Lettere (Sarpi)/Vol. II/206

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CCVI. — Al signor De l’Isle Groslot

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CCVI. — Al signor De l’Isle Groslot
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CCVI. — Al signor De l’Isle Groslot.1


È avvenuto a me l’istesso che a V.S., d’aver ricevuto tre lettere, tutte in un tempo. Io non ho mancato di scriverle per ogni corriero, e non sono per mancare, eccettuati i casi d’impossibilità. E se bene V.S. sarà assente per la causa che mi dice, continuerò tuttavia con speranza, che se le lettere non le perverranno in mano così presto come se Ella fosse ferma in un luogo, saranno però salve.

La prima sua è delli 15 febbraro, accompagnata dall’Apologia di Richéome, che mi è stata gratissima pel disegno che ho di servirmene in qualche nostro affare; e ne rendo a V.S. le debite grazie, restando però con obbligo di contraccambiar la sua cortesia in cosa che io possa giudicar doverle esser grata. La seconda sua è delli 29 febbraro, insieme con l’istoria del degnissimo consiglio tenuto in casa del cardinale, dal quale non si possono aspettare altri frutti per verificare la scrittura [p. 302 modifica]divina, che l’impio si faccia peggiore ec. Io veggo che il libretto di Richer ha sonato all’arma,2 e che sino adesso ha svegliato molti che dormivano, e messoli in difesa; e quantunque non ne seguitasse maggior bene, quello ch’è successo sin ora è assai. Io però sto con molta gelosia tra il timore e la speranza, perchè se il Parlamento sta costante e che non vien constretto, a nostra memoria non si diede mano ad impresa di maggior conseguenza.

Delli matrimoni si è parlato assai; e adesso pare che le cose di Germania abbiano coperto ogni altra cosa sotto silenzio; le quali pare che s’imbroglino grandemente, ed io stupisco intendendo tante novità senza dirsi che i Gesuiti vi mettino mano. Non è credibile che in una tanta azione non voglino fare la parte loro, e il non esser sino al presente nomati fa suspizione che siano reservati alla catastrofe della favola.

La congiunzione dei due vicari imperiali sarà molto utile per fare proceder con maturità; e le turbe che nascono in Ungheria, Boemia e Austria, mostrano che non sarà così facile continuare la successione. Nissuna cosa è più utile, quanto che l’imperatore si separi del papa: se bene la verità è, che il pontefice non ha dato altro all’imperatore, che la coronazione; ma però fra le Decretali ha posto, che ad esso pertenga l’esame dell’elezione e della persona eletta, e la confermazione; che l’eletto imperatore gli debba fare giuramento, e che quel giuramento sia di fedeltà. Ha poi statuito che [p. 303 modifica]l’amministrazione dell’impero vacante s’appartenga a lui. Caso che fosse eletto non papista, le pretensioni potrebbono esser poste in...3 Ma Dio soprastà a tutte le cose, e sì come vuole esser pregato con gli affetti umani, così vuole esaudire secondo i consigli divini.

Ebbi già un’altra delle Lettere apologetiche del padre Solier. Mi piace averne due, ora che intendo il tentativo di sopprimerla; e veramente, se i Gesuiti si vergognano, gli scuso, perchè ve n’è gran ragione. Ho veduto l’arringa del rettore dell’Università, e, conforme al giudicio di V.S., giudicatola bella di parole e di effetti. Indovino i rispetti pei quali monsignor Servili differisce di pubblicar la sua, la quale se verrà tardo, sarà più lungo tempo desiderata.

Rendo molte grazie a V.S. per gli avvisi che mi dà nell’ultima, la quale è dei 15, e mi conformo al giudicio suo, che non si può evitare il castigo meritato. Però i castighi paterni sono anco da desiderare, causando in fine correzione: ben debbe dispiacer la causa, che sono i nostri mancamenti.

È partito il signor Gussoni, e dopo questa, le altre verranno a V.S. per sua mano. Quando il signor Barbarigo sarà qui, terremo qualche volta ragionamento di lei con il padre Fulgenzio e il signor Molino, che le baciano la mano.

Per la passata le diedi avviso delle cose fatte qui verso i Gesuiti, che credo non dispiacerà averlo inteso. Da Roma non vi è cosa di momento, se non uffici che fa il pontefice acciò la casa d’Austria [p. 304 modifica]sia unita, e i Cattolici siano congiunti con loro. Pensa ancora il papa di far andar alla sua residenza tutti i vescovi che sono in corte; per il che, il cardinale Borghese, che già sei mesi sono ha avuto l’arcivescovato di Bologna, lo rinuncia: però, al nuovo arcivescovo darà due mila scudi, e il rimanente, che sono 14 mila, resteranno a lui.

Di qua non vi è altro, se non che in alcune terre di giurisdizione Bergamasche, ma diocesi Milanese, il cardinal Borromeo ha fatto pubblicare un editto, che nessuno possi aver commercio con Grigioni e Svizzeri, nè possino esser alloggiati da alcuno passando; e, in contrario, dai magistrati è stato fatto in pubblico un proclama condannando l’editto, e approvando il commercio e l’ospitalità.

Ai confini di Ferrara, tra il papa e la Repubblica passano qualche cose nuove, con pericolo di conseguenza. Qui è fama che il signor Pascal abbia detto in Grisoni, che la Repubblica abbia stretta intelligenza col papa contro i Reformati, e abbia avuto mano nella morte del re: che sarebbe un atto di poca buona persona, e viene di tal parte ch’io quasi lo credo. Quel libretto De potestate ecclesiastica et politica,4 è tanto desiderato qua, che io vengo costretto di pregar V.S. per averne un altro esemplare; e se non credessi esser importuno, direi due. E qui facendo fine, le bacio riverentemente la mano, pregando Dio che le doni ogni prosperità.

Di Venezia, il 10 di aprile 1612.


Note

  1. Edita nella raccolta di Ginevra, pag. 464.
  2. Da questa frase, ch’era propria delle milizie in tempi ancora più antichi di quelli del Sarpi, venne il nome francese di alarme.
  3. Lacuna della prima stampa.
  4. Cioè l’operetta, allora sì celebre, del Richer.