Le notti romane/Parte prima/Notte seconda
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NOTTE SECONDA
COLLOQUIO PRIMO
Mario ancora sdegnato
rammenta le avventure della sua fuga disastrosa.
Le grandi e straordinarie avventure ingombrano cosí le facoltá
dell’animo, che su lui usurpano un dominio prepotente. Quindi
gl’incredibili portenti, de’ quali io solo era testimonio, mi perturbavano
il cuore, ed insieme ricreavano la mente con soave contemplazione.
Del tempo ornai dimenticandosi, tutto si lanciava
l’intelletto ne’ secoli trapassati. Mi pareano sogni le cose della
vita presente, e la comune favella degli uomini abietta in paragone
di quelle immagini e di quelle sentenze, rimastemi nelle
pupille e nell’udito vive e sonanti. Molesto silenzio è il nascondere
alcun evento stupendo, il quale come grave peso opprime
il petto; ma il farlo altrui manifesto è uffizio grato non meno a
chi l’ode che a chi ne favella. E come beendo l’onda marina la
sete non si estingue, anzi cresce l’arsura nelle fauci, cosí io sofferiva
desiderio piú vivo di nuove apparizioni da che avea gustato
il maraviglioso diletto di quelle. E quantunque tal brama fosse
in me antica, nondimeno la frenava spesso considerando la sua
vanitá. Ora però era divenuta insaziabile e tormentosa. Contro
lei facea pur doloroso contrasto il timore che la prima notte di
tanto sospirati ragionamenti non fosse l’estrema. Da’ quali pensieri
come da onde sospinto, io spesso mirava quanto avesse il
sole trascorso del suo viaggio luminoso, e mi parea che lento