Le solitarie/Lettera aperta (Prefazione)

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Lettera aperta (Prefazione)

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Lettera aperta (Prefazione)
Il posto dei vecchi
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Giornate d’un maraviglioso settembre, al “Soldo„. Verde conca di frescura, erbe e fiori di Pratobello, salenti fino alle ginocchia. Orto selvaggio, vegliato dal cipresso nero a duplice vetta. Odor zuccherino di uve, canti di vendemmiatrici, campane dei vespri festivi, che riempivano i cieli della loro grave dolcezza. E il lauro gigante a ombra della fontana, sui rami del quale i nostri tre gaudiosi adolescenti raccontavano al sole ed alle nuvole storie di tutti i Poeti, dall’Odissea all’Anticlo dei Poemi Conviviali, rubandosi a gara fra un verso e l’altro succosissimi fichi sanguigni còlti poco prima nel frutteto; e Fiammetta nimbata d’oro, vestita di verde, gioia [p. - modifica] di vivere fatta creatura, Fiammetta alata e risplendente come il piccolo genio del luogo!...

O tu pure nimbata d’oro, donna di bellezza, di sanità e di letizia, che da ogni filo d’erba, da ogni raggio di sole traevi canto e riso, e mi conducevi per mano nei regni della tua pace: così che io pure credetti — per un momento — alla tregua di Dio fra il mio cuore e la mia vita!...

Lavoravamo insieme, mostrandoci a vicenda le pagine liriche ancor tutte calde della prima impronta del pensiero. Per cambiare, un giorno, ripescammo e rileggemmo un mio grigio, torbido manoscritto di prose. Non lo amavo: lo volevo distruggere. Ma tu mi dicesti: Perchè?... Grigie fin che vuoi, queste novelle. Ma sono una parte viva di te. —

Eccole, raccolte in volume.

Novelle?... No. Tutte, — o quasi — , umili scorci di vite femminili sole a combattere: malgrado la famiglia, sole: malgrado l’amore, sole: per propria colpa o per colpa degli uomini e del destino, sole. Le vidi, queste donne. Le conobbi, le studiai, le riprodussi, cercando [p. - modifica] di attenermi il più crudamente possibile alla verità. Ahimè!... Troppe volte la verità è più amara di un tossico.

Non per altro io pubblico questo libro di penombra, che per mettere sulla prima delle sue pagine il tuo nome di luce. Per fermare nel tuo nome (se pur mi è possibile) ciò che è già fuggito: la grazia di quei giorni sereni, talmente colmi d’armonia interiore che i nostri cuori ne zampillarono come fontane, e l’enigma della vita, per essi, ci parve sciolto.

Non già ch’io tema di dimenticarli.

Dimenticarli?

Tu lo sai, Margherita, che non potrò.


Milano, Maggio del 1917.

Ada.