Lirica (Ariosto)/Capitoli/VI. - Il parlar troppo de' fatti altrui...

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VI. - Il parlar troppo de' fatti altrui...

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VI. - Il parlar troppo de' fatti altrui...
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VI

Il parlar troppo de’ fatti altrui mosse sempre l’ira degli dèi; quale punizione questi non dovrebbero infliggere al calunniatore?

     Era candido il corvo e fatto nero
meritamente fu, perché tropp’ebbe
espedita la lingua a dir il vero.
     Aver taciuto Ascalafo vorrebbe,
5il testimonio che sul stigio fiume
alla madre e alla figlia udire increbbe;
     ché di funeste e d’infelici piume
si ricoverse, e restò augello obsceno,
dannato sempre ad aborrir il lume,
     10Por si dovrian tutte le lingue freno,
e in l’altrui fatti apprender da costoro
di spiar poco e di parlarne meno.
     Questi per troppo dir puniti fôro;
né riguardò chi lor puní che fosse
15d’ogni menzogna netto il detto loro.
     Se de li offesi dèi sí l’ira mosse
l’esser del vero garuli e loquaci,
che con eterna infamia ambo percosse,
     qual pena, qual obrobrio a quelli audaci
20si converria, ch’altri biasmando vanno
di colpe in che si sanno esser mendaci?
     O di noi piú non curano o non hanno
qua giú piú forza o che li nostri casi
quei che reggono il ciel piú poco sanno.
     Che non vi sieno ancor crederei quasi,
se non che veggio pur per camin certo
l’estati e i verni andar li orti e li occasi.
     Ma se vi son, com’è da lor sofferto
che lode e oltraggi, e che premi e suplici
30non sian secondo il bono e tristo merto?

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     Lor debito seria da le radici
le malediche lingue sveller tosto,
che de’ falsi rumor sono inventrici.
     Qual altro piú a martir debbe esser posto
35di quel ch’a donna abbia con falsi gridi
biasmo, di ch’essa sia innocente, imposto?
     Peggio è che furti, e peggio è che omicidi,
macchiar l’onor, che di ricchezza e vita
sempre stimar piú tra li saggi vidi.
     40Se per sentirsi monda essere ardita
femina deve a far prova ch’in libro
meglio ch’in marmo abbia a restar sculpita;
     né a Tuccia che portò l’acqua nel cribro,
né cedo a quella Claudia che ’l naviglio
45de la madre di dèi trasse pel Tibro.
     Al ferro, al foco, al tosco, a ogni periglio
chieggio d’espormi, per mostrar ch’a torto
110da portar per questo basso il ciglio.
     Se non indegnamente in viso porto
50cosí importuna macchia, che potermi
con poca acqua lavar pur mi conforto,
     cresca sí che mi copra e poi si fermi,
né mai piú mi si lievi e tutto il mondo
in ignominia sempre abbia a vedermi,
     55e sèguiti il martir, non pur secondo
che fará degno il fallo, ma il piú grave
ch’abbia l’inferno al tenebroso fondo;
     ma se sí mente chi incolpata m’ave;
come è sincero il cor, cosí di fuore
60ogni bruttezza presto mi si lave;
     e tutto quel martir ch’a tanto errore
si converria, veggia cader su l’empio
che de la falsa accusa è stato autore;
     sí che ne pigli ogni bugiardo essempio.