Le odi di Orazio/Libro quarto/XV

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Libro quarto
XV

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Quinto Orazio Flacco - Odi (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1883)
Libro quarto - XIV
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XV.


Me, che battaglie volea descrivere
    E città vinte, riprese Apolline
        Con la lira, perchè al Tirreno
        4La tenue vela non dèssi. Il tuo

Secolo a’ campi ridiede, o Cesare,
    Le pingui messi; tolte agli stipiti
        Superbi de’ Parti, le insegne
        8Al nostro Giove rese; di guerre

Vacuo di Giano Quirino il tempio
    Chiuse; all’errante Licenza un termine
        Impose e un fren giusto; le Colpe
        12Discacciò; richiamò le vetuste

Arti, onde il nome latino e l’itala
    Virtù e la fama crebbe, e la gloria
        Dell’Imperio agli orti del sole
        16E agli esperici letti si sparse.

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Custode Augusto, non civil furia,
    Non violenza turberà gli ozj,
        Non ira che fabbrica spade
        20E città miserande inimica.

Non quei che il cupo Danubio bevono,
    Non Geti e Seri, non Persi perfidi
        Romperan di Giulio gli editti,
        24Non quei nati del Tana alla riva.

E noi ne’ sacri giorni e ne’ liberi,
    Lieti fra’ doni di Bacco amabile
        Con le spose nostre e co’ figli,
        28Pria di rito invocati gli Dei,

A mo’ dei padri, co’ lidj flauti
    Mescendo i versi, canterem gl’incliti
        Condottieri ed Ilio ed Anchise
        32E la prole di Venere altrice.