrimonio? Queste differenze d’inclinazione ispireranno loro naturalmente desideri diversi su pressochè tutte le questioni interne se esse non sono represse dall’affetto o dal dovere. I due coniugi vorranno forse frequentare e ricevere società diverse. Ciascuno cercherà le persone che dividono i suoi gusti; le persone aggradevoli all’uno saranno indifferenti o sgradevoli all’altro; e non si può tuttavia fare che due sposi abbiano relazioni diverse, essi non possono vivere in parti separate della medesima casa, nè ricevere ciascuno diversi visitatori, come al tempo di Luigi XV. Essi non possono che avere diverse vedute sull’educazione dei figli; ciascuno vorrà veder riprodotti nei figli i suoi sentimenti: si farà forse fra essi un compromesso pel quale ciascuno si appagherà di una mezza soddisfazione, oppure la donna cederà, sovente con vivo rammarico, sia ch’ella rinunci, sia ch’ella insista nel contrariare sotto mano l’opera del marito.

Sarebbe senza dubbio, estrema follia il credere che queste discrepanze, di gusti e di sentimenti non esistono, se non perchè le donne sono allevate altrimenti che gli uomini, e che, in altre circostanze, che si potrebbero imaginare, non vi avrebbero queste dissonanze. Ma non si soverchiano i limiti della ragione dicendo, che sono immensamente infinitamente aggravate da quelle dell’educazione e rese irrimediabili. Coll’educazione che le donne ricevono, un uomo ed una donna non possono che ben di rado trovar l’uno nell’altro una simpatia reale di gusti e di desideri negli affari di tutti i giorni. Essi devono rassegnarvisi senza speranza e rinunciare a trovare nel compagno della loro vita questo idem velle, questo idem nolle che è per tutti il vincolo di una vera associazione: oppure se l’uomo vi giunge non è che scegliendo una donna di sì completa nullità che non abbia nè velle nè nolle, e si senta sempre tanto disposta ad una cosa quanto all’altra, purchè le si dica che cosa deve fare. Questo stesso calcolo può anche non riescire; la stupidità, e la debolezza non sono sempre una guarentigia della sommessione che si aspetta con tanta fiducia. Ma quando anche fosse, è questo l’ideale del matrimonio? Che cosa si dà egli l’uomo così, se non un’ancella od una padrona? Al contrario, quando due individui in luogo di non essere nulla son qualche cosa, quando si affezionano l’una all’altra, e non sono troppo dissimili, la parte che prendono frequentemente alle stesse cose, aiutate dalla mutua simpatia, sviluppa i germi di attitudini che ciascuno porta ad interessarsi di cose che non interessavano dapprima che l’altro; e produce poco a poco in entrambi una parità di gusti e di caratteri, modificando in una data misura, e che è più arricchendo le due nature, aggiungendo alla capacità dell’uno quella dell’altro. Questo accade spesso fra due amici dello stesso sesso che vivono molto insieme, e si produrrebbe comunemente ed anzi più comunemente nel matrimonio, se l’educazione, non diversificando tutto in tutto nei due sessi, non rendesse un’unione ben assortita press’a poco impossibile. Una volta guarito questo male quali che siano le altre differenze di gusti che dividono ancora gli sposi, vi sarebbe, in genere, unità ed unanimità sulle questioni che toccano ai grandi interessi della vita. Quando i due s’interessano parimenti a questi grandi oggetti, si prestano mutua assistenza, s’incoraggiano l’un l’altro in tutto quel che li concerne mentre le altre questioni nelle quali i loro gusti differiscono sembrano loro accessori; vi ha una base per un’amicizia solida e duratura, che farà che in ogni cosa, tutta la vita durante, ciascuno degli sposi preferirà il piacere dell’altro al proprio.

Io non ho considerato che la perdita della felicità e dei beni dell’unione coniugale, che risulta dalla semplice differenza tra la moglie ed il marito: ma v’è una cosa che aggrava prodigiosamente le male tendenze della dissomiglianza, è l’inferiorità. La semplice dissomiglianza quando non consiste che in differenze fra qualità buone, può fare un bene maggiore, favorendo lo sviluppo dei coniugi l’uno per l’altro, che non portare del male per lo sconcerto del loro benessere. Quando ciascuno degli sposi rivalizza coll’altro, desidera d’acquistare le qualità particolari che gli mancano, vi fa degli sforzi, la differenza che sussiste fra essi non produce una diversità d’interessi, ma rende l’identità d’interesse più perfetta, ed ingrandisce la parte che ciascuno gioca nella felicità dell’altro. Ma quando l’uno dei due sposi è di molto inferiore all’altro, nella intelligenza ed in educazione, e che non cerca attivamente coll’assistenza dell’altro di innalzarsi al suo livello, l’influenza intera dell’unione intima sullo sviluppo di quello che è superiore è funesta, e più funesta ancora, in un’unione felice che in una unione infelice. Non impunemente il più intelligente si condanna a vivere con chi gli è molto inferiore, che sceglie per suo intimo ed unico compagno. Ogni compagnia che non eleva, abbassa; e più è famigliare ed intima, e più ha questo risultato. Un uomo realmente superiore comincia quasi sempre a perdere del suo valore quando è re della sua società. Il marito unito ad una donna inferiore a lui, è sempre re nella sua società la più abituale. Da una banda il suo amor proprio è sempre appagato, dall’altra, egli adotta insensibilmente le maniere di sentire e di giudicare di spiriti più volgari e limitati. Questo male differisce da quelli che abbiamo finora esaminati in quanto tende ad aumentare. L’associazione degli uomini colle donne nella vita di ciascun giorno, è ben più stretta e completa che altre volte. Dapprima gli uomini attendevano fra loro ai piaceri ed alle occupazioni di loro scelta, e non davano alle donne che una piccola parte della loro vita. Oggi i progressi della civiltà, e la reazione che l’opinione ha fatto contro i passatempi grossolani, e gli eccessi della tavola che riempivano poco stante gli ozi della pluralità degli uomini, ed aggiungiamo pure il raffinarsi dei sentimenti moderni sulla reciprocanza dei doveri che legano il marito alla moglie, hanno condotto l’uomo a chiedere alla sua casa ed alle persone che l’abitano i piaceri e la compagnia di cui ha bisogno; d’altro lato il genere ed il grado di perfezionamento che s’è operato nell’educazione delle donne le ha rese in una data misura capaci di servir da compagne ai loro mariti nelle cose dello spirito, lasciandole nella pluralità dei casi irrimediabilmente inferiori. È per tal modo che il marito desideroso di una comunione intellettuale trova per soddisfarsi una comunione nella quale non impara nulla: una compagnia che non perfeziona, che non istimola, che prende il posto di quella che sarebbe stato suo dovere di ricercare, la società dei suoi eguali nelle facoltà dello spirito e nell’elevatezza delle vedute. Così si vedono giovani di belle speranze cessare di perfezionarsi col matrimonio; e dacchè si cessa di perfezionarsi, si degenera. La donna che non spinge innanzi il marito lo trattiene. Il marito cessa d’interessarsi a ciò che non ha interesse alcuno per sua moglie; egli non desidera più, ben presto non ama più e finalmente fugge la società che divideva le sue prime aspirazioni e che lo farebbe vergognare di averle abbandonate; le più nobili facoltà del suo cuore e del suo spirito cessano d’agire, e questo cangiamento coincidendo cogli interessi nuovi ed egoisti creati dalla famiglia, egli non differisce più, dopo alcuni anni, in alcun punto essenziale da coloro che non hanno mai avuto altro desiderio che di soddisfare una vanità volgare e l’amore del lucro.

Che sarebbe il matrimonio di due persone istruite colle stesse opinioni, le stesse vedute, eguali della stessa specie d’eguaglianza, quella che dà la somiglianza delle facoltà e delle attitudini, ineguali soltanto pel grado di sviluppo di queste facoltà, l’una vincendo per questa e l’altro superando per quella: chi potrebbe assaporare la voluttà di innalzare l’uno verso l’altro occhi pieni d’ammirazione e gustare a vicenda il piacere di guidare la compagna e di seguirla nel sentiero del perfezionamento? Io non tenterò di tracciarne il quadro. Gli spiriti capaci di rappresentarselo non hanno bisogno dei miei colori, gli altri non vi vedrebbero che il sogno d’un entusiasta. Ma io sostengo colla convinzione più profonda che là soltanto sta l’ideale del matrimonio: e che tutte le opinioni, tutti i costumi, tutte le istituzioni che ne mantengono un’altra o rivolgono le idee e le aspirazioni che vi sono inerenti in un’altra direzione, qualunque sia il pretesto che usano a colorirla, sono vestigii della barbarie originaria. La rigenerazione morale dell’umanità non comincerà realmente se non quando la fondamentale fra le relazioni sociali, sarà sottoposta alla legge dell’eguaglianza, e quando i membri dell’umanità impareranno ad aversi obietto della più viva simpatia un eguale in diritto ed in lumi.

Pigliando a disamina il bene che il mondo guadagnerebbe a non più fare del sesso una ragione d’incapacità politica ed un marchio di servitù, noi ci siamo fin qui occupati meno dei beneficii particolari, che di quelli che la società potrebbe ritrarne, cioè, l’aumento del fondo generale del pensiero e dell’azione, ed un perfezionamento delle condizioni dell’associazione degli uomini e delle donne. Ma sarebbe apprezzare imperfettamente questo progresso il non tener conto d’un bene più diretto, cioè, il guadagno incalcolabile che farebbe la metà liberata della specie, la differenza che v’ha per lei fra una vita di soggezione alla volontà altrui, ed una vita di libertà fondata sulla ragione. Dopo le necessità di primo ordine, il cibo e il vestimento, la libertà è il primo superiore bisogno della natura umana. Finchè gli uomini non avevano diritti legali, essi agognavano ad una libertà senza limiti. Dacchè hanno imparato a comprendere il senso del dovere, ed il valore della ragione, essi tendono di più in più a lasciarsi guidare dal dovere e dalla ragione nell’esercizio della loro libertà; ma non desiderano meno la libertà, e non sono disposti ad accettate l’altrui volontà qual rappresentante ed interprete di questi principii regolatori. Al contrario le comunità dove la ragione è stata più coltivata e dove l’idea del dovere sociale è stata più possente sono le stesse che hanno più fermamente affermato libertà d’azione dell’individuo, la libertà di ciascuno a regolare la sua condotta dietro il sentimento che ha del dovere, e dietro le leggi e norme sociali alle quali la sua coscienza può sottoscrivere.

Per apprezzare al suo valore l’indipendenza della persona come elemento di felicità, consideriamo quel che vale ai nostri occhi pel nostro proprio benessere. Non v’ha argomento sul quale i criteri differiscono maggiormente secondo che si tratta d’altrui o di noi stessi. Quando si ode qualcuno lagnarsi di non avere la sua libertà d’azione, che la sua propria volontà non ha bastante influenza sui propri affari, si è portati a domandarsi: di che cosa soffre egli, colui? Qual danno reale ha subito? in che cosa può egli dire che i suoi affari siano mal amministrati? E se rispondendo a queste questioni, non si giunge a mostrarci un danno che ci sembri sufficiente, noi chiudiamo l’orecchio, e riguardiamo quelle querele come l’effetto del malcontento di un individuo che non potrebbe soddisfarsi con nessuna ragionevole concessione. Ma noi abbiamo una tutt’altra maniera di giudicare allorchè si tratta di pronunciare in causa nostra. Allora l’amministrazione più irreprensibile dei nostri interessi pur fatto dal tutore che ci è dato non ci appaga punto; noi stiamo esclusi dal consiglio che decide, ecco il maggior dei gravami, e non ci sentiamo il bisogno, di dimostrare che l’amministrazione è cattiva. È lo stesso delle nazioni. Qual cittadino di libero paese vorrebbe prestare orecchio alle offerte di una buona ed abile amministrazione, ch’egli dovrebbe pagare colla sua libertà? Quand’anche egli credesse che un’amministrazione buona ed abile possa esistere presso un popolo governato da altra volontà che la propria, la coscienza ch’egli ha di fabbricarsi il suo destino sotto la sua morale responsabilità, sarebbe un compenso che cancellerebbe ai suoi occhi molte imperfezioni nei particolari della pubblica amministrazione. Siamo certi che tutto ciò che noi sentiamo in questo, lo sentono le donne allo stesso grado. Tutto quel che fu scritto da Erodoto fino ai nostri giorni dell’influenza dei governi liberi sugli spiriti ch’essa nobilita; sulle facoltà ch’ella eleva; sui sentimenti e l’intelligenza ai quali presenta oggetti più vasti e di maggiore portata; sull’individuo al quale ispira un patriottismo più disinteressato, viste più larghe e più serene del dovere, e ch’essa fa vivere, per così dire, ad un livello superiore nella vita del cuore, dello spirito e della società: tutto questo è tanto vero per la donna quanto per l’uomo. Forse chè queste cose non sono parte della felicità individuale? Rammentiamo quel che abbiamo provato escendo d’infanzia, e dalla tutela e minuta direzione dei genitori, fossero pur essi teneri ed amati, ed entrando nella responsabilità della vita virile. Non ci è egli sembrato che ci si sbarazzasse da un grave peso, che ci si togliessero catene incomode se non dolorose? Non ci siamo noi sentiti due volte più vivi, due volte più uomini che non per l’addietro? Forse che si si figura che la donna non ha alcuno di questi sentimenti? Ma tutti sanno che le soddisfazioni e le mortificazioni dell’orgoglio personale, che sono tutto assolutamente per la pluralità degli uomini quando si tratta di loro stessi, sono contati per nulla e non sembrano motivi più sufficienti per legittimare le azioni quando si tratta d’altri, che qualsiasi altro natural sentimento dell’uomo. Forse perchè gli uomini, li decorano, quando si tratta di sè stessi, dei nomi di tante altre qualità, sentono di rado la potenza colla quale questi sentimenti dirigono la vita? Accertiamoci, che l’importanza di questi sentimenti non è men grande e meno potente nella vita delle donne. Le donne sono istruite a sopprimerli nell’indirizzo ov’essi troverebbero l’impiego più naturale e più sano, ma l’interno principio rimane e si rivela all’esterno sotto altre forme. Un carattere attivo ed energico che vede rifiutarsi la libertà cerca il potere: privo dell’arbitrio di sè, cerca affermare la propria personalità tentando governare gli altri. Non accordare a delle persone alcuna esistenza propria, non permettere loro l’esistenza che sotto la dipendenza altrui, è incoraggiarle troppo a sottomettere altri ai suoi disegni. Quando non si può sperare la libertà, ma che si può mirare al potere, il potere diviene il grande obietto della vita dell’uomo; quelli ai quali non si lasciano amministrare i propri affari si soddisfano occupandosi degli altrui con vedute egoiste. Di là deriva eziandio la passione delle donne per la bellezza, gli ornamenti, l’ostentazione, e tutti i mali che ne sgorgano sotto le forme del lusso e dell’immoralità sociale. L’amor del potere e l’amore della libertà sono in eterno antagonismo. Dove la libertà è minima, la passione del potere è più ardente e spudorata. Il desiderio del potere non può cessare d’essere una forza depravante nella specie umana se non quando ciascun individuo potrà fare i suoi affari senza impadronirsene; il che non può essere che nei paesi dove la libertà dell’individuo nei suoi proprii affari è un principio riconosciuto.

Ma non è solo il sentimento della dignità personale che fa della libera disposizione e della libera direzione delle proprie facoltà una fonte di felicità, e della loro servitù una fonte d’infelicità per l’uomo non meno che per la donna. Dopo la malattia, l’indigenza ed il sentimento della colpabilità non v’ha nulla di sì fatale alla felicità della vita che la mancanza di una vita onorevole e di un’uscita per le facoltà attive. Le donne che hanno una famiglia da curare, per tutto il tempo che questo incarico pesa sopra di loro, vi trovano un impiego per la loro attività, e questo generalmente basta; ma qual’uscita per quelle donne ogni giorno più numerose che non hanno avuto occasione di esercitare la vocazione che si chiama, per canzonatura certamente, la loro vocazione? Qual campo d’attività per le donne che hanno perduto i loro figli, tolti dalla morte, o allontanati dagli affari, od ammogliati e fondatori di nuove famiglie? Vi sono molti esempi d’uomini che dopo una vita data agli affari, si ritirano con una fortuna che permette loro di godere, quel che credono riposo, ma che incapaci di darsi nuovi interessi e nuovi motori per rimpiazzare gli antichi, non trovano nel loro cangiamento di vita che noie, tristezze e morte prematura. Tuttavia, non par che alcuno pensi che una sorte analoga aspetta un gran numero di donne degne e devote alla famiglia, che hanno pagato quel che si afferma, dovere le donne alla società, ed allevato i loro figli in modo irreprensibile, diretto la loro casa, finchè avevano una casa da dirigere, e che, abbandonate da questa occupazione unica per la quale erano state formate, restano con una intera attività, ormai senza impiego, a meno forse che una figlia, od una nuora non vogliano abdicare in favor loro l’esercizio di queste funzioni nella giovine casa. Triste destino certamente per la vecchiaia delle donne che hanno degnamente compito, finchè ne hanno avuto l’incarico, ciò che il mondo chiama il loro unico dovere sociale. Per queste e per quelle alle quali questo dovere non fu assegnato che languiscono per la maggior parte tutta la vita, colla coscienza di una vocazione attraversata e d’una attività alla quale si è impedito di manifestarsi, non vi è altra risorsa in generale che la religione e la carità. Ma la loro religione, tutta di sentimento e di osservanze religiose, non porta all’azione, se non sotto la forma di carità. Molte donne sono assai ben dotate, per la carità, dalla natura, ma per praticarla utilmente od anche senza produrre mali effetti, è d’uopo l’educazione, la preparazione complessa, le cognizioni e le facoltà di spirito, di un abile amministratore. Vi sono poche funzioni nell’amministrazione e nel governo alle quali non sia atta una persona capace di ben fare la carità. In questi ed in altri (e principalmente nell’educazione dei fanciulli) le donne non possono adempiere convenevolmente i doveri che loro si riconoscono, a meno d’essere state allevate in modo da adempir quelli che loro sono vietati, a gran detrimento della società. Mi si conceda qui di ricordare il bizzarro quadro che fanno della questione delle incapacità delle donne, coloro che trovano più comodo di scherzare su quel che non amano, che di rispondere adeguatamente agli argomenti. Quando si dice che i talenti delle donne pel governo, e la prudenza dei loro consigli sarebbero utili negli affari di Stato, i nostri faceti avversari, ci invitano a ridere allo spettacolo di un gabinetto ove seggono delle fanciulle di diciotto o diciannove anni e delle giovani donne di ventidue o ventitrè che passano puramente e semplicemente dalla loro sala alla camera dei Comuni. Essi dimenticano che gli uomini non sono chiamati a questa età a sedere in parlamento, ed a fungere funzioni responsabili. Il solo buon senso dovrebbe suggerir loro che se tali funzioni fossero affidate alle donne, lo sarebbero a quelle che non avendo vocazione speciale pel matrimonio o preferendo impiegare altrove i loro talenti (come pur si vedono ai dì nostri molte donne preferire al matrimonio qualcuna delle rare occupazioni loro concesse) avrebbero spesi i migliori anni di gioventù a rendersi capaci di camminar nella via nella quale vogliono impegnarsi: vi si ammetterebbero per lo più delle vedove, o donne maritate di quaranta o cinquant’anni, che potrebbero con istudi convenevoli, utilizzare su teatro più vasto, l’esperienza ed il talento di governo acquisiti nella loro famiglia. Non v’è paese in Europa dove gli uomini più capaci non abbiano provato frequentemente ed apprezzato grandemente il valore dei consigli e dell’aiuto delle donne pel successo degli affari privati e pubblici. Vi sono eziandio importanti questioni d’amministrazione per le quali pochi uomini hanno altrettanta capacità di certe donne, fra le altre la direzione del corrente delle spese. Ma quello di cui ora ci occupiamo, non è il bisogno che la società ha dei servizii delle donne negli affari pubblici, è la vita offuscata e senza scopo alla quale le condanna così sovente vietando loro l’esercizio dei talenti che molte fra loro si sentono per gli affari in un campo più vasto che quello di oggi, campo che non fu aperto mai che ad alcune, e chiuso a tutte. Se qualche cosa ha una vitale importanza per la felicità degli uomini è che sia loro possibile amare la loro carriera. Questa condizione di felicità è imperfettamente garantita o rifiutata completamente ad una gran parte dell’umanità, ed in difetto di questa condizione, quante vite non sono che fallimenti, nascosti sotto la maschera della fortuna. Ma se circostanze che la società non ha ancora l’accortezza di dominare rendono spesso questi fallimenti inevitabili al presente, nulla obbliga la società ad infliggerli ella stessa. Parenti inconsiderati, inesperienza giovanile, difetto di occasione per isvelare la vocazione naturale, ed all’opposto una occasione sgraziata per ispingere ad una vocazione antipatica, condannano quantità d’uomini a passare la loro vita in occupazioni che eseguiscano male e con ripugnanza, mentre tante altre ve ne sono che avrebbero eseguite con gioia e con successo. Questa condanna è la legge (o consuetudini forti quanto le leggi) che la pronuncia contro le donne. Ciò che nelle società dove i lumi non hanno penetrato, è il colore, la razza, la religione, o la nazionalità nei paesi conquistati, per certi uomini, il sesso lo è per tutte le donne: è una esclusione radicale da quasi tutte le occupazioni onorevoli, quelle sole eccettuate che non possono essere eseguite da altri, o che questi altri non trovano degne di loro. I patimenti provenienti da questa sorta di cause incontrano d’ordinario così poca simpatia, che poche persone hanno conoscenza della massa di dolori che produce oggi ancora il sentimento d’una vita sciupata; questi dolori si faranno più frequenti ed intensi a misura che l’incremento dell’istruzione aumenterà la sproporzione, fra le idee e le facoltà delle donne e lo scopo che la società riconosce alla loro attività. Quando consideriamo il male positivo cagionato ad una metà della specie umana dall’incapacità che la colpisce, dapprima la perdita di ciò che v’ha di più nobile e realmente appagante nella felicità personale, ed in seguito, il disgusto, la decezione, il malcontento della vita, che ne prendono il luogo, noi sentiamo che, di tutto ciò che gli uomini hanno d’uopo per lottare contro le miserie inevitabili della loro porzione sulla terra, nulla v’ha di più urgente che imparare a non aggiungere ai mali che la natura ci fa subire, per soddisfare gelosie e pregiudizii, restringendo mutuamente la loro libertà. I nostri vani timori non fanno che sostituire ai mali che temiamo senza ragione altri mali e peggiori, mentre che restringendo la libertà d’una dei nostri simili per altri motivi che per domandargli conto dei mali reali che ha cagionati servendosene, noi dissecchiamo d’altrettanto la fonte principale dalla quale gli uomini attingono la felicità, ed impoveriamo l’umanità sottraendole i più inestimabili dei beni che rendono la vita preziosa ai suoi membri.