La tecnica della pittura/CAP. VI.

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CAP. VI. L'acquerello ed il pastello

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CAP. V. CAP. VII.
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CAPITOLO VI




L'Aquerello ed il Pastello.


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UE processi una volta considerati minori, l'acquerello ed il pastello, in questi ultimi tempi presero a richiamarsi un'attenzione speciale sulle loro tecniche, tanto più interessanti nei riguardi della durabilità, che è difficile provvedervi sia per la debolezza delle carte su cui si eseguiscono, che per la poca consistenza dei colori che vi si impiegano.

La pittura ad acquerello deve la sua caratteristica fisionomia, fra i vari processi della pittura, alla prevalenza dei colori trasparenti sugli opachi.

Senza questo carattere un dipinto nel quale il bianco del fondo non avesse servito che per la trasparenza delle mezze tinte e degli scuri, mentre i lumi vi fossero ottenuti con tinte a corpo, non sarebbe più che una tempera, perchè fare questione del bianco della carta o del bianco della tela o del bianco del gesso sotto un colore che per quanto [p. 130 modifica]trasparente non lascia più vedere la natura del bianco che gli dà trasparenza sarebbe perfettamente inutile, non essendo il fondo che dà il nome a questo processo, ma la consistenza acquosa delle tinte da cui viene la trasparenza dominante, compresa quella dei lumi.

Niente di più ozioso, in riguardo al merito di un'opera d'arte, della discussione sulla qualità dei mezzi materiali adoperati dal pittore, ma circa le definizioni tecniche e le modalità tecniche che derivano da un determinato processo di dipingere è altro argomento; nè vi è ragione alcuna per fare confusione fra la tempera e l'acquerello, quando universalmente è stabilito che l'acquerello designa l'impiego dei colori per trasparenza sul fondo bianco, ciò che non è condizione prestabilita della tempera.

Bene a ragione il Vibert osserva come i processi di dipingere non siano definiti razionalmente che per l'effetto prodotto in essi dalla quantità dei glutini che diversificano i colori dallo stato secco e polveroso sino alla maggiore, alla completa loro immersione nel conglutinante. Per cui propriamente il pastello è tale se presenta il colore polveroso sostenuto per sola aderenza meccanica, l'acquerello è tale finchè i lumi vi appariscano dovuti al bianco uniforme di fondo dei colori, che influenza anche le mezze tinte e gli scuri, e così la tempera si distingue per l'opacità media dominante nei suoi colori, che non arrivano mai in complesso nè alla vivacità delle tinte chiare del pastello, nè alla trasparenza ed intensità della pittura ad olio, che rappresenta il più intenso aspetto dei colori, solo perchè il glutine oleoso giunge sino ad involgere ogni molecola della sostanza colorante.

L'acquerello dunque se è un processo di dipingere nel quale si utilizza la trasparenza dei colori, ricavandosi i lumi ed ogni senso di luce dalla quantità di bianco della carta [p. 131 modifica]o fondo bianco qualsiasi che si lascia scoperto, le tinte a corpo non vi si possono considerare che come intruse, specialmente nei lumi.

I colori dell'acquerello preparati con gomma arabica, e un po' di glicerina per ostare alla frattura vitrea della gomma arabica, nei casi ove occorra qualche ripetizione di colore, lasciano sempre sottile lo strato generale delle tinte che per la virtù appiccicante della gomma, aderiscono fortemente alla carta, senza che il pittore abbia a preoccuparsi in nessun modo dell'adesione per i suoi effetti in avvenire, contribuendo all'aderenza dei colori la colla delle carte stesse.

In questo genere di pittura il carattere tecnico, fondato sulla sottigliezza delle tinte, si rivela anche dalla durabilità che acquista mantenendo lieve lo strato dei colori, perchè solo questa sottigliezza rende immune l'acquerello dagli inconvenienti usuali delle sovrapposizioni ossia screpolature, disquamazioni, vessiche e seguenti crolli dei colori, ciò che non accadrebbe usando forti tinte a corpo, le quali sarebbero soggette a tutti i pericoli della tempera.

I danni che sovrastano all'acquerello, essendo scongiurati quelli dell'aderenza, sono: le muffe, provenienti da un eccesso di glicerina nei colori e dalla cattiva qualità della colla delle carte; la possibile presenza nella carta di materie capaci di alterare chimicamente i colori, come il cloro, e l'immancabile azione della luce. Giacchè la detta sottigliezza delle tinte, necessaria per la trasparenza, il contributo che l'acquarellista deve chiedere ai vegetali per le tinte più intense e trasparenti, il non prestarsi il processo all'adozione di vernici che darebbero solidità alle lacche, tutte queste condizioni, mettono i colori in balla della luce, e la luce può apportare tali alterazioni all'acquerello da non potersi decidere se non fosse preferibile qualche pezzo distaccato [p. 132 modifica]per le cause comuni degli altri processi a questo privilegio di non distaccarsi dal fondo ma essere deformato nell'intonazione per effetto dei raggi luminosi.

L'idea di applicare i fissativi consueti dei disegni sugli acquerelli non è da consigliarsi finchè i fissativi siano fatti di sostanze che il tempo ingiallisce, per cui è sempre da preferire la maggior cura nella scelta delle carte e dei colori ed un vetro di riparo che non lasci passare la polvere nè ostacoli il rinnnovamento dell'aria, e, specialmente, sottrarre gli acquerelli a tutti quegli eccessi di luce che non sono richiesti per la loro visibilità.

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Il pastello nella sua costituzione fisica e nelle sue relazioni di aderenza al fondo di sostegno, per solito carte preparate ruvide ed assorbenti, o con un vellutato simile a quello delle tappezzerie di carta che imitano il velluto, o tele similmente ridotte, fu illustrato dal Vibert in modo così esauriente da potersi considerare come il processo di dipingere meglio guarentito nei limiti delle sue qualità esteriori, contro la generale tendenza di fissarlo e distruggerne il requisito principale della vivacità e freschezza dei colori.

Costituito da un aggregato di minutissime parti di colore nelle quali la luce libera dall'ostacolo dei glutini, che ne ritardano la velocità di propagazione, si riflette prontamente negli strati superficiali, il pastello ritrae ancora molto della sua chiara e viva apparenza dalla rapidità dell'esecuzione, che permette, lasciando così ad ogni tocco integra la favorevole disposizione molecolare che presenta ogni singolo colore a pastello quando è ancora in matita. [p. 133 modifica]Se vi è processo nel quale si debba intendere alla let- tera il consiglio che il pittore Mulready diede a Ruskin: « Sappi quello che devi fare, è il pastello, perchè su questo colore in particolar modo rimane la traccia della ripetizione incerta, del pestato, così disgustoso in genere, ma sommamente dove si possa arguire una spontaneità mancata nell'artista.

Tuttavia l'uso di confricare i colori colle dita o con lo sfumino infesta questo scorrevole mezzo di dipingere, quanto e peggio non lo si pratichi nel disegno a bianco e nero, con duplice danno. Quello anzitutto che il colore smosso dalla disposizione naturale presa nell'adagiarsi sul vellutato del fondo, crolla assai più facilmente dove fu troppa l'insistenza a sovrapporre colori e più forte il pestare; e l'altro, che si è già detto, di togliere la vivacità del tocco al colore per la diversa direzione molecolare risultante dall'uso delle dita e dello sfumino.

Data una superfice di lavoro così conveniente come seppe e sa offrirla l'industria al pastello nelle varie carte e tele preparate, l'aderenza del colore è assai più forte che non si creda a prima vista, per la legge fisica dell'adesione, che il tempo aumenta, tanto più se il criterio del pittore e lo studio preventivo del proprio soggetto cospirino a far sì che sia eliminata ogni quantità inutile di pastello.

La conservazione mirabile dei pastelli di Rosalba Carriera, di Liotard e tanti altri celebri cultori di questo processo di dipingere, fra i quali il Lomazzo annovera il Leonardo, sono a testimoniare che non scompare tanto facilmente il pastello dal suo fondo se qualche secolo trascorso non impedisce di apprezzare integralmente l'opera di quegli artefici e farla parere come uscita oggi dalle loro matite.

Per un intelligente del genere, il fissaggio, qualunque sia il glutine che lo compone, non compensa colla maggiore [p. 134 modifica]durata che può conferire al pastello la perdita del suo aspetto originale. Come dimostra il Vibert, ed è accessibile alla riflessione di chiunque, il fissaggio, che è l'incastro nel colore di una sostanza appiccicante e di natura diversa dai colori, non può aver luogo senza che si sposti ed alteri l'andamento molecolare del colore ed il suo aspetto, tanto più se la materia conglutinante non fosse trasparente.

Ma per quanto generalmente siano trasparenti i fissativi più in uso, deve avvenire come avviene il fenomeno della minor velocità di propagazione della luce in un mezzo che è più denso di quello già preesistente nei colori del pastello e in ogni modo più denso dell'aria circolante fra le molecole dei colori stessi. Donde un'intensità maggiore di toni che equivale ad un senso di oscurità procurato al dipinto il quale così s'incammina verso l'aspetto della tempera in proporzione del glutine iniettato nei colori.

Avviene ancora che dovendo il fissativo attraversare tutto lo strato dei colori per raggiungere la carta o la tela e stabilirvi uniformemente l'aderenza, nè ciò sia possibile di ottenere, per quanto prudentemente si operi, senza che molti colori si sciolgano, così in ogni luogo dove si sovrappongono colori chiari od oscuri, o tali da dare luogo per miscuglio ad un colore diverso — come il verde, che viene dal mescolare il giallo coll'azzurro — il fissativo non può che agire dannosamente sino a deformare, in certi casi, tutto il pastello e costringere a rifarlo.

Ora tutto il dipinto pastello per la forma a matita del pezzo di colore col quale si dipinge, si può dire sia una sovrapposizione di tratti innumerevoli, dei quali è difficile vedere l'incrocio finchè i tratti sono lasciati nel loro stato opaco polveroso e secco quali escono dalla mano dell'artista, ma che sotto la trasparenza inferta loro dal fissativo neces[p. 135 modifica]sariamente devono mostrarsi e permanere in vario grado di visibilità, con evidente guasto del dipinto. E specialmente per il pittore che scompone i colori anzichè fonderli, o comunque adopera tinte giustapposte, studiate nel loro tono secondo la esatta richiesta dei complementari, l'intrusione di un fissativo che altera in modo causale ogni rapporto, non può essere che in opposizione col più elementare senso d'arte e di criterio tecnico.

Quando alla durabilità materiale dell'opera si dia maggior importanza che al conservarla nell'aspetto d'arte impressovi dall'artista, meglio vale adoperare processi tecnici più solidi e sui quali non sia d'uopo operare contro il proprio sentimento artistico e contro il puro buon senso.

Dalle ragioni esposte si ricava convenire meglio al pastello la adesione naturale prodotta dall'attrito del colore sul piano adottato, e una prudente vigilanza perchè non si sovraccarichi troppo la carta o la tela di colore, essendo evidente che tutto il colore che sporge dal piano di aderenza non può sostenersi e deve cadere al menomo urto cagionato al dipinto.

Le alterazioni particolari ai colori ricadono sotto quelle leggi generali dell'azione della luce e delle influenze atmosferiche, sulle quali non è più d'uopo insistere per persuadere quanto importi il loro modo di scielta e preparazione, e tanto più nei pastelli che la pretesa di averli quanto mai abbaglianti stimola i fabbricatori a sofisticarne la qualità. E considerata infine la delicata aderenza di questi colori al loro piano di sostegno parrebbe superfluo avvertire della necessità di riparare questi dipinti da ogni urto violento, se non accadesse sempre di vedere adoperato il martello sia nel rinserrarli nelle cornici che negli imballaggi per spedirli e nelle operazioni per la loro sospensione alle pareti. Nè quivi si possono dire ancora sicuri, restandovi perma[p. 136 modifica]nente la minaccia del vetro di riparo, tanto facile a rompersi e portare un irreparabile guasto a questo delicatissimo ed attraente modo di pittura che avrebbe soppiantato forse tutti gli altri processi se fosse stato possibile renderlo fisso in modo pratico e durevole.