La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo LXXXV

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Libro secondo
Capitolo LXXXV

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In questo tempo si destò la guerra di Siena; e volendo ’l Duca afforzificare Firenze, distribuí le porte infra i sua scultori e architettori; dove a me fu consegnato la Porta al Prato e la Porticciuola d’Arno, che è in sul prato dove si va alle mulina; al cavalieri Bandinello la porta a San Friano; apPasqualino d’Ancona, la porta a San Pier Gattolini; a Giulian di Baccio d’Agnolo, legnaiuolo, la porta a San Giorgio; al Particino, legnaiuolo, la porta a Santo Niccolò; a Francesco da Sangallo, scultore, detto il Margolla, fu dato la porta alla Croce; e a Giovanbatista, chiamato il Tasso, fu data la porta a Pinti: e cosí certi altri bastioni e porte a diversi ingegneri, i quali non mi soviene né manco fanno al mio proposito. Il Duca, che veramente è sempre stato di buono ingegno, dappersé medesimo, se n’andò intorno alla sua città; e quando Sua Eccellenzia illustrissima ebbe bene esaminato e resolutosi, chiamò Lattanzio Gorini, il quale si era un suo pagatore: e perché anche questo Lattanzio si dilettava alquanto di questa professione, Sua Eccellenzia illustrissima lo fece disegnare tutti i modi che e’ voleva che si afforzificassi le dette porte, e a ciascuno di noi mandò disegnata la sua porta; di modo che vedendo quella che toccava a me, e parendomi che ’l modo non fussi sicondo la sua ragione, anzi egli si era scorrettissimo, subito con questo disegno in mano me n’andai a trovare ’l mio Duca; e volendo mostrare a Sua Eccellenzia i difetti di quel disegno datomi, non sí tosto che io ebbi cominciato a dire, il Duca infuriato mi si volse, e disse: - Benvenuto, del far benissimo le figure io cederò a te, ma di questa professione io voglio che tu ceda a me; sí che osserva il disegno che io t’ho dato -. A queste brave parole io risposi quanto benignamente io sapevo al mondo e dissi: - Ancora, Signor mio, del bel modo di fare le figure io ho imparato da Vostra Eccellenzia illustrissima; imperò noi l’abbiamo sempre disputata qualche poco insieme; cosí di questo afforzificare la vostra città, la qual cosa importa molto piú che ’l far delle figure, priego Vostra Eccellenzia illustrissima che si degni di ascoltarmi, e cosí ragionando con Vostra Eccellenzia, quella mi verrà meglio a mostrare il modo che io l’ho asservire -. Di modo che, con queste mie piacevolissime parole, benignamente ci si messe a disputarla meco; e mostrando a Sua Eccellenzia illustrissima con vive e chiare ragione, che in quel modo che ei m’aveva disegnato e’ non sarebbe stato bene, Sua Eccellenzia mi disse: - O va, e fa un disegno tu, e io vedrò se e’ mi piacerà -. Cosí io feci dua disegni sicondo la ragione del vero modo di afforzificare quelle due porte, e glieli portai, e conosciuto la verità dal falzo, Sua Eccellenzia piacevolmente mi disse: - O va, e fa attuo modo, che io sono contento -. Allora con gran sollecitudine io cominciai.