Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Capitolo 7

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Capitolo 7

Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Capitolo 6 Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Capitolo 8 IncludiIntestazione 23 gennaio 2010 50% Biografie

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Cap. VII. Come si ha a conoscere uno edificio proporzionato bene, e che parti generalmente se li convengono.

Ma perché il ragionare delle cose particulari mi farebbe deviar troppo dal mio proposito, lasciata questa minuta considerazione agli scrittori dell’architettura, dirò solamente in universale come si conoscano le buone fabriche e quello che si convenga alla forma loro per essere insieme et utili e belle. Quando s’arriva, dunque, a uno edificio, chi volesse vedere s’egli è stato ordinato da uno architettore eccellente e quanta maestria egli ha avuto, e sapere s’egli ha saputo accomodarsi al sito e alla volontà di chi l’ha fatto fabricare, egli ha a considerare tutte queste parti. In prima, se chi lo ha levato dal fondamento ha pensato se quel luogo era disposto e capace a ricevere quella qualità e quantità di ordinazione, così nello spartimento delle stanze come negli ornamenti che per le mura comporta quel sito, o stretto o largo, o alto o basso; e se è stato spartito con grazia e conveniente misura, dispensando e dando la qualità e quantità di colonne, finestre, porte e riscontri delle facce fuori e dentro nelle altezze o grossezze de’ muri, e in tutto quello che c’intervenga a luogo per luogo. È di necessità che si distribuischino che lo edificio le stanze, ch’abbino le lor corrispondenze di porte, finestre, camini, scale segrete, anticamere, destri, scrittoi, senza che vi si vegga errori: come saria una sala grande, un portico picciolo e le stanze minori; le quali per esser membra dell’edificio, è di necessità ch’elle siano, come i corpi umani, egualmente ordinate e distribuite secondo le qualità e varietà delle fabriche: come tempii tondi, [in] otto facce, in sei facce, in croce, e quadri, e gli ordini varii secondo chi et i gradi in che si trova chi le fa fabricare. Perciò che quando son disegnati da mano che abbia giudicio, con bella maniera mostrano l’eccellenza dell’artefice e l’animo dell’auttor della fabrica. Perciò figureremo, per meglio esser intesi, un palazzo qui di sotto, e questo ne darà lume agli altri edifici, per modo di poter conoscere, quando si vede, se è ben formato o no. In prima, chi considererà la facciata dinanzi, lo vedrà levato da terra o in su ordine di scalee o di muricciuoli, tanto che quello sfogo lo faccia uscir di terra con grandezza, e serva che le cucine o cantine sotto terra siano più vive di lumi e più alte di sfogo; il che anco molto difende l’edificio da’ terremuoti e altri casi di fortuna. Bisogna poi che rappresenti il corpo dell’uomo nel tutto e nelle parti similmente, e che per avere egli a temere i venti, l’acque e l’altre cose della natura, egli sia fognato con ismaltitoi che tutti rispondino a un centro che porti via tutte insieme le bruttezze et i puzzi che gli possano generare infermità. Per l’aspetto suo primo, la facciata vuole avere decoro e maestà et essere compartita come la faccia dell’uomo: la porta da basso et in mezzo, così come nella testa ha l’uomo la bocca, donde nel corpo passa ogni sorte di alimento; le finestre per gli occhi, una di qua e l’altra di là, servando sempre parità, che non si faccia se non tanto di qua quanto di là negli ornamenti o d’archi, o colonne, o pilastri, o nicchie, o finestre inginocchiate, o vero altra sorte d’ornamento, con le misure et ordini che già s’è ragionato, o dorici, o ionici, o corinti, o toscani. Sia il suo cornicione che regge il tetto fatto con proporzione della facciata, secondo ch’egli è grande, e che l’acqua non bagni la facciata e chi sta nella strada a sedere. Sia di sporto secondo la proporzione dell’altezza e della larghezza di quella facciata. Entrando dentro, nel primo ricetto sia magnifico, e unitamente corrisponda all’appiccatura della gola ove si passa, e sia svelto e largo, acciò che le strette o de’ cavalli o d’altre calche che spesso v’intervengono, non faccino danno a lor medesimi nell’entrata o di feste o d’altre allegrezze. Il cortile, figurato per il corpo, sia quadro et uguale, o vero un quadro e mezzo, come tutte le parti del corpo, e sia ordinato di porte e di parità di stanze dentro con belli ornamenti. Vogliono le scale publiche esser commode e dolci al salire, di larghezza spaziose e d’altezza sfogate, quanto però comporta la proporzione de’ luoghi. Vogliono oltre acciò, essere ornate e copiose di lumi, et almeno sopra ogni pianerottolo, dove si volta, avere finestre o altri lumi; et insomma vogliono le scale in ogni sua parte avere del magnifico, attesoché molti veggiono le scale e non il rimanente della casa. E si può dire che elle sieno le braccia e le gambe di questo corpo; onde, sì come le braccia stanno dagli lati dell’uomo, così deono queste stare dalle bande dell’edificio. Né lascerò di dire che l’altezza degli scaglioni vuole essere un quinto almeno, e ciascuno scaglione largo due terzi, cioè come si è detto, nelle scale degli edifici publici, e negli altri a proporzione; perché quando sono ripide non si possono salire né da’ putti né da’ vecchi, e rompono le gambe. E questo membro è più difficile a porsi nelle fabriche, e per essere il più frequentato che sia e più comune, avviene spesso, che per salvar le stanze le guastiamo. E bisogna che le sale con le stanze di sotto faccino un appartamento commune per la state, e diversamente le camere per più persone; e sopra siano salotti, sale e diversi appartamenti di stanze che rispondino sempre nella maggiore; e così faccino le cucine e l’altre stanze; ché, quando non ci fosse quest’ordine et avesse il componimento spezzato, et una cosa alta e l’altra bassa, e chi grande e chi picciola, rappresenterebbe uomini zoppi, travolti, biechi e storpiati: le quali opre fanno che si riceve biasimo e non lode alcuna. Debbono i componimenti dove s’ornano le facce o fuori o dentro, aver corrispondenza nel seguitar gli ordini loro nelle colonne, e che i fusi di quelle non siano lunghi o sottili, o grossi o corti, servando sempre il decoro degli ordini suoi. Né si debbe a una colonna sottile metter capitel grosso né base simili, ma secondo il corpo le membra, le quali abbino leggiadra e bella maniera e disegno. E queste cose son più conosciute da un occhio buono, il quale, se ha giudicio, si può tenere il vero compasso e l’istessa misura, perché da quello saranno lodate le cose e biasimate. E tanto basti aver detto generalmente dell’architettura, perché il parlarne in altra maniera non è cosa da questo luogo.