Libro detto strega o delle illusioni del demonio/Dedica

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F. Leandro delli Alberti Bolognese dell'ordine de predicatori alla molto illustre Signora della Mirandola Madonna Giovanna Caraffa Pica

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F. Leandro delli Alberti Bolognese dell'ordine de predicatori alla molto illustre Signora della Mirandola Madonna Giovanna Caraffa Pica
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Essendosi scoperto l’anno passato, Illustre Signora, costì quel tanto malvagio, scelerato e maladetto Giuoco detto della Donna, dove è rinegato, biastemato e beffato Iddio, et anchor concolcata colli piedi la croce santa, dolce refrigerio de fedeli Christiani e seguro stendardo, e dove anche vi sono fatte tante altri biasimevoli opere contra della nostra santissima fede, il perché essendo stato intieramente investigato, e poderosamente conosciuto, et anchor proceduto giuridicamente dal saggio e prodo censore et inquisitore delli heretici, furono da lui consignati al giudice molti di questi maladetti huomini, il quale, secondo il comandamento delle leggi, li fece porre sovra di una grandissima stipa di legna e brusciarli in punitione delle loro sceleragini et ancho in essempio dell’altri. Hor così di giorno in giorno procedendosi per istirpare e sveglere cotesti cespugli di pungenti spine di mezzo delle buone et odorifere herbe de fedeli Christiani, cominciarono molti con ingiuriose parole a dire non esser giusta cosa che questi huomini fussero così crudelmente uccisi, conciosia che non haveano fatto il perché dovessino ricevere simile guiderdone. Ma ciò che dicevano di detto Giuoco, il dicevano o per sciocchezza e mancamento di cervello, overo per paura delli asperi martorii, e non pareva verisimile che fussero fatti dall’huomini tanti obbrobriosi vituperii et ischerni alla hostia consegrata, né alla Croce di Christo, né anche alla nostra santissima fede, e questo facilmente puotevasi confermare, perché molti di essi, prima havendolo detto, dipoi costantemente lo negaveno, il che non farebbono, se così in verità fusse suto fatto. Et oltra di ciò dicevano anchora molte altre cose per fortificare questi suoi biasimevoli ragionamenti, il perché di giorno in giorno maggiormente crescevano nel popolo simili mormorii: la qualcosa intendendo lo illustre prencepe signore Giovanfrancesco, de V. Signoria amantissimo consorte, homo certamente non manco christiano che dotto e litterato, sendo alquanto dubbioso di questa cosa, diliberò di vuolere intenderla molto intieramente, et con sottile investigatione conoscere così il fondamento, come tutte l’altre menome cose erano fermate sovra di esso, prima intervenendovi e ritrovandosi alle essaminationi di quegli avanti dello inquisitore, et ancho dipoi interrogandoli da sé a sé, a parte per parte, di detto scelerato Giuoco, e delli abominevoli riti, e profani costumi, et iscommunicati modi, e maladette operationi che ivi continuamente si fanno, e non solamente da uno di quelli ma da gran numero, e ritrovandoli accozzare insieme in quelle cose che erano di maggior importanza (benché in alcune menome cose paiono alcuna volta alquanto disconvenevoli, o sia per mancamento di memoria, o per inganno e frode del Demonio malegno), cioè esser sommersi in tanti sozzi vitii che non può la pudica e casta orecchia del Christiano udirle senza grave fastidio, sicome vero servo di Messer Giesù Christo et ancho sicome homo literato e dotto, per scoprire li aguaiti e nascoste insidie del Demonio e fare respiandere in ogni luogo la rutilante verità della fede di Christo, acciò che ciascun se debbia ben guardare dalle frode dell’aguto nostro nemico, et anchor per poterlo meglio in ogni luogo perseguitare, have pigliato l’aguto calamo e scrisse tre libri di cotesta ria, scelerata e perversa schola del Demonio, facendo disputare insieme con un certo festevolo modo duoi trastulevoli, ma dotti compagni, e dipoi essaminando una astuta strega, e facendo anchor al fin dare la sententia ad uno molto dotto giudice, con tanto ordine e con tanta varievole dottrina e dilettevole festa, che non può far il lettore, havendo comenciato di leggere, non lo seguiti di finire, sempre leggendo cose curiose, rade, dotte, dalle quali egli è tenuto fermo, e dipoi sempre sperando di ritrovarne anche dell’altre non men aggradevoli. Hor nel primo libro, o sia nel primo dialogo, dimostra come il Demonio malegno fece forza per insino dalli tempi antichi d’ingannare l’huomini con diversi modi, e quivi descrive tutti quelli maladetti modi che hora usano questi sciagurati huomini di questa iscommunicata compagnia chiamata del Giuoco della Donna, esser suto fatti anticamente, ma in diversi tempi. Il perché con molto studio, ritrova li cerchii, li unguenti, le resposte havute dalli Demonii, e li ragionamenti e la familiarità grande havuta insieme con essi, li viaggi per aria fatti da luogo a luogo, le trasmutationi, cioè che faceva apparere il Demonio fussero cangiati l’huomini in animali sanza ragione, et anchora in uccelli, e così dimostra tutte l’altri illusioni et imaginationi, che hora vi fa apparere in questo diabolico giuoco, esser stato fatte in quelli antichi tempi, e così tutte l’altre osservationi. Dipoi, nel secondo dialogo, fa parlar la Strega e raccontare tutto quello fanno nel Giuoco a punto per punto, e così le scrive intieramente come ho anche io udito colle mia orecchie. Ma egli è ben vero, che esso Illustre Signore, dove pare vi sia qualche dubitatione curiosa, la muove con gran delettatione delli spiriti gentili et anchor la chiarisce. E nel terzo dialogo anche risponde a molti dubbii nel prencipio; e poi, dopo molte interrogationi fatte alla perversa Strega, conduce con tanto ordine quelle cose, che ha narrato nel primo dialogo, de quelle favole dell’antichi e de quelle illusioni del Demonio, al proposito del scelerato Giuoco della Donna e della malvagia Strega, dipoi che l’ha fatte narrare ad essa ria femmina, e così dimostra esser vero, e non favole, quello che se dice di essa iniqua compagnia, e non solamente con il testimonio di essa Strega, ma con più testimonii. E conchiude che devesi tener esser così certamente, come si narra di detto Giuoco da ciascun il quale ama la fede di Christo. Egli è in verità molto laudevole opera et anche curiosa e dotta e non manco giovevole alla religione christiana. O dio vuolesso che fussero tutti e prencipi come è esso signor vostro consorte, cioè litterato, over tutti litterati huomini sicome è esso prence fidele, catholico, e vero christiano. Perciò che se così fusse, non se ritrovarebbero tanti vitii, né tanti scherni e vituperii fatti alla santa fede di Christo. O quanto si possono riputare felici quelli che amano il colto de Iddio, la dottrina, e le vertude, li quali sono sogietti al dominio di vostre signorie. Ma egli è imperò usanza, che di rado (sicome si suole dire) si conosce il ben quando se ha, vero è, che dipoi è perduto allhora grandemente è conosciuto, desiderato et ancho bramato. Retornare voglio al antidetto libro, fatto da esso molto dotto e vertuoso signore di V. S. dilettissimo consorte, con grande artificio e con non menore dottrina, in cui sono quattro che ragionano, cioè Apistio, Fronimo, Strega, Dicasto, tutti di nome greco. E questo è stato fatto da esso con grande ingegno, secondo era il bisogno. Conciosia che Apistio vuol dire, in latino, infidele, il quale ragiona con Fronimo, cioè con il prudente, da cui è ammaestrato della verità a puoco a puoco, dipoi fa parlare la Strega e malefica, e fale narrare tutto l’ordine del Giuoco, dove Fronimo accozza insieme le cose antiche con queste nuove a parte per parte, e dimostra non essere veruna differentia fra l’una e l’altra quanto alla sostantia, benché sia un puoco circa li modi che hora si usano. Fa poi dare la sententia a Dicasto, cioè al giudice. Dove veggendosi concluso Apistio, cioè l’infedele, dalla verità, e non havendo più verun luogo da fuggire, chiede gli sia mutato il nome dal giudice, et ello, vedendolo credere la verità, lo chiama Pistico, cioè fedele. Questo è quello che si contene in questi tre dialoggi. Il perché conoscendo io qualmente sarebbono assai aggradevoli essi dialoggi, non solamente alli dotti, ma ancho a quelli che non intendono il latino, ho pigliato cotesta fatica di volgariggiarli, non così ben da tutti intesi, acciò che chiunque amatore della fede christiana ne possa pigliare amenevole delettatione, e soavi frutti. Dipoi hammi paruto di donarli a V. S. Illustre, sicome a quella che so le sarà maggiormente aggradi, per esser opra che procede dal suo dolcissimo consorte, di tanta singulare donna degno, e voi non manco degna di tanto huomo, sicome sono consueto di dire. Dignarasi ancho V. S. di farne parte di questa nostra fatica alla illustre madonna Anna di V. S. figliuola, dolce consorte dello illustrissimo signore Antoniotto Adorno meritevolmente Duce di Genova. Perché so qualmente piacerano a sua Signoria coteste frutta, uscendone da quello eccellente albero del suo amantissimo padre. Attentamente dunque stian ad udire parlar, V. S. Illustre, in volgare benché rozzo, Apistio insieme con Fronimo, e dipoi la Strega, e Dicasto, li quali per insino ad hora hanno ragionato litteralmente, solamente dalli dotti intesi. Vale, Illustre Segnora. In Bologna nel zenobio di San Domenico, a dì primo di maggio del Mille e cinquecento ventitre.