Le Laude (1915)/LXXXI. De l'amor divino e sua laude

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LXXXI. De l'amor divino e sua laude

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LXXXI. De l'amor divino e sua laude
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LXXXI

De l’amor divino e sua laude

     O Amor, divino amore, — amor, che non se’ amato.
     Amor, la tua amicizia — è piena de letizia
non cade mai en tristizia — lo cor che t’ha assagiato.
     O amor amativo, — amor consumativo,
amor conservativo — del cuor che t’ha albergato!
     O ferita gioiosa, — ferita dilettosa,
ferita gaudiosa, — chi de te è vulnerato!
     Amore, unde entrasti, — ché sí occulto passasti?
Nullo signo mostrasti — unde tu fusse entrato.
     O amor amabile, — amor delettabile,
amor encogitabile — sopr’onne cogitato!
     Amor, divino fuoco, — amor de riso e gioco,
amor non dái a poco, — ché se’ ricco smesurato.
     Amor, con chi te poni? — con delette persone,
e lassi gran baroni, — ché non fai lor mercato.
     Tale non par che vaglia — en vista una medaglia,
che quasi como paglia — te dai en suo trattato.
     Chi te crede tenere, — per sua scienzia avere,
nel cor non può sentire — che sia lo tuo gustato.
     Scienzia acquisita — mortal si dá ferita,
s’ella non è vestita — de core umiliato.
     Amor, tuo magisterio — enforma el desiderio,
ensegna l’evangelio — col breve tuo ensegnato.
     Amor che sempre ardi — e i tuoi coraggi inardi,
fai le lor lengue dardi — che passa onne corato.
     Amore grazioso, — amore delettoso,
amor suavetoso, — che ’l core hai saziato.

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     Amor ch’ensegni l’arte — che guadagni le parte,
de cielo fai le carte, — en pegno te n’èi dato.
     Amor, fidel compagno, — amor, che mal se’ a cagno,
de pianto me fai bagno — ch’io pianga el mio peccato.
     Amor dolce e suave, — de cielo, amor se’ chiave;
a porto meni nave — e campa el tempestato.
     Amor che dái luce — ad omnia che luce,
la luce non è luce, — lume corporeato.
     Luce luminativa, — luce demostrativa,
non viene a l’amativa — chi non è en te luminato.
     Amor, lo tuo effetto — dá lume a lo ’ntelletto,
demóstrali l’obietto — de l’amativo amato.
     Amor, lo tuo ardore — ad enfiammar lo core
uniscil per amore — ne l’obietto encarnato.
     Amor, vita secura, — riccheza senza cura,
piú ch’en eterno dura — ed ultra smesurato.
     Amor che dái forma — ad omnia c’ha forma,
la forma tua reforma — l’omo ch’è deformato.
     Amore puro e mondo, — amor saggio e iocondo,
amor alto e profondo — al cor che te s’è dato.
     Amor largo e cortese, — amor con larghe spese,
amor, con mense stese — fai star lo tuo affidato.
     Lussuria fetente — fugata de la mente,
de castitá lucente, — mundizia adornato.
     Amor, tu se’ quel ama — donde lo cor te ama,
sitito con gran fama — el tuo enamorato.
     Amoranza divina, — ai mali se’ medicina,
tu sani onne malina, — non sia tanto agravato.
     O lengua scotegiante, — come se’ stata osante
de farte tanto enante — parlar de tale stato?
     Or pensa que n’hai detto — de l’amor benedetto,
onne lengua è en defetto — che de lui ha parlato.
     Se onne lengue angeloro — che stanno en quel gran coro
parlando de tal foro, — parlaran scelenguato.
     Ergo co non vergogni? — nel tuo parlar lo pogni,
lo suo laudar non giogni, — ’nante l’hai blasfemato.

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     — Non te posso obedire — ch’amor deggia tacire,
l’amor voglio bandire, — fia che mo m’esce ’l fiato.
     Non è condizione — che vada per ragione,
che passi la stagione — ch’amor non sia clamato. —
     Clama la lengua e ’l core: — Amore, amore, amore!
chi tace el tuo dolzore — lo cor li sia crepato.
     E ben credo che crepasse — lo cor che t’assagiasse;
se amor non clamasse, — trovárese afogato. —