Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Capitolo 13

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Capitolo 13

Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Capitolo 12 Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Capitolo 14 IncludiIntestazione 23 gennaio 2010 50% Biografie

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Cap. XIII. Come di stucco si conducono i lavori bianchi, e del modo del fare la forma di sotto murata, e come si lavorano.

Solevano gl’antichi, nel volere fare volte o incrostature o porte o finestre o altri ornamenti di stucchi bianchi, fare l’ossa di sotto di muraglia, che sia o di mattoni cotti o vero di tufi, cioè sassi che siano dolci e si possino tagliare con facilità; e di questi murando, facevano l’ossa di sotto, dandoli o forma di cornice o di figure o di quello che fare volevano, tagliando de’ mattoni o delle pietre, le quali hanno a essere murate con la calce. Poi con lo stucco che nel capitolo IIII dicemmo impastato di marmo pesto e di calce di trevertino, debbano fare sopra l’ossa predette la prima bozza di stucco ruvido, cioè grosso e granelloso, acciò vi si possi mettere sopra il più sottile, quando quel di sotto ha fatto la presa, e che sia fermo, ma non secco affatto. Perché lavorando la massa della materia in su quel che è umido, fa maggior presa, bagnando di continuo dove lo stucco si mette, acciò si renda più facile a lavorarlo. E volendo fare cornici o fogliami intagliati, bisogna avere forme di legno, intagliate nel cavo di quegli stessi intagli che tu vuoi fare. E si piglia lo stucco che sia non sodo sodo, né tenero tenero, ma di una maniera tegnente; e si mette su l’opra alla quantità della cosa che si vuol formare, e vi si mette sopra la predetta forma intagliata, impolverata di polvere di marmo; e picchiandovi su con un martello, che il colpo sia uguale, resta lo stucco improntato: il quale si va rinettando e pulendo poi, acciò venga il lavoro diritto et uguale. Ma volendo che l’opera abbia maggior rilievo allo infuori, si conficcano, dove ell’ha da essere, ferramenti o chiodi o altre armadure simili che tenghino sospeso in aria lo stucco, che fa con esse presa grandissima: come negli edificii antichi si vede, ne’ quali si truovano ancora gli stucchi et i ferri conservati sino al dì d’oggi. Quando vuole, adunque, l’artefice condurre in muro piano un’istoria di basso rilievo, conficca prima in quel muro i chiovi spessi, dove meno e dove più in fuori, secondo che hanno a stare le figure, e tra quegli serra pezzami piccoli di mattoni o di tufi, a cagione che le punte o capi di quegli tenghino il primo stucco grosso e bozzato; et appresso lo va finendo con pulitezza e con pacienza, che e’ si rassodi. E mentre che egli indurisce, l’artefice lo va diligentemente lavorando e ripulendolo di continovo co’ pennelli bagnati, di maniera che e’ lo conduce a perfezzione come se e’ fusse di cera o di terra. Con questa maniera medesima di chiovi e di ferramenti fatti a posta, e maggiori e minori secondo il bisogno, si adornano di stucchi le volte, gli spartimenti e le fabbriche vecchie, come si vede costumarsi oggi per tutta Italia da molti maestri che si son dati a questo esercizio. Né si debbe dubitare di lavoro così fatto come di cosa poco durabile, perché e’ si conserva infinitamente, et indurisce tanto nello star fatto, che e’ diventa col tempo come marmo.