Liber de doctrina loquendi et tacendi/Capitolo II
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Traduzione dal latino di Andrea da Grosseto (1268)
Come tu déi guardare la cosa che vo' dire s'è vero o falso
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Dapoi ch’è veduto come si dé intendere questa parola chi tu se’, vo’ ti mostrare che tu déi intendere per quest’altra: che cosa.
E certo tu déi gurdare se la cosa che tu voli dire è verità o falsità: [se falsità] non la de’ dire, ançi ciò che tu dirai sia pura verità.
Onde disse Gesù Sirac: "Inançi ad tutte l’opere tue sì vadano parole di verità e innançi che tu facci la cosa déi esser fermamente consigliato",
perciò che la verità è da honorare sopra tutte l’altre cose, inperciò ch’ella sola fa esser gl’omini presso a dDio, secondo che e’ medesmo dice: "Io sono via e verità".
Addunque, se tu voli parlare, déi al pustuto dire la verità, levando da te ognie bugia.
Onde disse Salamone nell’Eclesiastico: "Più è da amare un ladrone che un che dicha sempre bugie e falsità".
E un altro savio disse: "Adconsente a la verità, o dichila tu ad un altro o un altro la dica ad te".
Et Cassiodero disse: "Pessima usança è a bbiasmare la verità"; intendo la verità ch’è pura, ne la quale non è meschiata alcuna falsità.
E ciò è che disse Cassiodero: "Buona cosa è verità se con essa non è meschiata alcuna falsità"; e intendo de la verità semplice, cioè leiale.
Onde disse Seneca: "Le parole di cului che vuole adoperare verità debono essere semplice e non composte", cioè mariscaltrite.
Debbi addunque in tal modo parlare verità, che ciò che tu di’ possi lealmente giurare e non abbia alcun disguaglio a la tua simplice parola nel seramento.
Onde disse Senica: "Cului che dice tai parole, che non le può giurare, tiene a vile e per nulla il seramento".
Et anche disse nel libro De la forma dell’onesta vita: "Non sia punto dif[feren]ça fra te de dire e d’affermare le parole e de giuralle, perciò che là dunque si tratta e si dicie o fas[s]i mentioni de la verità, ivi si tratta de la fede, e si dice sante e cortese cose.
E advegna che non si chiami, né non si faccia invocacione e preghieri a dDio con seramento e con testimonio, almeno non déi passare la verità, acciò che non passi la legie de la giusticia.
Et se alcuna fiata tu se’ constretto di dire e d’usare alcuna bugia, tu la déi dire a ddifendimento de la verità e non de la falsità.
E si t’averà che tu possi recomperare o guardare una fedeltà e una giusta cosa per una bugia, non serai perciò tenuto bugiardo, ançi ne serai lodato,
perciò che `l giusto homo non può mentire, né ingannare quando egli à giusta cagione, onde quelle cose che de’ dire dicele, e quelle che non de’ dire non dice".
Déi addunque verità pura e semplice dire, et pregha Dio che faccia da lunga da te la parola falsa e di bugia.
Onde Salamone pregò Dio e disse: "Signore Dio, due cose ti prego che tu mi facci, innançi ch’io muoia, cioè vanità e parola di falsità fa di lungi da me".
Et secondo che tu non déi dire contra la verità, così né fare.
Onde disse san Paulo, ne la seconda Pistola che mandò ai Corinthi: "Noi non potemo alcuna cosa contra la verità, ma co’ la verità".
Anche déi dire tal verità che sia creduta, ch’altremente serebbe tenuta falsità, perciò che la verità che nonn-è creduta è reputata e tenuta secondo che bugia e falsità e la bugia che è creduta pare secondo que verità;
et perciò ti dissi di sopra che tu déi dire verità, schifando ogni bugia malscaltrita, cioè ingannevile.
Onde non dé essere tenuto falso o fallacie que’ que dice la falsità e crede che sia verità; e adviene altresì lo contrario, che cului che dice la verità e crede dire falsità non dé essere tenuto buono, ançi falso e ingannatore.
E nonn-è libero da falsità cului che conosce la falsità e diciela volontieri, secondo che dice beato Augustino.
Anche déi guardare se la cosa che tu vuo’ dire è aspra o soave o dolce, perciò che le dolce parole son da dire e l’aspre sono a ppustuto da tacere.
Onde disse Gesù Sirac: "Viole e cennamelle fanno dolce sono e delettevole canto, ma sopra tutte è la lingua che dicie soave parole".
E anche disse: "La parola dulce multiplica gli amici e adhumilia gli nimici".
E anche si suol dire che la selva tiene la lepre, ma la lingua del savio huomo tiene sapiencia e dolceça.
Et Panfilo disse: "Dolce parlare acquista e conserva amore".
Anche déi guardare se quel che tu vuo’ dire è duro o molle, cioè orgoglioso o umile, perciò che le parole molli sono sempre da dire, e non le dure.
Onde disse Salamone: "La molle risponsione rompe e speçça l’ira, ma la parola dura suscita furore, cioè comune nequità".
Anche déi guardare se quel che tu vuo’ dire è bello o soçço, perciò che le belle e le buone parole son da dire, lasciando al pustutto le soççe e le rie cose.
Onde disse san Paulo ne la Pistola prima ad quelli di Chorinthia: "Non vi lasciate ingannare, che le male parole corrompono li buoni costumi".
E in un altro luogo disse a que’ di Effesia: "Neuna parola soçça v’esca de la bocca vostra".
Et anche in quel medesmo luogo disse: "Soççe parole, né oscure, né stolte non siano in voi, secondo che si conviene ai santi".
E Seneca disse De la forma de l’onesta vita: "Guardatevi de le soççe parole, che la loro usança notrica stolteça".
E Salamone disse: "Huomo ch’è usato di dire parolae ingiuriose e d’oltraggio, non si gastigarà in tutti li die de la vita sua".
Addunque la parola tua non sia soçça, ma sempre sia condita di sale di gratia; perciò che dice san Paulo ne la Pistola ad Colocenses: "La parola vostra sempre sia condita di sale di gratia, adcciò che sacciate come si conviene rispondere ad ciascuna persona".
Anche déi guardare che tu non dichi parole oscure, né dubbiose, ma de’ dire cosa chiara et aperta.
Unde dice la Legie che nonn-è disguaglio tra cului che niega e cului che tacie e cului che risponde oscuro quanto a questo, ch’è lasciare in dubbio colui che domanda.
Onde si truova scripto che meglio è esser muto, che dire quel che neuno huomo non dé intendere.
Anche déi guardare non tu dichi alcuna chosa soffistica, cioè vanagloriosa e ingannevole, perciò che disse Gesù Sirac:
"Cului che parla soffisticamente, cioè ingegnosamente, è odiato da ogn’omo e non à alcuna graçia da Dio, perciò che ogne chosa vuole frodare e torre ad altrui".
Anche déi guardare che tu non dichi, né facci alcuna cosa ingiuriosa e che torni a ddisinore d’alcuno, perciò che si truova scripto che chi fa ingiuria ad uno minaccia molte gente.
Onde Gesù Sirac disse: "Non ricordare la `ngiuria al prossimo e non fare alcuna cosa che sia d’ingiuria".
E Casseodoro disse: "Per una ingiura si struge tutta una schiacta, cioè tutto uno parentado".
E santo Paulo disse in de la Epistola ad Colocenses: "Colui che farà ingiura riceverà male di quelle cose che fae malvagiamente".
Et Seneca disse in una Pistola: "Aspetta da un altro quel che tu fai ad un altro".
E questo s’intende di ciascuna iniuria e malvagità e massimamente di quella che si fa sotto speçia di far bene, e fa male.
Onde dice Tullio che nonn-è maiore ingiuria que quella che l’uomo fa acciò che e’ paia buono huomo e vuole ingannare altrui.
Unde le `ngiurie e disnori sono cagioni di gran male, e non solamente fanno dapno ad questo e ad quello, ma eçiamdio a tutto un regno e una provincia ne sostiene distructione e mutamento tal fiata.
E ciò è che dice Gesù Sirac: "Una provincia si transmuta da gente in gente per le ingiurie e per le malvagità".
Non solamente déi guardare di dire e di fare ingiuria ad un altro, ma etiamdio déi contastare ad un altro che vuole fare alcuna ingiuria, se tu puoi agevolemente.
Onde dice Tullio nel libro de gli Offici: "Due modi son di fare ingiuria: l’uno è quando altre di sé fa ingiuria a l’altro e l’altro è quando altri può sì fare, che un altro non faccia ingiuria all’altro e non lo fa".
E pongoti tale exemplo: se Petro può sì fare che Martino non faccia ingiuria ad Giovanni e nol fa, Petro fa ingiuria ad Giovanni, secondo che Martino.
E è altresì gran viçio se tu non contrasti a la ingiuria che può essere facta al vicino tuo, se tu puoi, come se tu abbandonassi tuo padre e tua madre e la terra tua e tutti gli amici tui.
E dico: "Se tu puoi agevolemente"; perciò che quella cosa può l’uomo fare, che puoi agevolmente, secondo che la nostra leggie dice.
E se un altro ti dice ingiuria, déi star queto, perciò che santo Augustino disse nel libro Del Sommo bene, che più gloriosa cosa è ad passare una ingiuria e sofferire tacendo, che, rispondendo, vincere cului che ti dice ingiuria.
Anche déi guardare che tu non dichi chosa di tradimento, perciò che non è neuna chosa sì mortale ne la cità come `l tradimento.
Anche déi guardare che tu non dichi cosa schernevole, né all’amico, né al nemico tuo, né ad un’altra persona.
Unde si truova scripto che l’uomo non dé schernire l’amico suo per giuoco, perciò che, quanto egli serà migliore amico, tanto più lo terrà per male se tu farai beffe di lui;
e colui che è tuo inimico tosto verrà a parole con teco, perciò che nonn-è alcuna persona, se altri fa beffe e scherne di lui, che egli non ne sia dolente, e che non si menomi l’amore tra lui e cului che fa beffe di lui.
E secondo che dice la Regola dell’amore, l’amore che si menoma, tosto viene meno e rade volte cresce.
E certo tanto potresti fare ingiuria altrui, che tu udiresti e riceveresti cosa che non ti piacerebbe.
Onde disse Salamone che chi rinunça gl’altrui viçii, tosto udirà rinunçare di sui peccati.
Et Marçial disse: "Quelli che scernisce altrui non andrà che egli non sia schernito".
E anche disse che da biasmare è quelli che fa privatamente beffe de l’altro; e soçça cosa è ad cului che seguita quelle beffe.
Anche de’ guardare la duodecima cosa, che tu non dichi alcuna cosa dolosa, cioè malvagia.
Unde disse il profeta, cioè David, nel Salterio: "Domenedio disperga tutte le bocche che parlano malvagiamente e la lingua che parla gran cose".
La tertiadecima che tu déi guardare si è che tu non dichi alcuna chosa con superbia, perciò che Salomon disse che cholà ove serà superbia, ivi serà ingiuria e quivi ove serà humilità, ivi serà sapientia con gloria.
E Iob disse: "Se la superbia andasse infino al cielo e toccasse li nuvoli col capo, ne la fine serà sperta e avilita come feccia".
E Gesù Sirac disse: "L’uomo soperbio è odiato da Dio e da tutti gl’uomini del mondo; e è da vituperare ogna nequità".
E anche disse: "Le tençioni e le `ngiurie destrugono la sustança dell’uomo, e la casa ch’è riccha diventerà povera per la superbia".
Anche déi guardare che tu non dichi alcuna cosa oçiosa, perciò che si truova scripto che d’ogne parola oçiosa dovremo rendere ragione.
Sia addunque la parola tua e tutto lo parlare tuo vero e efficace, e non vano, sia ragionevole, dolce e soave, sia molle e non duro, sia bello e non soçço e rio, sia aperto e non obscuro, né dubbioso, sia non soffistico, né ingiurioso, e non sia sediçioso, cioè pieno di tradimento;
sia non schernevole, sia non doloso, cioè ingannevile, sia non superbio, sia non oçioso, cioè sença uttilitade.
E queste cose ti dò per regola e per amaestramento generale, perciò che tutte le cose che guastano la pietà nostra e la stimaçion nostra, la vergogna nostra, e brevemente tutte le cose che son contra buon custumi, non è da tenere, né pur da creder che noi le possiam fare, secondo che la legie nostra dice.
E secondo che noi non le dovem fare, così non le dovemo dire, perciò che Socrate disse: "Quelle cose che son soççe a fare non credo che siano honeste a dire".
Addunque déi dire sempre cose honeste, non solamente infra coloro che tu non cogniosci, ma eçiamdio fra li amici tui,
perciò che cului che usa honeste parole fra gli altri nonn-è convenevole cosa che elli usi inhoneste parole fra i suoi, con ciò sia cosa che in ciascuna parte de la vita nostra sia molto necessaria l’onestà.
E certo infiniti exempli ti potrei dare ad exponere questa parola che chosa, ma queste cosa che io t’ò dette ti bastino a questa fiata.