La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro primo/Capitolo XCI

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Libro primo
Capitolo XCI

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Ordinò il Papa dua cavalli turchi, i quali erano istati di papa Clemente, ed erono i piú belli che mai venissi in Cristianità. Questi dua cavalli il Papa commesse a messer Durante suo cameriere che gli menassi giú ai corridoi del palazzo, e ivi li donassi allo Imperadore, dicendo certe parole che lui gl’impose. Andammo giú d’accordo; e giunti alla presenza dello Imperadore, entrò que’ dua cavalli con tanta maestà e con tanta virtú per quelle camere, che lo Imperadore e ogniuno si maravigliava. In questo si fece innanzi il ditto messer Durante con tanto isgraziato modo e con certe sue parole bresciane, annodandosigli la lingua in bocca, che mai si vidde e sentí peggio: mosse lo Imperadore alquanto a risa. In questo io di già avevo iscoperto la ditta opera mia; e avvedutomi che con gratissimo modo lo Imperadore aveva volto gli occhi inverso di me, subito fattomi innanzi, dissi: - Sacra Maestà, il santissimo nostro papa Paulo manda questo libro di Madonna a presentare a Vostra Maestà, il quale si è scritto a mano e miniato per mano de il maggior uomo che mai facessi tal professione; e questa ricca coperta d’oro e di gioie è cosi imprefetta per causa della mia indisposizione: per la qualcosa Sua Santità insieme con il ditto libro presenta me ancora, e che io venga apresso a Vostra Maestà a finirgli il suo libro; e di piú tutto quello che lei avessi in animo di fare, per tanto quanto io vivessi, lo servirei -. A questo lo Imperadore disse: - Il libro m’è grato e voi ancora; ma voglio che voi me lo finiate in Roma; e come gli è finito e voi guarito, portatemelo e venitemi a trovare -. Di poi innel ragionare meco, mi chiamò per nome, per la qual cosa io mi maravigliai perché non c’era intervenuto parole dove accadessi il mio nome; e mi disse aver veduto quel bottone del piviale di papa Clemente, dove io avevo fatto tante mirabil figure. Cosí distendemmo ragionamenti di una mezz’ora intera, parlando di molte diverse cose tutte virtuose e piacevole: e perché a me pareva esserne uscito con molto maggiore onore di quello che io m’ero promesso, fatto un poco di cadenza a il ragionamento, feci reverenzia e partimmi. Lo Imperadore fu sentito che disse: - Dònisi a Benvenuto cinquecento scudi d’oro subito - di modo che quello che li portò su, dimandò qual era l’uomo del Papa che aveva parlato allo Imperatore. Si fece innanzi messer Durante, il quale mi rubò li mia cinquecento scudi. Io me ne dolsi col Papa; il quale disse che io non dubitassi; che sapeva ogni cosa, quant’io m’ero portato bene a parlare allo Imperadore, e che di quei danari io ne arei la parte mia a ogni modo.