La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo LVI

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Libro secondo
Capitolo LVI

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Avevo aùto molto ispesso lettere di Francia da quel mio fidelissimo amico messer Guido Guidi: queste lettere per ancora non mi dicevano se non bene; quel mio Ascanio ancora lui m’avvisava dicendomi che io attendessi a darmi buon tempo, e che, se nulla occorressi, me l’arebbe avvisato. Fu riferito al Re come io m’ero messo a lavorare per il duca di Firenze; e perché questo uomo era il miglior del mondo, molte volte disse: - Perché non torna Benvenuto? - E dimandatone particularmente quelli mia giovani, tutti a dua gli dissono che io scrivevo loro che stavo cosí bene, e che pensavano che io non avessi piú voglia di tornare a servire Sua Maestà. Trovato il Re in còllora, e sentendo queste temerarie parole, le quale non vennono mai da me, disse: - Da poi che s’è partito da noi sanza causa nessuna, io non lo dimanderò mai piú; sí che stiesi dove gli è -. Questi ladroni assassini avendo condutta la cosa a quel termine che loro desideravono, perché ogni volta che io fossi ritornato in Francia loro si ritornavano lavoranti sotto a di me come gli erano in prima, per il che, non ritornando, loro restavano liberi e in mio scambio, per questo e’ facevano tutto il loro sforzo perché io non ritornassi.