Lettere (Machiavelli)/Lettera X a Francesco Guicciardini

Da Wikisource.
Lettera a Francesco Guicciardini

../Lettera IX a Francesco Guicciardini ../Lettera XI a Francesco Guicciardini IncludiIntestazione 18 settembre 2008 75% lettere

Lettera a Francesco Guicciardini
Lettera IX a Francesco Guicciardini Lettera XI a Francesco Guicciardini

A messer Francesco Guicciardini ecc.

Signor Presidente. Io credetti havere a cominciare questa mia lettera, in risposta all'ultima di Vostra Signoria, in allegrezza, et io la ho a cominciare in dolore, havendo voi havuto un nipote tanto da ciascuno desiderato, et essendosi poco appresso morta la madre; colpo veramente non aspettato né da lei, né da Girolamo meritato. Nondimeno, poiché Iddio ha voluto così, conviene che così sia, et non ci sendo rimedio, bisogna ricordarsene il manco che si può.

Quanto alla lettera di V. S., io mi comincerò dove voi, per vivere in tante turbulentie allegro. Io vi ho a dire questo: che io verrò in ogni modo; né mi può inpedire altro che una malattia, che Iddio ne guardi, et verrò passato questo mese, et a quel tempo che voi mi scriverrete. Quanto alla Barbera et a' cantori, quando altro rispetto non vi tenga, io credo poterla menare a quindici soldi per lira. Dico così perché l'ha certi innamorati, che potrebbono inpedire; pure, usando diligentia, potrebbono quietarsi. Et che lei et io habbiamo pensato a venire, vi se ne fa questa fede: che noi habbiamo fatto cinque canzone nuove a proposito della commedia, et si sono musicate per cantarle tra gli atti; delle quali io vi mando alligate con questa le parole, acciò che V. S. possa considerarle; la musica, o noi tutti o io solo ve la portereno. Bisognerà bene, quando lei havesse a venire, man-dare qui un garzone de' vostri con 2 o 3 bestie; et questo è quanto alla comedia.

Io sono stato sempre di oppinione, che se lo inperadore disegna diventare dominus rerum, che non sia mai per lasciare il re, perché, tenendolo, egli tiene infermi tutti gli avversarii suoi, che gli danno, per questa ragione, et daranno quanto tempo egli vorrà ad ordinarsi, perché e' tiene hora Francia et hora il papa in speranza d'accordo, né stacca le pratiche, né le conclude; et come egli vede che li Italiani sono per unirsi con Francia, e' ristrigne con Francia i ragionamenti, tanto che Francia non conclude, et egli guadagna, come si vede che egli ha con queste bagattelle già guadagnato Milano, et fu per guadagnare Ferrara, che gli riusciva se gli andava là; il che se seguiva, del tutto era spacciata la Italia. Et perdonimmi questi nostri fratelli spagnuoli: eglino hanno errato questo tratto, che quando il duca passò per la Lonbardia che egli andava in là, e' dovevano ritenerlo, et farlo andare in Spagna per mare; et non si fidare che vi andasse da sé, perché potevano credere che potessino nascere molti casi, come sono nati, per i quali egli non andrebbe.

Si intendeva da 4 dì indietro ristringimenti di Italia et di Francia, et credevonsi, perché, essendo morto il Pescara, stando male Antonio da Leva, essendo tornato il duca di Ferrara, tenendosi ancora i castelli di Milano et di Cremona, non sendo obligati i Viniziani, essendo ciascuno chiaro della anbitione dello inperadore, pareva che si havesse a desiderare per ciascuno di assicurarsene, et che la occasione fosse assai buona; ma in su questo sono venute nuove che lo inperadore et Francia hanno accordato, et che Francia dà la Borgogna, et piglia per moglie la sorella dello inperatore, et lasciali quattrocentomila ducati che l'ha di dote, et dotala lui in altanti, et che dà per statichi o i due figlioli minori o il Delfino, et che gli cede tutte le ragioni di Napoli, di Milano, etc. Questo accordo così fatto è da molti creduto, et da molti no, per le ragioni sopradette, anzi credo che lo habbia ristretto per inpedire quelli ristringimenti sopradetti, et dipoi lo cavillerà et romperallo. Stareno hora a vedere quello che seguirà.

Intendo quanto voi mi dite della faccenda vostra, et come vi pare havere tempo a pensare, per non essere i tempi atti; a che io replicherò due parole con quella sicurtà che mi comanda l'amore et reverenza che io vi porto. Sempre, mentre che io ho di ricordo, o e' si fece guerra, o e' se ne ragionò; hora se ne ragiona, di qui a un poco si farà, et quando la sarà finita, se ne ragionerà di nuovo, tanto che mai sarà tempo a pensare a nulla; et a me pare che questi tempi faccino più per la faccenda vostra, che i quieti, perché, se il papa disegna di travagliare, o e' teme di esser travagliato, egli ha a pensare di havere bisogno, et grande, di voi, et in consequenza ha da desiderare di contentarvi.

Addì 3 di Gennaio 1525.

Niccolò Machiavelli in Firenze