Lettere (Campanella)/C. Al cardinale nipote Francesco Barberini

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C. Al cardinale nipote Francesco Barberini

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C. Al cardinale nipote Francesco Barberini
XCIX. A Luigi XIII CI. Ad Urbano VIII

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Al cardinale nipote Francesco Barberini

Il Cardinal padrone non ha voluto giudicare da sé, ma dando ascolto a coloro da cui non può esser peggio servito, anche in Francia; pur tuttavia presto sentirá cosa che lo forzerá a cambiare opinione intorno all’esule, che intanto gli si raccomanda per la solita «lemosina», perché la pensione regia gli è pagata tardi e con stento.

          Eminentissimo e reverendissimo
               signore e padrone colendissimo,

Coloro che a Vostra Eminenza si sforzâro persuader che non sia vera l’abiura del marchese firmata e sigillata coram testibus, devean insieme persuaderli che rispondesse a nome di Sua Beatitudine al detto marchese d’Asserach una consolatoria; e che monsignor nunzio ci la consignasse e li dicesse: «Questa è risposta all’abiura che Vostra Signoria illustrissima mandò a Sua Beatitudine per via del padre Campanella». Ma perché Vostra Eminenza mi facesse mal per bene, desiderano non si sappia questa veritá. Ed altre assai: cioè ch’ogni giorno io rispondo agli eretici ed ateisti, e restano convinti con modi mirabili, secondo per tutti puntoni di Parigi ho posto le cartelle. E tutti vengono, odeno e poi dicono esser satisfatti; altrimente, non li licenzio. Vostra Eminenza mai non ha voluto conoscer co’ sensi suoi, ma d’altri; ma presto senterá cosa del suo servo che tutto il mondo sforzerá Vostra Eminenza a mutar opinione ed amarmi in grado supremo, quando al suo gran zelo s’accoppierá la mia sperienza. Di piú, l’avviso ch’io mostrai a questi signori ch’ella non era contraria al Cardinal duca né alla Sorbona ch’io presi per giudici nelle stampe. E ’l cancelliere fece fare secreti esamini nei miei libri, oltre di quelli che l’han approbati, per l’istanza di nunci, d’altri teologi suoi, i quali determinare per me.

Sappia anche che tutti conventi di Francia stanno in [p. 345 modifica]rumori. Perché, sendo eletto il padre maestro Mallet per provinciale, il padre generale non lo volle confirmar in quattro mesi, non ci essendo vizio nell’eletto né in la elezione. E però il Cardinal e ’l re ordinâro ch’eseguisca il suo officio secondo la bolla di Paolo II. Ed ora il padre generale mandò una scomunica contra chi l’obedisce; ed un breve apostolico, che eserciti l’officio di provinciale un altro maestro suo contrario. E non è obedito il breve né la scomunica. E ’l Cardinal duca scriverá a Vostra Eminenza le ragioni. Però li sia avvisato. E non lasci correr le passioni altrui per ragioni. Io sempre avvisarei: e con veritá, perché non pesco dignitá qui, ma solo il servizio di Nostro Signore. Ma nescímus si sumus digni amore vel odio. Però taccio. Se voi ch’io stampi le cose di Sua Beatitudine col Commento, lo farò. Resto al suo comando, e prego Dio per Sua Beatitudine e casa Barberina. Si ricordi ordinar ad altro mi dia la solita lemosina, non ci essendo piú qui monsignor Mazarini che mi donò per tutto il mese di gennaro. E la pension del re si paga tardi e con stento. Consideri Vostra Eminenza che il centone De praedestinatione ex verbis divi Thomae è di tanta importanza che con facilitá risponde ad ogni argomento eretico, e consola le conscienze e mette pace tra la republica e la religione di Dio, insperata secondo l’opinioni correnti, facilissima secondo la mia. E s’altro avesse fatto ch’io sventurato. Vostra Eminenza li darebbe il suo cappello, quando leggerá etc. Io solo desidero la gloria di Dio e di Nostro Signore ed a Vostra Eminenza ogni bene, e per me la fatica utile.

Prostrato in terra abbraccio i piedi di Nostro Signore, pregandolo che faccia conoscer a Vostra Eminenza la mia ingenuitá, e che non mi vituperi nel ben ch’io faccio, se prima non è certa ch’io mento, come dice la fraudolenta malizia: «et quae noluit intelligere ut bene ageret».

 Parigi, 21 aprile 1636.

Servitore umilissimo, fedelissimo, veracissimo
Fra Tomaso Campanella.