La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo I

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Libro secondo
Capitolo I

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Standomi innel palazzo del sopraditto cardinal di Ferrara, molto ben veduto universalmente da ogniuno, e molto maggiormente visitato che prima non ero fatto, maravigliandosi ogni uomo piú dello essere uscito e vivuto infra tanti ismisurati affanni; in mentre che io ripigliavo il fiato, ingegnandomi di ricordarmi dell’arte mia, presi grandissimo piacere di riscrivere questo soprascritto capitolo. Di poi, per meglio ripigliar le forze, presi per partito di andarmi a spasso all’aria qualche giorno, e con licenzia e cavagli del mio buon Cardinale, insieme con dua giovani romani, che uno era lavorante dell’arte mia; l’altro suo compagno non era de l’arte, ma venne per tenermi compagnia. Uscito di Roma, me ne andai alla volta di Tagliacozze, pensando trovarvi Ascanio, allevato mio sopraditto; e giunto in Tagliacozze, trovai Ascanio ditto insieme con suo padre e frategli e sorelle e matrigna. Dalloro per dua giorni fu’ carezzato, che impossibile saria il dirlo: partimmi per alla volta di Roma, e meco ne menai Ascanio. Per la strada cominciammo a ragionare dell’arte, di modo che io mi struggevo di ritornare a Roma, per ricominciare le opere mie. Giunti che noi fummo a Roma, subito mi accomodai da lavorare; e ritrovato un bacino d’argento, il quale avevo cominciato per il Cardinale innanzi che io fussi carcerato: insieme col ditto bacino si era cominciato un bellissimo boccaletto: questo mi fu rubato con molta quantità di altre cose di molto valore. Innel detto bacino facevo lavorare Pagolo sopraditto. Ancora ricominciai il boccale, il quale era composto di figurine tonde e di basso rilievo; e similmente era composto di figure tonde e di pesci di basso rilievo il detto bacino, tanto ricco e tanto bene accomodato, che ogniuno che lo vedeva restava maravigliato, sí per la forza del disegno e per la invenzione e per la pulizia che usavono quei giovani in su dette opere. Veniva il Cardinale ogni giorno almanco dua volte a starsi meco, insieme con messer Luigi Alamanni e con messer Gabbriel Cesano, e quivi per qualche ora si passava lietamente tempo. Non istante che io avessi assai da fare, ancora mi abbundava di nuove opere; e mi dette a fare il suo suggello pontificale, il quale fu di grandezza quanto una mana d’un fanciullo di dodici anni; e in esso suggello intagliai dua istoriette in cavo; che l’una fu quando san Giovanni predicava nel diserto, l’altra quando sant’Ambruogio scacciava quelli Ariani, figurato in su’n un cavallo con una sferza in mano, con tanto ardire e buon disegno, e tanto pulitamente lavorato, che ogniuno diceva che io avevo passato quel gran Lautizio il quale faceva solo questa professione; e il Cardinale lo paragonava per propria boria con gli altri suggelli dei cardinali di Roma, quali erano quasi tutti di mano del sopraditto Lautizio.