Le odi di Orazio/Libro secondo/VII

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Libro secondo
VII

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Quinto Orazio Flacco - Odi (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1883)
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VII.


O meco spesso ridotto agli ultimi,
    Quand’era Bruto duce all’esercito,
        Chi all’italo cielo, a’ penati,
        4Cittadino di nuovo ti ha reso,

O Pompeo, primo dei miei commiliti,
    Con cui nel vino l’ore indugevoli
        Ruppi spesso, precinto i crini
        8Di malòbatro sirio lucenti?

Teco Filippi e il fuggir celere
    Provai, gittata non ben la palmula,
        Quando, infranta virtù, e i minaci
        12Il suol turpe toccaron col mento.

Ma tra’ nemici Mercurio agile
    Me paventoso rapì in un nuvolo;
        Te in guerra di nuovo, assorbendo,
        16Trasse il fiotto tra’ gorghi bollenti.

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Dunque offri a Giove la dape debita,
    E il fianco stanco da una milizia
        Sì lunga al mio lauro riposa;
        20Nè dell’anfore a te destinate

Privarti; i tersi nappi di massico
    Oblioso empi; cava dall’ampie
        Conche unguenti. Chi d’apio fresco
        24O di mirto vuol tesser corone?

A chi del bere darà mai Venere
    L’arbitrio? Saggio più degli Edonj
        Non sarò nel ballo; m’è dolce
        28Pazzeggiare pel reduce amico.