La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro primo/Capitolo CXXIII

Da Wikisource.
Libro primo
Capitolo CXXIII

../Capitolo CXXII ../Capitolo CXXIV IncludiIntestazione 16 luglio 2008 75% Autobiografie

Libro primo - Capitolo CXXII Libro primo - Capitolo CXXIV

Il Castellano, con tutto che i medici non avessino punto di speranza della sua salute, ancora era restato in lui spirito saldo e si era partito quelli umori della pazzia, che gli solevano dar noia ogni anno: e datosi in tutto e per tutto all’anima, la coscienza lo rimordeva, e gli pareva pure che io avessi ricevuto e ricevessi un grandissimo torto; e faccendo intendere al Papa quelle gran cose che io diceva, il Papa gli mandava a dire, come quello che non credeva nulla, né in Dio né in altri, dicendo che io ero impazzato, e che attendessi il piú che lui poteva alla sua salute. Sentendo il Castellano queste risposte, mi mandò a confortare e mi mandò da scrivere e della cera e certi fuscelletti fatti per lavorar di cera, con molte cortese parole, che me le disse un certo di quei sua servitori che mi voleva bene. Questo tale era tutto contrario di quella setta di quegli altri ribaldi, che mi arebbon voluto veder morto. Io presi quelle carte e quelle cere, e cominciai a lavorare: e ’n mentre che io lavoravo scrissi questo sonetto indiritto al Castellano:


S’i’ potessi, Signor, mostrarvi il vero
del lume eterno, in questa bassa vita,
qual’ho da Dio, in voi vie piú gradita
saria mia fede, che d’ogni alto impero.4

Ahi! se ’l credessi il gran Pastor del chiero,
che Dio s’e mostro in sua gloria infinita,
qual mai vide alma, prima che partita
da questo basso regno, aspro e sincero;8

e porte di Iustizia sacre e sante
sbarrar vedresti, e ’l tristo impio furore
cader legato, e al ciel mandar le voce.11

S’i’ avessi luce, ahi lasso, almen le piante
sculpir del Ciel potessi il gran valore!
Non saria il mio gran mal sí greve croce.14