La tigre della Malesia/Capitolo XX. Il fantasma delle giacche rosse

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Capitolo XX. Il fantasma delle giacche rosse

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Capitolo XX. Il fantasma delle giacche rosse
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CAPITOLO XX

Il fantasma delle giacche rosse


La partita oltre essere compiutamente perduta, minacciava diventare seriamente pericolosa pel pirata. Non era da presumersi che la sentinella, stante la oscurità e la distanza, avesse potuto ben scorgerlo dietro il cespuglio dov'erasi nascosto, tuttavia poteva sparargli addosso almeno per assicurarsi se era stata una visione dell'occhio, o realmente un uomo. L'intimazione si ripeté, ma senza che il soldato scaricasse l'arma e abbandonasse il posto e senza che Sandokan ardisse fare il più piccolo passo. Alla terza, il pirata, temendo che chiamasse all'armi, quantunque ardesse dalla smania di compiere la sua temeraria impresa, si mise a indietreggiare a lenti passi tenendosi dietro ai tronchi d'albero, cogli occhi sempre fissi sul soldato, che non abbandonava la sua minacciosa posizione.

Bestemmiando in cuor suo e digrignando i denti per l'ira, Sandokan in pochi istanti raggiunse il chiosco e guadagnò la serra dove il Portoghese l'aspettava con viva ansietà.

— Ebbene, che hai veduto? — chiese quest'ultimo, che nel rivederlo respirò largamente.

— Nulla che sia in nostro favore, Yanez — rispose Sandokan con collera. — La casa è guardata da sentinelle, il parco è battuto da soldati, le palizzate sono circondate. Questa notte non si potrà tentare nulla.

— Benissimo, fratello mio, a meraviglia! Agiremo col sole, se quelle giacche rosse, che il buon Dio confonda, ci lascieranno fare. Voglio credere che non rimarranno in eterno in questo parco.

— Ma non hai tu pensato alla giovanetta che forse si strugge dal dolore credendomi forse morto o prigioniero? Giusto Allah! vorrei dare cento goccie del mio sangue per risparmiarle una sola lagrima!

— Lo so, Sandokan, ma checché sia, lei si trova in una situazione mille volte migliore della nostra. Non dartene pensiero di lei ora, e occupiamoci invece di noi che ci troviamo abbastanza in male acque.

— Ci occuperemo, Yanez, e una volta salvi, penseremo allora a liberar lei. Orsù, questa notte nulla si può fare. Cerchiamo di approfittare della tregua che ci lasciano le giacche rosse e dormiamo un po'.

— Dormire! — esclamò il Portoghese. — E non sai tu che questa tregua potrebbe venire rotta da un momento all'altro?

— Il nemico non ritornerà in questi luoghi che ha già visitato, te l'assicuro, Yanez. Andiamo, coricati dietro questi vasi, dormiremo con un occhio aperto.

Il Portoghese quantunque non si fidasse troppo di dormire colle giacche rosse così vicine, ubbidì, e si stese dietro ai vasi, imitato da Sandokan. Ma né l'uno né l'altro furono capaci di chiudere un occhio e passarono il rimanente della notte, il Portoghese pensando ai mezzi per tentar la fuga e ai prahos e Sandokan alla giovanetta verso alla quale aveva dei timori che non riusciva a scacciare e levandosi di tratto in tratto per spiare le mosse delle giacche rosse.

Quando spuntò il giorno gl'Inglesi rovistavano ancora i cespugli e le aiuole, accresciuti assai di numero.

Se li vedevano andare e venire, senza mai stancarsi e sempre dubbiosi di non aver ben frugato, gettando sotto sopra i fiori e sfogando la loro ira con frequenti imprecazioni all'indirizzo della Tigre Malese.

I due pirati, dato nuovamente il sacco agli aranci che abbondavano nel fondo della serra, di una grossezza meravigliosa non inferiore alla testa di un fanciullo, di quella specialità chiamata dai malesi buà kadangsa, per ogni prudenza tornarono a cacciarsi nella stufa, dopo di aver cancellato minutamente le traccie di fuligine lasciate sul terreno e sui vasi. Quantunque il chiosco fosse stato scrupolosamente esaminato, gli Inglesi potevano ritornare, per assicurarsene meglio alla luce del giorno.

Un filo di luce che penetrava per lo sportello bastava a illuminare vagamente sì, ma sufficientemente l'interno della negra fortezza, e la medesima fessura permetteva altresì con un po' di pazienza di spiare le mosse delle giacche rosse. I due fuggiaschi si accomodarono fra la cenere e la caligine che li soffocava, ponendo mano tranquillamente al frutto del saccheggio, e aspettando pazientemente il momento di spiccare il volo, senza destare all'armi e correre nuovi pericoli.

— Verrà bene il momento in cui essi sgombreranno il parco — disse Sandokan sbucciando uno degli enormi aranci. — Quando essi vedranno che io non sono più nascosto né fra i cespugli né in mezzo ai fiori si metteranno in campagna seguendo qualche nuova traccia che crederanno la mia. Sarà allora che noi guadagneremo la foresta.

— Anche di giorno? — chiese il Portoghese che trovava più che pericoloso prendere il largo col sole.

— Se sarà possibile, lo tenteremo anche di bel mezzogiorno, fratello mio. Sono impaziente di prendere il largo e di raggiungere i miei prahos, che devono essere di già arrivati o che arriveranno durante la giornata. Bisogna spicciarsi prima che il lord se ne fugga a Vittoria nel bel mezzo dei suoi compatrioti, dove sarà ben difficile assalirlo nel cuore della colonia sotto il fuoco del fortino e degli incrociatori.

— E poi — disse Yanez — hai tu udito ciò che diceva quell'ufficiale questa notte? Egli parlava di una spedizione che si prepara su Mompracem o che si è di già preparata. Io ho i miei timori; quell'uomo non parlava per spaventarci poiché ignorava che dietro la palizzata vi eravamo noi, che ne dici Sandokan?

— Gli è ben anche per questo, che vorrei spicciarmi a compiere il rapimento — rispose il pirata, che aggrottò ripetutamente la fronte. — Se essi attaccano la nostra isola, quando il fiore delle genti si trova lontano, non so come andrà a finire. Tu sai, Yanez, che i sessanta uomini che sono con noi formano il nucleo dei pirati, che tutti gli altri quantunque più numerosi non sono che Cinesi, Siamesi, Birmani e pochi Bughisi, Giavanesi o Malesi su cui contare; di più le trincee sono ancora deboli e le artiglierie più grosse e meno vecchie trovansi ancora imbarcate a bordo dei prahos.

— E se, al nostro ritorno, trovassimo il nido occupato? — chiese il Portoghese, che rabbrividì tutto al solo dirlo.

— Lo rioccuperemo — rispose calmo calmo Sandokan. — Sessanta pirati, guidati dalla Tigre della Malesia, tu sai che sono capaci di fare miracoli. Vorrei vederlo, Yanez: ne farei un massacro di tutte le giacche rosse, facendo scorrere veri fiumi di sangue e formar trincee a furia di cadaveri.

— E se le nostre forze fossero così deboli da non poter tentare la conquista di Mompracem?...

Il pirata ammutolì, guardandolo fisso al vago chiarore che penetrava dallo sportello della stufa.

— Bene — diss'egli dopo qualche istante di silenzio, — allora volgerò la prua al sud o al nord, e me ne andrò su altre isole. Allora avrò la giovanetta assieme con me e per me sarà tutto.

— E tu, disgraziato, lascieresti la tua Mompracem nelle mani delle giacche rosse senza nulla fare per riconquistarla?

Sandokan scattò in piedi col kriss stretto convulsivamente in mano e gli occhi accesi. Sentì per un istante l'odio per quella razza maledetta riprenderlo, sentì per un istante di ridiventare la terribile Tigre della Malesia, ma fu un lampo. Egli ricadde nella cenere mandando un profondo sospiro.

— Ebbene, Sandokan?

— La lascierò nelle loro mani — rispose freddamente, ma cupamente, la Tigre. — Marianna basterà per consolarmi della perdita della mia isola.

— È inutile, tutto è inutile! — esclamò il Portoghese. — La Tigre è stregata, è moribonda.

Egli lasciò il compagno nel fondo della stufa e strisciò verso lo sportello mettendosi in osservazione.

Di là, egli poté vedere una diecina di giacche rosse, che battevano ancora, ma quasi svogliatamente, i cespugli é le ultime aiuole del parco.

Era evidente che tutti gli altri, sicuri che il pirata avesse di già preso il largo, si erano messi in campagna, prendendo diverse direzioni, e guardando attentamente la costa per agguantarlo prima che si mettesse in mare.

Il Portoghese che le pensava tutte cominciò ad avere qualche paura per i prahos che potevano veleggiare al largo e forse trovarsi di già nel fiumicello. Se gl'Inglesi guardavano la costa, i legni correvano pericolo di venire scoperti. Il Portoghese sentì assalirsi dalle caldane.

— Eccoci in un bell'impiccio — mormorò egli. — Da che la Tigre della Malesia è stata stregata, tutto va di male in peggio e a rapidi passi. Una tempesta sulle spalle che ci ha abbandonati nel bel mezzo dei nemici e che forse ci ha affondato un prahos coi suoi venti valentuomini; un inseguimento che minaccia di non finir più o di terminare con qualche palla nelle costole; dei prahos che minacciano di venire scoperti e bombardati magnificamente da quei maledetti piroscafi di ferro e una spedizione al nostro nido nel fondo della quale si vede e con molte probabilità l'ultimo colpo di grazia per Mompracem! Non ci voleva di più. Che hai fatto mai, Sandokan?

Il Portoghese scosse la testa pur rassegnato e sospirò pensando con visibile spavento alle conseguenze della presa di Mompracem che lo precipitava nella miseria. Certamente che gl'Inglesi non avrebbero mancato nella loro visita di struggere il villaggio e di saccheggiarlo ben bene prima, rubandone le incalcolabili ricchezze di Sandokan, sulle quali egli si avvoltolava pensando di finire la vita in mezzo all'oro in qualche città d'Oriente, come andava da qualche tempo sognando. Il Portoghese ebbe paura e tornò a sospirare.

— Noi rimarremo senza una piastra e senza un risdagliero — mormorò egli. — Vorrò vedere che diavolo penserà di fare Sandokan colla milady, quantunque i nostri kriss non manchino di grossi diamanti.

Gettò un'occhiata verso gl'Inglesi mandandoli ben volentieri al diavolo e rientrò.

— Che hai veduto Yanez? — domandò Sandokan sempre seduto nel fondo della caliginosa stufa.

— Pochi soldati e molta miseria dinanzi agli occhi, fratello mio — disse il Portoghese.

— Non ti comprendo. Che diamine mi vai parlando di miseria? — chiese Sandokan sforzandosi a sorridere.

— Hai tu dimenticato di già la spedizione di Mompracem? Ci porterà la miseria, amico mio.

— Hai veduto tu quegl'Inglesi partire o hai udito forse il cannone tuonare? — domandò Sandokan ridendo.

— In fede mia no, ma l'ufficiale lo ha detto e tu pure udisti le sue parole.

— Dal parlare al fare amico mio, corre un gran tratto. Io non parlo di Mompracem ora, parlo di prendere il largo abbandonando questa stufa entro la quale mi sento soffocare. Come stanno le cose al di fuori?

— Non ho veduto che una decina di soldati e mi sembrano stanchi di frugare. Tutti gli altri a quanto pare si sono messi in campagna, correndo dietro al fantasma cercandolo nella foresta e forse, forse in riva al mare, implicando pericolosamente l'avvicinarsi dei prahos che sono forse al largo.

— Ah! — fe' Sandokan che meditava qualche piano. — Non aver paura pei nostri prahos, Yanez, essi non si lascieranno sì facilmente scoprire o non si avvicineranno se hanno pur qualche sospetto. E poi, credi tu che tutti possano distinguere un prahos corsaro da un mercantile? Nascosto una parte dell'equipaggio e qualche spingarda o qualche cannone, cacciato un nuovo timone nell'acqua per farne i due, e messa un po' di zavorra sottovento nel sostegno di bambù, improvvisato con quattro tavole l'attap (casotto o tettoia di bambù che sogliono avere al centro della coperta i prahos specialmente mercantili) e ammainati i fiocchi, ecco di che ingannare i più astuti soldati e fors'anche un incrociatore. Ciò non mi preoccupa, Yanez, bensì mi dà da pensare la via che hanno preso le giacche rosse. Se non sappiamo dove sono quei maledetti, la fuga riesce difficile se non impossibile.

— Sarà difficile il saperlo — disse il Portoghese che non trovava modo di uscire da quel garbuglio.

— L'oscurità questa notte è abbastanza fitta per potersi arrischiare senza sapere se i nemici sieno al sud o al nord. Ah! se potessi rapire uno di quegli uomini che girano pel parco!

— Bella pazzia. Sarebbe un farci scoprire.

Sandokan alzò le spalle.

— Aspetta — diss'egli improvvisamente al Portoghese. — Credo di avere una buona idea; rimani nella stufa e lascia che io veda coi miei propri occhi come stanno le cose al di fuori: chi sa che non abbiamo a tentare un bel colpo?

Abbandonò silenziosamente la stufa, attraversò il chiosco e spintosi fino alla porta guardò la posizione che occupavano gli Inglesi. Erano ridotti in minor numero di prima quando li aveva contati il Portoghese; erano cinque o sei, qualcuno disperso fra le aiuole, gli altri sdraiati all'ombra degli alberi fumando pacificamente colle loro pipe.

Il pirata guardò le palizzate con uno sguardo d'onde trapelava ira e dolore.

Una sentinella vegliava alla porta come la notte precedente allontanandosi raramente di più di due o tre passi, un'altra colla baionetta in canna, stava appoggiata a una fenestra del primo piano. Tutte le altre fenestre erano chiuse o semi-chiuse, eccetto quelle del lord.

— Dormono o fingono dormire — mormorò Sandokan — ma vegliano attentamente le sentinelle. La fanciulla è ancora là, guardata chi sa come, ma sempre là. Vegliate pure maledetti, cingetela pure d'armi la mia Perla, io la strapperò dalle vostre unghie. Oh, sì, ve la rapirò prima che vi salti l'idea di trascinarla a Vittoria.

Stette un momento cogli occhi fissi sulle fenestre della giovanetta colla fronte aggrottata, poi alzò macchinalmente la testa verso quella del lord. Egli strinse i pugni e fece atto di slanciarsi innanzi.

Aveva veduto una persona a quella fenestra che riconobbe subito.

— Ah! Sei tu, maledetto lord! Sei tu il carnefice della mia Perla. Se ti potessi avere in mia mano!...

Lo mirò con indicibile espressione di ira, poi, quando lo vide rientrare gettò uno sguardo sui soldati lontani un seicento passi e notò che uno di essi stava allontanandosi dai compagni, prendendo l'ombroso sentiero che conduceva al chiosco. Si ritirò rapidamente guadagnando la serra e chiamò il Portoghese sdraiato sul fondo della stufa.

— Fratel mio, spicciati, salta fuori che il nostro uomo si avvicina — disse Sandokan rapidamente.

Il Portoghese che lo aveva perfettamente compreso strisciò lestamente all'aperto più nero d'un africano.

— Hai veduto qualche giacca rossa avvicinarsi al chiosco? — domandò egli scuotendo la caligine di dosso.

— Sì, un Inglese ha preso il sentiero che mena a questa parte. Guarda, fratello mio, a me occorre quest'uomo per sapere qualche cosa sulla caccia che ci danno i suoi compagni nella foresta.

— E vorresti tu impadronirtene? — domandò il Portoghese che ebbe paura.

— Certamente e per farlo ben parlare sulla punta del mio kriss — disse Sandokan entrando nel chiosco.

— E i suoi compagni? Non pensi tu, Sandokan, che abbiano a vederci o a udirlo, poiché non sarà tanto facile strozzargli la voce e portarlo qua entro senza destare all'armi, e tu sai che la nostra situazione è scabrosa.

— Lo so, ma ho tutto calcolato. I suoi compagni sono distanti più di seicento passi quindi non possono udire facilmente qualche gemito o qualche rumore, e gli alberi bastano per nasconderci. Mi occorre assolutamente questa canaglia se vuoi prendere il largo e marciare con qualche sicurezza nella foresta senza andarci a gettare in bocca al leone. Orsù, spicciati, egli è appena distante quattrocento passi.

— Non ti fidare troppo, Sandokan, delle nostre forze — disse il Portoghese che esitava. — Se getta un grido o se manchiamo il colpo la sarà finita per noi. E poi credi tu che se parlerà dirà il vero? Questi cani di Inglesi hanno due lingue come hanno due cuori.

— Lascia pensare a me, Yanez: io lo farò cantare e a voce alta, è la verità, e credilo che avrà tanta paura nel trovarsi fra le mani della Tigre che non mi ingannerà. Presto, mettiti in mezzo a quei fiori dietro la porta e non fiatare.

«Quando salterò alla gola strozzandogli la voce, afferralo bene per le mani e gettatelo sulle spalle. Lo porteremo nella serra e una volta là racconterà ciò che noi vorremo sapere.

— Uhm! Tu ti cacci in un ginepraio donde non so come farai a uscire. Tu pensi più a farlo cantare su ciò che successe alla palazzina che riguardo la nostra fuga. E se egli, a mo' di esempio, gridasse?

— Non perderemo tempo, Yanez, e prenderemo il largo a costo di farci inseguire da tutti i mariuoli della villa dopo di avergli cacciato dieci pollici di lama fra le costole — disse Sandokan freddamente. — Non esitare più, prepara i garretti per fare un magnifico salto appena che io l'avrò atterrato e guardati bene dalla carabina della sentinella che è abbastanza vicina per farti scoppiare la testa con una palla.

— E hai pensato tu a questa, Sandokan? — domandò il Portoghese doppiamente allarmato.

— Non aver paura di quel poltrone, Yanez; i cespugli che sono abbastanza fitti non gli permetteranno di vederci. Spicciati, non fare rumore né muoverti prima che il nostro uomo sia passato. Eccolo che si avvicina, presto, getta a terra la carabina che per ora non ci è di alcuna utilità.

— Farò ciò che tu vorrai, Sandokan, ma ho paura che la cosa non passi così tranquilla come tu credi.

Il pirata, la cui audacia non cedeva ad alcun timore né ad alcuna esitazione, si strinse nelle spalle e andò ad appostarsi dietro alla porta del chiosco, pronto a piombare con un salto da tigre sul soldato e afferrarlo pel collo onde strozzargli la voce. Il Portoghese, deposta la carabina, gli si mise di dietro.

Il soldato era allora lontano un centinaio di passi. Era un uomo mingherlino, che dovea mancare di forza, ma non di agilità né di energia, e che veniva innanzi con un dondolamento di lupo marino, col naso alzato, gli occhi volti sbadatamente sugli alberi.

La sua carabina gli pendeva da una spalla colla bocca rivolta verso a terra mille miglia lontano di sospettare di correre pericolo.

Sandokan urtò col gomito il Portoghese e strizzò l'occhio furbescamente, poi, dopo di aver dato uno sguardo al soldato, gli si accostò, avvicinando le labbra a uno dei suoi orecchi.

— La faccenda non sarà difficile — mormorò egli. — In un volger di mani il nostro uomo sarà a terra senza emettere un lamento.

— Prudenza, fratello mio — rispose il Portoghese, che, per ogni precauzione, trasse il kriss.

Il soldato percorse cinquanta passi, sempre col naso all'aria; era ormai fuori di vista dei suoi compagni, che andavano frugando i cespugli presso le palizzate. Sandokan allargò le gambe, tese le mani innanzi e si raccolse su sé stesso.

Il soldato percorse altri trenta passi.

Sandokan si slanciò, l'afferrò pel collo serrandoglielo come preso fra una morsa d'acciaio e in meno che non si dica lo atterrò. Per quanto fosse stata rapida e potente la stretta, il disgraziato poté gettare un grido.

— Yanez! — esclamò Sandokan.

Il Portoghese era lì. Afferrò per le braccia il soldato e lo sbatté violentemente contro il suolo stordendolo, poi se lo caricò sulle spalle e rientrò precipitosamente nel chiosco mentre che i soldati, allarmati da quel grido lamentevole, si precipitavano sul sentiero.

— Fa presto, Yanez, entra nella serra — disse rapidamente Sandokan stringendo sempre più la gola del prigioniero a segno di farvi penetrare le dita e farne uscire il sangue.

— Per Giove! Siamo stati scoperti! — esclamò il Portoghese entrando in furia nella serra.

— Non aver paura, Yanez, hanno udito solamente il grido e il nostro uomo non griderà mai più. Gettalo a terra.

Il Portoghese si affrettò ad ubbidire. Sandokan, stracciando un lembo del suo turbante, lo imbavagliò strettamente e gli legò le mani dietro il dorso.

— Portalo nella stufa e resta vicino ad esso. Non far rumore, fratello mio, io vado a spiare il nemico.

Il pirata si slanciò nel chiosco armando la carabina, e, nascondendosi prudentemente fra le piante, guardò.

I sette od otto soldati avevano udito il grido ed erano stati allarmati, ma senza, a quanto pareva, aver ben compreso di che si trattasse, e ben lungi dal credere che il loro compagno fosse stato così arditamente rapito.

Sandokan li vide avvicinarsi al sentiero che menava al chiosco, guardando sotto gli alberi e interrogandosi a vicenda, indecisi sul da farsi, poi uno di essi additava la carabina gettata fra le erbe, che i pirati non avevano avuto la precauzione di raccogliere. Egli lanciò una bestemmia e per un istante ebbe l'idea di darsi precipitosamente alla fuga, ma si rattenne deciso di aspettar la fine degli avvenimenti, risoluto a strappar qualche rivelazione al prigioniero così audacemente conquistato e al prezzo di tanti pericoli. I soldati che ormai avevano la certezza che chi aveva gettato il grido era stato il loro compagno, si slanciarono sul sentiero avvicinandosi a rapidi passi verso la malaugurata carabina e gettando uno sguardo abbastanza diffidente sul chiosco.

Sandokan si affrettò a battere in ritirata e raggiunse nella serra il Portoghese che teneva il soldato sotto le ginocchia mostrandogli in modo espressivo la punta del kriss assicurando che era avvelenata.

— I soldati vengono da questa parte, Yanez, cacciati nella stufa e trascina con te il prigionero.

— Ma se vengono, ci scopriranno! — esclamò il Portoghese che si guardò attorno con ispavento.

— Lascia pensare a me, non ci hanno ancora scoperti. Solo hanno trovato la carabina che abbiamo lasciata a terra.

— Non perdiamo tempo allora, fratello mio, filiamo raccomandandoci alle nostre gambe.

— Sei matto, per farci passare per le armi prima di giungere alla cinta. Cacciati nella stufa mentre che io faccio scomparire le nostre traccie. Spicciati, fratello mio, io li sento venire rapidamente.

Non ci voleva di più. Il Portoghese gettò nella sua oscura fortezza, come aveva chiamato ma che ora chiamava una magnifica trappola, le due carabine e vi si cacciò lestamente entro ritirando colle braccia il prigioniero, che legato e imbavagliato non faceva veruna resistenza né gettava il più piccolo gemito. Sandokan, soffiate via le traccie che potevano tradirli e cancellate frettolosamente le macchie di sangue, si affrettò a imitarlo chiudendo prudentemente lo sportello.

Era tempo. Un istante dopo, i soldati giungevano dinanzi al chiosco e facevano le loro supposizioni sul grido e sull'arma trovata e sulla scomparsa del suo padrone che aveva un non so che di soprannaturale che sgomentava i più coraggiosi.

— Che Harry abbia voluto burlarsi di noi nascondendosi dietro a qualche cespuglio? — diceva un soldato la cui voce robusta giungeva distintamente alle orecchie dei due pirati.

— Il ragazzo è burlone — disse un altro soldato. — Ma credo che in questi momenti non sia d'umore di fare degli scherzi. Non avete udito che il suo grido era strozzato come quello di un uomo che viene improvvisamente preso per la gola?

— Che si sia nascosto entro il chiosco? Non è ammissibile che l'abbiano portato via, così, sotto ai nostri occhi.

— E perché no? — disse una voce nasale dalla pronuncia scozzese. — Avete dimenticato che questa notte il pirata trovavasi nel parco? Chi l'ha veduto varcare le palizzate? Non sarebbe da meravigliarsi, se il terribile uomo che beve sangue umano avesse rapito il nostro camerata per dissanguarlo.

— E che? Vorresti tu, Dik, che fosse ancora nel parco?

— Chi dice che il birbante non sia un fantasma, uno spirito infernale che abbia la proprietà di scomparire nel tronco di un albero o di nascondersi dietro a una foglia?

— Non può essere, te lo ripeto, non è uno spirito. Io scommetto invece, che Harry ci ha fatto una burla fingendo di essere stato portato via e che si tiene nascosto dietro qualche vaso del chiosco, ascoltando i nostri discorsi.

— Ohe! Harry! — gridò una voce nasale. — Da una banda gli scherzi. My God! Ti pare che abbiamo voglia di scherzare? Ohe! Rispondi, birbante.

Naturalmente nessuno rispose. Il povero prigioniero, mezzo strangolato, legato e imbavagliato, quantunque udisse i discorsi dei suoi camerati e si struggesse dall'ira, non poteva non solo articolar sillaba ma nemmeno muoversi. E non l'avrebbe d'altronde ardito, vedendo le due lame dei kriss dei pirati a pochi pollici dalla sua gola.

Questo prolungato silenzio rinnovò fra i soldati il timore che lo sfortunato Harry fosse caduto vittima della Tigre Malese.

— Che facciamo? — chiese alfine un soldato.

— Per Bacco! Cerchiamolo, amici; non bisogna abbandonare un simile camerata. Orsù, entriamo prima nel chiosco.

I due pirati, nell'udire che i soldati si preparavano a visitare il chiosco, malgrado il loro coraggio, sentirono rizzarsi i capelli sulla fronte.

— Che facciamo, fratello mio? — chiese il Portoghese con un filo di voce.

— Cominciamo col cacciare dieci pollici di lama nella gola di questo prigioniero, che potrebbe tradirci — rispose freddamente Sandokan.

— Sei matto! Potrebbe agitarsi, potrebbe mandare qualche gemito. Non muoviamoci anzi e prepariamoci a difenderci.

— Credo che tu abbi ragione, Yanez. Non far rumore allora e mettiti dinanzi allo sportello a fracassarmi la testa del primo Inglese che appare. Io preparerò dal canto mio un bel gioco per prendere il largo.

Il Portoghese armò la carabina dirigendone la canna verso lo sportello, mentre che il pirata scandagliava senza far rumore la grossezza delle pareti colla punta del kriss. Contento di quell'esame si curvò sul prigioniero.

— Giovanotto mio — diss'egli con voce da non mettersi in dubbio, — se tu cerchi di parlare farai conoscenza col mio kriss e bada bene, Harry, che la punta l'ho avvelenata di fresco col succo dell'upas. Bada ora ai casi tuoi se vuoi vivere.

I soldati erano penetrati allora nel chiosco e rovistavano minutamente i cuscini, i vasi e le tavolette, procedendo con somma cautela, coll'idea che il fantasma si trovasse nascosto sotto o dietro a essi.

— Io non vorrei trovarmi di fronte alla Tigre — disse uno di essi la cui voce tremava. — Sapete, compagni, che non sarei sorpreso di trovarlo dietro a qualche vaso occupato a bere il sangue del povero Harry.

— Ma io non vedo nulla. Entriamo nella serra ma armi in mano, giovanotti miei, io sento un certo odore che lo si direbbe di sangue caldo. To'! Cos'è questo che macchia la soglia della porta?

— Per mille bombe, sangue! — esclamò un soldato che dovette impallidire nel riconoscerlo. — La faccenda diventa seria e il povero Harry, amici miei, è bell'e spacciato. Io credo che troveremo il suo corpo dietro un vaso.

— Se si ritornasse a chiamare un rinforzo? Io vi giuro che se vedo comparire la Tigre io me la batto, e in fede scozzese che lascio le mille sterline e il corpo di Harry. Non so chi inseguirà uno spirito che beve sangue umano e che si nasconde dietro una foglia diventando un moschino o una farfalla. — Ora che siamo qui tiriamo innanzi — disse uno che doveva essere il più coraggioso della banda. — Ve lo ripeto che non può essere uno spirito. Orsù, non lasciamoci sfuggire una sì bella occasione per comperare cento botti di gin e per fare una baracca tremenda. Un po' di coraggio, tiriamo innanzi.

A onta delle sue parole incoraggianti, i soldati e lui medesimo procedevano con estrema lentezza.

— Dio! Dell'altro sangue che va sino alla stufa! — esclamò una voce. — Oh! Oh! Il nostro uomo si nasconderebbe nella stufa?... L'esclamazione repentina fu udita dai due pirati. Il Portoghese sentì rizzarsi i capelli sulla fronte; Sandokan balzò in piedi gettando un sordo ruggito che fu inteso dal nemico spaventato.

— Afferra la carabina e tienti pronto a seguirmi! — esclamò Sandokan al Portoghese.

Egli si appoggiò colla spalla contro la parete che dava nel fondo della serra, l'unica via libera. Si udì un sordo scricchiolìo seguito da un rauco brontolio.

— La Tigre! — esclamarono i soldati che si diedero a precipitosa fuga. Quasi nel medesimo istante la parete fu sfondata, e i due pirati approfittando dello spavento del nemico, balzando attraverso i rottami, si diedero alla fuga dirigendosi a tutte gambe verso le palizzate.