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../Barzelletta de le lingue ../Laude d'una pastorella (1) IncludiIntestazione 22 settembre 2009 75% Poesie

Barzelletta de le lingue Laude d'una pastorella (1)

In questa egloga sequente Olimpo recita una narrazione, quale dice essere nelli libri de Santi Patri, dove se comprende che l’omo non pò viver tanto bene, che sempre qualcuno el biasima: e chi la vole bianca, chi roscia, chi verde e tal gialla. Et è da notare bene e lassar dire chi vuole; fa che la vita tua piaccia a Dio, del resto non te curare, quia soli Deo servire regnare est. Pensano molti alcuni esser dannati che sono in grazia, e molti pensano alcuni essere in grazia che sono dannati, come aserisce San Gregorio, però ognuno rafreni la sua lingua bene, che intentio iudicat omnes.

Interlocutori: el patre, figliolo et externo, quali scontrano el patre et el figloilo.


Voi che qui sete sol per ascoltare
un breve exempio nostro brevemente
serà compìto, se volete dare
silenzio alquanto, o valorosa gente.
Tanta dolcezza ve farem gustare
quanta ébben forsi mai le vostre mente
e quel che se dirà ve prego a tutti
che ve ricordi, ché faran buon frutti.

 

Patre

Dolce figliolin mio, ligiadro e bello,
vanne a la stalla e fa che metti imponto
quel nostro grato e piccolo asinello.

Figliolo

Io anderò, mio patre, destro e prompto,
e farò tutto quel che voi volete.
Sta’ su! Sei forsi dal dormir defonto?
Dimme, asinello mio, hai ancor sete?
Che farai, bestia? làssate imbastare!
L’asino è in ordine, eccol qua, vedete.

Patre

Or su, figliol, ch’io voglio caminare.
Monta a cavallo tu, io girò a piede.

Figliolo

Dolce mio patre, questo no ’l vo’ fare.

Patre

Ce salirò, figliol, per la mia fede,
e tu presto caminarai inante.
Arri, su, dico! Pur tu non me crede!

Externo

Guarda, vecchio malvagio! gran furfante,
questo pover figliol fa gir de trotto!
Non starìa meglio a lui, ch’ha dur le piante?
Diavol, fallo gir col capo sotto,
che se rompa la spalla! Oh, bello onore
ce fai, gire a caval! Tu sei el bel ghiotto!
Perdio, vecchio, s’i’ fosse a te signore,
te farìa gire a piedi al tuo dispetto!
Guarda quel mamol, cola dal sudore!

Patre

O figliol mio, che sii tu benedetto,
vien qua, monta a cavallo! Hai tu sentito
quel ch’ha ditto quello om? Che gran difetto!

Figliolo

Patre, lassate dir. Camino ardito.
Toccate l’asinel quanto ve piace,
par che voi siate al suo parlar smarrito!

Patre

Vien qua, figliol, che Dio te dia la pace!
Forsi che lor non ciarlaranno più:
salta sù, presto gagliardo et audace.

Figliolo

Arri, arri! Forsi ch’io vo troppo presto?

Patre

Non me ne cur, camina quanto vuole.

Figliolo

Que farai, bestia? Quanto sei rubesto!
Dio ve salve.

Externo

Ben venga. Assai me dole
di te, vecchio, che vai per extà fiero.
A questo putto per sì caldo sole,
tu hai el pè greve et egli l’ha legero,
fa caminare, ad ello ch’è più forte,
cusì l’omo se fa gagliardo e fiero.
Forsi serà cagion de la tua morte,
si te riscalde per questo viaggio;
fa a senno mio, non tentar più la sorte!

Patre

Io non me cur de caminar, per ch’aggio
ormai la pelle dura e non me noce.

Externo

Tu devi esser per certo un om selvaggio.
Or su, figliolo, ascolta la mia voce,
non lassar più tuo patre caminare!
Non vi’ ch’è stanco e dal calor si coce?

Figliolo

Non so per certo che me debbia fare:
tu me consegli non vada a cavallo,
quell’altro per suo dir me fe’ montare!

Externo

Smonta giù, figliol mio, te prego, fallo,
che te serà mercede, e lassa gire
el vecchio che pon spesso el piede in fallo!

Figliolo

A questa fiata te voglio obedire.
Ècco me sceso in terra al tuo piacere!
Veder voglio io che più vorranno dire,
que cosa è questa io no ’l posso sapere.
Voglio che l’asin vada senza soma,
forsi ch’ormai gli farìmo tacere.

Externo

La bestia non deve esser ancor doma
ch’andate a piede ciaschedun de voi!
O che gente de’ andare a stare in Roma!
Monstrate esser stolti (en)trambe doi:
possète a caval gire ognuno un poco
e dar la biava a l’asino da poi!

Patre

Figliol, tu senti che per ogni luoco
de noi se parla. Sai quel che facemo?
Cavalcàm tutti doi, che gli arda el fuoco!

Figliolo

Camina, bestia, se non, perdìo, temo
che sentirai sonar spesso el bastone!
Quel ciarlatore acontentato avemo,
questo asin sentirà troppa passione:
noi pesam troppo.

Patre

Lassa pur sentire!

Externo

O vecchio pazzo! o brutto lumacone,
non vedi che questo asin fai morire?
So che, perdìo, no ’l portarà già el vento,
né manco averà voglia de natrire!
O vecchio, che non sii tu mai contento!
Tu sei tornato in senno, mamolino;
vi’ che già l’asino è de vita spento?
O povero asinel, pover meschino,
non son presti cusì darte a mangiare:
cusì non mangien lor né pan né vino!

Patre

Non so più que me fare.
Senti tu mormorare
quel ch’è là?
Donque viene un poco qua,
figliol mio,
voglio veder, perdìo,
que cosa è questa!
Piglia tu su la testa
et io la coda,
la corda al collo annoda
e tira forte.

Externo

O maledetta sorte,
que vol dir questo?
Vecchio, tu sei foresto,
lassa gire!

Patre

Io ce voglio morire,
el voglio alzare.

Externo

Tu cerchi de crepare!

Patre

Io te voglio narrare el tutto.
Me so condutto
in fine a questo loco
e caminando un poco
in su l’asino io stava,
venne uno e gridava
dicendo:
— come io comprendo
tu fai male
e monstri poco sale
avere in zucca
e deve essere sciucca
de cervello!
Questo figliol bello
non pò più!
Alora io dissi: — su,
ascende tu, figliolo!
Caminando un pezzolo
scontro un altro,
parìa nel viso scaltro
e sapiente,
incontinente
comenzò a dire:
— vecchio, cerchi morire!
A piede lassa gire
questo fanciulletto,
che glie sarà diletto
e gioia.
Poi con affanno e noia
senza alcuno intervallo salemmo
e poco in vero stemmo.
Disse un altro: — que fate
che voi scorticate
el somaro!
A quel suo dire amaro
scendemmo a piede.
Un altro, per mia fede,
ce disse:
— sei più astuto che Ulisse!
O gente senza fede,
ha l’asino e va a piede!
In fede bona
ognun borbotta e ragiona
secondo el suo apetito,
io so’ quasi smarrito
e non so que me fare:
ognuno vuol ciarlare
del compagno.
Si tu atendi al guadagno,
dice: — fa l’usura!
Si alcun altro ha cura
a le possessione,
se dice ch’è ladrone
e fraudolente;
si vive alegramente,
dice: — è un gualandrello!
e: — c’ha poco cervello
e vedere!
Si alcun se vol tenere
in gravità,
se dice ch’el fa
ch’egli è superbo.
O rio parlare acerbo,
falso e brutto!
Si un va remesso tutto
per la via,
dice: — fa l’ipocrisia
e fenge el santo!
Se alcun se dà vanto
de quel ch’è ver ch’ha fatto,
si dice ch’egli è matto
e pazzo,
piglia vecchio in solazzo
e per piacere,
ché non se pò tenere
le lingue in questa terra
che meterìano guerra
in fra la Trinitade e in fra li santi.
Quanti singulti e pianti
causan questi linguacci!
Stanno in su piumacci
e pensan male,
o lingue bestiale,
al vizio avezze!
o lingue pien d’asprezze
e de tristizie!
lingue pien de malizie
e tradimenti!
non sieno mai contenti
e lieti!
Gl’omini discreti
e dotti
non curano i ciarlotti
e li busiardi
perché i giorni son tardi!
In pace restate e non curate l’altrui parole.
Vive a tuo modo e lassa dir chi vole.
Or te ne va pur col nome de Dio,
e noi questa altra via ch’è qua pigliamo
dolce, iocondo e car figliolin mio!
A voi che qui restati confortiamo
che a l’altrui favellar non date cura,
ché chi mal dice ha de Mateo un ramo.