Lettere (Machiavelli)/Lettera V a Francesco Guicciardini
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Magnifico D. Francisco de Guicciardinis etc.
Signor Presidente. Io ho differito lo scrivervi ad oggi, perché io non ho potuto prima che oggi andare a vedere la possessione di Colombaja: sì che vostra S.ria mi harà di questo indugio per iscusato.
Rem omnem a Finochieto ordiar. Et vi ho a dire la prima cosa questo: che tre miglia intorno non si vede cosa che piaccia: l'Arabia Petreja non è fatta altrimenti. La casa non si può chiamare cattiva, ma io non la chiamerò mai buona, perché la è sanza quelle commodità che si ricercono; le stanze sono piccole, le finestre sono alte: un fondo di torre non è fatto altrimenti. Ha innanzi un pratello abbozzato; tutte l'uscite ne vanno in profondo, da una in fuora che ha di piano forse 100 braccia; et con tutto questo è sotterrata intra monti talmente, che la più lunga veduta non passa un mezzo miglio. I poderi, quello che rendono vostra S.ria lo sa, ma eglino portano pericolo di non rendere ogni anno meno; perché eglino hanno molte terre che l'acqua le dilava talmente, che se non vi si usa una gran diligenzia a ritenere il terreno con fosse, in poco tempo e' non vi sarà se non l'orsa; et questa vuole il signore, et voi state troppo discosto. Io sento che i Bartolini hanno fatto incetta di quello paese, et che manca loro casa da hoste: quando voi potessi appiccarlo loro addosso, io ve ne conforterei, perché un bene loro sta, vi dovrebbe cavare di danno. Quando costoro non vi venghino sotto, o volendolo tenere o volendolo vendere, io vi conforterei a spendervi 100 ducati; co' quali voi forniresti il pratello, circuiresti di vigna quasi tutto il poggio che regge la casa, et faresti otto o dieci fosse in quelli campi che sono fra la casa vostra et quella del primo vostro podere, i quali campi si chiamano la Chiusa: nelle quali fosse io porrei frutti vernerecci et fichi; farei una fonte ad una bella acqua che è nel mezzo di quelli campi a piè d'una pancata, che è quanto di bello vi è. Questo acconcime vi servirà all'una delle due cose: la prima, che se voi lo vorrete vendere, chi lo verrà a vedere, vede qualche cosa che gli piaccia, et forse gli verrà voglia di ragionar del mercato; perché mantenendolo così, et i Bartolini non lo comperino, io non credo lo vendiate mai se non a chi non lo venissi a vedere, come facesti voi. Quando voi lo vogliate tenere, detti acconcimi vi serviranno a ricorvi più vini, che sono buoni; et a non vi morire di dolore quando voi andrete a vederlo. Hoc de Finochieto satis.
Di Colombaja, io vi confermo per quanto si può vedere con l'occhio tutto quello che Iacopo vi ha scritto et che Girolamo vi ha detto. Il podere siede bene, ha le strade et i fossi intorno la valla, et volta fra mezzodì et levante: i terreni appariscono buoni, perché tutti i frutti vecchi et giovani hanno vigore assai et vita addosso: ha tutte le comodità di chiesa, di beccajo, di strada, di posta, che può havere una villa propinqua a Firenze: ha de' frutti assai bene, et nondimeno vi è spazio da duplicargli. La casa è in questo modo fatta. Voi entrate in una corte la quale è per ogni verso circa 20 braccia; ha nella fronte, dirimpetto all'uscio, una loggia col palco di sopra, et è lunga quanto lo spazio della corte, et larga circa 14 braccia. Ha questa loggia in su la mano ritta a chi guarda verso quella, una camera con una anticamera, et in su la mano manca una sala, con camera et anticamera: tutte queste stanze con la loggia sono abitabili, et non dishonorevoli: ha in su questa corte cucina, stalla, tinaja, et un altro cortile per polli et per nettare la casa. Ha sotto due volte da vino vantaggiate; ha di sopra molte stanze, delle quali ve ne sono tre, che con 10 ducati si rassetterebbono da alloggiarvi huomini dabbene; i tetti non sono né cattivi né buoni; in somma, io vi concludo questo: che con la spesa di 150 ducati voi abitereste comodamente, allegramente et non punto dishonorevolmente. Questi 150 ducati bisognerebbe spendergli in rifare uscia, lastricare corti, rifare muricciola, rimettere una trave, rassettare una scala, rifare una gronda del tetto, racconciare et ravvistare una cucina, et simili pateracchie che darebbono vista et allegrezza alla casa; et così con questa spesa potresti abitare tanto, che vi venissi bene d'entrare in uno mare magno.
Quanto all'entrate, io non le ho ancora riscontre a mio modo, per non ci essere uno a chi io desidero parlare. Per altra ne darò a vostra S.ria avviso particolare.
Questa mattina io ricevetti la vostra, per la quale mi avvisavi in quanta grazia io ero con la Maliscotta: di che io mi glorio più che di cosa che io habbia in questo mondo. Fiemi caro di esserle tenuto raccomandato.
Delle cose de' re, delli imperadori et de' papi, io non ho che scrivervi: forse che per altra ne harò, et scriveròvvi.
Prego V. S. diciate a madonna V., come io ho fatto le salutazioni a tutti i suoi et le sue, et in particulare ad Averardo; i quali tutti si raccomandano a V. S. et a lei. Et io a V. S. infinitissime volte mi raccomando et offero.
Addì 3 d'Agosto 1525.