La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro primo/Capitolo XLVII

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Libro primo
Capitolo XLVII

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Essendo un mio fratello in Roma al servizio del duca Lessandro, al quale in questo tempo il Papa gli aveva procacciato il ducato di Penna; stava al servizio di questo Duca moltissimi soldati, uomini da bene, valorosi, della scuola di quello grandissimo signor Giovanni de’ Medici, e il mio fratello in fra di loro, tenutone conto dal ditto Duca quanto ciascuno di quelli altri piú valorosi. Era questo mio fratello un giorno doppo desinare in Banchi in bottega d’un certo Baccino della Croce, dove tutti quei bravi si riparavano: erasi messo in su una sedia e dormiva. In questo tanto passava la corte del bargello, la quale ne menava prigione un certo capitan Cisti, lombardo, anche lui della scuola di quel gran signor Giovannino, ma non istava già al servizio del Duca. Era il capitano Cattivanza degli Strozzi in su la bottega del detto Baccino della Croce. Veduto il ditto capitan Cisti il capitan Cattivanza degli Strozzi. gli disse: - Io vi portavo quelli parecchi scudi che io v’ero debitore; se voi gli volete, venite per essi prima che meco ne vadino in prigione -. Era questo capitano volentieri a mettere al punto, non si curando sperimentarsi, per che, trovatosi quivi alla presenza certi bravissimi giovani piú volonterosi che forti a sí grande impresa, disse loro che si accostassino al capitan Cisti, e che si facessin dare quelli sua danari, e che, se la corte faceva resistenza, loro a lei facessin forza, se a loro ne bastava la vista. Questi giovani erano quattro solamente, tutti a quattro sbarbati; e il primo si chiamava Bertino Aldobrandi, l’altro Anguillotto dal Lucca: degli altri non mi sovviene il nome. Questo Bertino era stato allevato e vero discepolo del mio fratello, e il mio fratello voleva allui tanto smisurato bene, quanto immaginar si possa. Eccoti i quattro bravi giovani accostatisi alla corte del bargello, i quali erano piú di cinquanta birri in fra picche, archibusi e spadoni a dua mane. In breve parole si misse mano a l’arme, e quei quattro giovani tanto mirabilmente strignevano la corte, che se il capitano Cattivanza solo si fussi mostro un poco, sanza metter mano all’arme, quei giovani mettevano la corte in fuga; ma soprastati alquanto, quel Bertino toccò certe ferite d’importanza, le quale lo batterno per terra: ancora Anguillotto nel medesimo tempo toccò una ferita innel braccio dritto, che non potendo piú sostener la spada, si ritirò il meglio che potette; gli altri feciono il simile; Bertino Aldobrandi fu levato di terra malamente ferito.