La storia di Colombo narrata alla gioventù ed al popolo/VII

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VII. La prima scoperta

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VI VIII


Per timore di dare in qualche secca o in terra senza avvedersene, l’Ammiraglio diede ordine che da mezzanotte al primo chiaro del giorno le navi rimanessero in panna; e la sera dell’11 ottobre fece conoscere all’equipaggio che doveva essere grato a Dio della buona navigazione fatta e come stesse per aver ricompensa delle fatiche sostenute: promise una giubba di velluto in aggiunta ai 10 mila maravedi di pensione promessi dai Reali di Spagna a chi primo segnalasse terra; e salito poscia sul castello di poppa vi rimase sempre in attenzione col cuore palpitante.

Alle ore dieci gli parve vedere un lumicino condotto a mano da qualcuno o sopra un battello, la qualcosa gli fe’ ritenere essere in vicinanza la terra. Chiamò Pietro Guttierez, gentiluomo di camera del re, che vide lo stesso lumicino; chiamò ancora un altro e questi pure lo vide; onde non ebbe più alcun dubbio sulla vicinanza della terra. Alle due dopo la mezzanotte un colpo di cannone della Pinta segnalò la terra scoperta.

Ai primi albori del mattino Cristoforo Colombo e i suoi si videro innanzi una vastissima isola ricca di splendida vegetazione, tutta a colline e vallate graziose, popolata di gente nuda che accorreva alla spiaggia a mirare il nuovissimo fenomeno.

Gettate le ancore a poca distanza da terra, e messe in mare le imbarcazioni, su queste discese l’Ammiraglio vestito nel ricco ed elegante costume del suo grado, seguito dai comandanti delle altre due navi, dagli ufficiali e da alcuni marinai armati, e quindi sbarcò sulla prima terra che egli aveva vaticinato.

L’Ammiraglio teneva in una mano la bandiera di Spagna, nell’altra la spada sguainata. Baciò la terra, ringraziò l’Altissimo per l’esito felice della spedizione e quindi colle debite forme dichiarò di prender possesso del paese, cui diede il nome di S. Salvatore, in nome dei Reali d’Aragona e Castiglia. Subito i comandanti delle altre navi, tutti gli ufficiali e gli equipaggi prestarono giuramento di fedeltà a Colombo quale Vicerè e Grande Ammiraglio, e non pochi gli si inginocchiarono a’ piedi chiedendo perdono della propria ribellione.

Intanto i selvaggi abitatori dell’isola stavano in distanza, guardando stupefatti e timorosi quella gente che a loro pareva scesa dal cielo; ma poi visto che nessuno li perseguitava, si avvicinarono confidenzialmente, fino a toccare gli abiti e le spade degli europei. Essi erano ignudi, avevano la pelle color di rame dipinta, erano armati d’aste di legno, coi capelli ritti, occhi vivi e nell’insieme una figura non dispiacevole. Regalati di oggetti di vetro e di colore, campanelli, berretti, se ne mostrarono lietissimi, tanto che il domani tornarono in quantità stragrande attorno agli europei, salendo perfino sulle caravelle. Navigavano su certe barche, dette canoe, fatte di un solo tronco d’albero leggermente scavato, e, a mezzo di pale, vogavano con incredibile velocità.

Richiesti, per segni, dove fosse dell’oro, accennarono verso mezzodì; e da altre notizie che potè ricavare da quei popoli, Colombo si persuase, sebbene erroneamente, di essere in vicinanza della Tartaria, e che quella isola altro non fosse che una porzione di quelle Indie mai visitate, intravedute nelle sue osservazioni.

Colombo girò tutt’attorno all’isola che nella sua relazione descrisse grande, bella, piuttosto in pianura, con piante gigantesche, un lago, molti corsi d’acqua, un porto capace di tutte le navi della Cristianità e cinta da scogliere; ma quale isola sia non si sa precisamente. È senza dubbio una delle Lucaie e forse una delle più piccole, sebbene lo Scopritore la dica vastissima; ma i geografi ancora si dibattono a identificare l’isola detta Guanahani dai selvaggi e S. Salvatore da Colombo.

Presi alcuni selvaggi a bordo, volse le prore ad altre isole che si dicevano poco distanti, e il 16 ottobre ne prese possesso d’una che chiamò S. Maria della Concezione, i cui abitatori, prima spaventati, si lasciarono avvicinare quando ebbero in dono sonagli, pietruzze, qualche pezzo di stoffa colorata.

Lasciata anche quest’isola, si volse ad un’altra più grande verso ponente, cui diede nome di Fernandina dal re Ferdinando d’Aragona ed ora detta Exuma. Quivi avvenne come nell’altre, ma visitandola e non trovandovi ricchezze, la spedizione partì ed arrivò ad una nuova isola che chiamò Isabella, dal nome della regina sua protettrice, presto abbandonandola volgendo verso mezzodì. Il 24 ottobre Colombo era in vista di Cuba, la quale a tutta prima non fu creduta un’isola, ma il paese di Tartaria. Qui pareva vi fosse maggiore civiltà e ricchezza. Venne inviata un’ambasceria al re, credendo che fosse il Gran Kan di Tartaria; ma quando il 6 novembre essa tornò, riferì che internatasi per dodici leghe nel paese non aveva trovato che un misero villaggio, dove gli abitanti furono loro cortesi, ma non vi trovarono le ricchezze desiderate. Vi era abbondantissimo il cotone, il frumento indiano detto mais, del buon mastice; e per la prima volta gli spagnuoli videro quei selvaggi fumare un fascetto di foglie secche, detto Tabacco, dal quale derivò poi il nome dato alla pianta.

Lasciata Cuba, dopo averne un po’ girato la costa, Colombo s’avvide che la Pinta pigliava altra direzione. Il suo comandante lusingato dalla speranza di trovare prima dell’Ammiraglio il paese dell’oro, farne bottino e tornare in patria gloriandosi della scoperta, si era affidato alla guida di uno di quei selvaggi che gli aveva promesso di guidarlo ad un’isola ricca, e quindi deciso ad abbandonare il suo Capo.

Proseguendo il viaggio insieme alla Niña, il 5 dicembre Colombo si diresse verso altra terra, i cui abitanti, a detta dei selvaggi che aveva a bordo, si cibavano di carne umana. Giunti, non trovarono persona, essendo tutti fuggiti alla vista delle navi; volsero un po’ attorno all’isola ricca di bella vegetazione, con una magnifica vallata, e Colombo la volle chiamare Espagnola, più conosciuta sotto il nome di Haiti ed ora di S. Domingo. Ne prese solenne possesso in nome dei Reali di Spagna, la visitò per buon tratto nell’interno e vi trovò buona accoglienza.

Qui la nave dell’Ammiraglio per disattenzione del timoniere incagliò in certe secche, onde per poco non perdevano la vita tutti quanti. Il cacico Guacanagari o il re del paese si dimostrò amico degli Spagnuoli, li volle suoi ospiti, li donò d’oro e di oggetti preziosi; e un po’ per la bontà degli abitanti, un po’ pel clima e la bellezza del paese, Colombo si decise ad impiantarvi una colonia fortificata lasciandovi presidio. Col carcame della nave ammiraglia, la quale per avere incagliato non era più capace di tenere il mare, fu costrutta la fortezza, e Colombo vi lasciò a guardia con sufficienti armi e munizioni un presidio di 40 uomini, raccomandando loro giustizia e onestà. Alla fortezza diede nome di Natività, e dato lo spettacolo di una finta battaglia, che per lo sparo delle artiglierie e degli archibugi impressionò moltissimo quei selvaggi, raccomandato al cacico di essere amico degli spagnuoli, il 4 gennaio 1493 salpò dall’isola sulla Niña per far ritorno in Ispagna.

In quella s’imbattè nella Pinta che aveva tolto oro e prigionieri in altra isola che doveva essere abitata dai temuti Caraibi, mangiatori di carne umana. Vi si drizzò Colombo, e quivi ebbe luogo il primo scontro tra i selvaggi e gli spagnuoli; ma fu cosa di poco momento, che quando questi ultimi si allontanarono definitivamente il 16 del detto mese per riedere in patria, si lasciarono amici.

Quì occorre notare che Cristoforo Colombo compiendo questo e i viaggi seguenti credette di essere approdato alle Indie Occidentali, ad una parte dell’Asia posta verso occidente, non già un Nuovo Mondo, un nuovo Continente. Egli aveva per iscopo di trovare l’Oriente per la via dell’Occidente, di passare dall’Ovest in linea retta alla terra delle spezierie; ma questo errore geografico d’apprezzamento non altera per nulla il merito grandissimo del Navigatore Genovese.