Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Capitolo 31

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Capitolo 31

Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Capitolo 30 Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Capitolo 32 IncludiIntestazione 23 gennaio 2010 50% Biografie

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Cap. XXXI. Del musaico di legname, cioè delle tarsie; e dell’istorie che si fanno di legni tinti e commessi a guisa di pitture.

Quanto sia facil cosa l’aggiugnere all’invenzioni de’ passati qualche nuovo trovato sempre assai chiaro ce lo dimostra non solo il predetto commesso de’ pavimenti, che senza dubbio vien dal musaico, ma le stesse tarsie ancora, e le figure di tante varie cose, che a similitudine pur del musaico e della pittura sono state fatte da’ nostri vecchi di piccoli pezzetti di legno commessi et uniti insieme nelle tavole del noce e colorati diversamente; il che i moderni chiamano lavoro di commesso, benché a’ vecchi fosse tarsia. Le miglior cose che in questa spezie già si facessero furono in Firenze nei tempi di Filippo di ser Brunellesco e poi di Benedetto da Maiano; il quale, nientedimanco, giudicandole cosa disutile, si levò in tutto da quelle, come nella vita sua si dirà. Costui, come gli altri passati, le lavorò solamente di nero e di bianco; ma fra’ Giovanni Veronese, che in esse fece gran frutto, largamente le migliorò dando vari colori a’ legni con acque e tinte bollite e con olii penetrativi, per avere di legname i chiari e gli scuri variati diversamente, come nella arte della pittura, e lumeggiando con bianchissimo legno di silio sottilmente le cose sue. Questo lavoro ebbe origine primieramente nelle prospettive, perché quelle avevano termine di canti vivi, che commettendo insieme i pezzi facevano il profilo, e pareva tutto d’un pezzo il piano dell’opra loro, sebbene e’ fosse stato di più di mille. Lavorarono però di questo gli antichi ancora nelle incrostature delle pietre fini, come apertamente si vede nel portico di S. Pietro, dove è una gabbia con un uccello in un campo di porfido e d’altre pietre diverse, commesse in quello con tutto il resto degli staggi e delle altre cose. Ma per essere il legno più facile e molto più dolce a questo lavoro, hanno potuto i maestri nostri lavorarne più abbondantemente et in quel modo che hanno voluto. Usarono già per far l’ombre abbronzarle col fuoco da una banda, il che bene imitava l’ombra; ma gli altri hanno usato di poi olio di zolfo et acque di solimati e di arsenichi, con le quali cose hanno dato quelle tinture che eglino stessi hanno voluto, come si vede nell’opre di fra’ Damiano in S. Domenico di Bologna. E perché tale professione consiste solo ne’ disegni che siano atti a tale esercizio, pieni di casamenti e di cose che abbino i lineamenti quadrati, e si possa per via di chiari e di scuri dare loro forza e rilievo, hannolo fatto sempre persone che hanno avuto più pacienza che disegno. E così s’è causato che molte opere vi si sono fatte, e si sono in questa professione lavorate storie di figure, frutti et animali, che in vero alcune cose sono vivissime, ma per essere cosa che tosto diventa nera e non contrafà se non la pittura, essendo da meno di quella, e poco durabile per i tarli e per il fuoco, è tenuto tempo buttato invano, ancora che e’ sia pure lodevole e maestrevole.