[p. 291 modifica]Burla di un frate ad un mercante. — Usano i frati minori, a certi tempi, alcune loro quaresime, nelle quali essi non mangiano carne ne’ loro conventi; ma in viaggio, perchè essi vivano di limosine, hanno licenzia di mangiare ciò che è posto loro innanzi. Onde, abbattendosi, in detti viaggi, una coppia d’essi frati a un’osteria, in compagnia d’un certo mercantuolo, il quale, essendo a una medesima mensa, alla quale non fu portato, per la povertà dell’osteria, altro che un pollastro cotto; onde esso mercantuolo, vedendo questo essere poco per lui, si volse a essi frati, e disse: — Se io ho ben di ricordo, voi non mangiate in tali di ne’ vostri conventi d’alcuna maniera di carne. — Alle quali parole i frati furono costretti, per la lor regola, sanza altre cavillazioni, a dire ciò essere la verità: onde il mercantetto ebbe il suo desiderio; e così si mangiò essa pollastra; e i frati feciono il meglio poterono.