Lo schiavetto/Atto secondo/Scena XI

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Atto secondo - Scena XI

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Atto secondo - Scena X Atto terzo


Nottola, Rampino, paggio, paggi, Orazio, Fulgenzio, Sensale, Leon, Scemoel, Caino, e sei fachini

Nottola.
Olà, Rampino, domanda chi sono costoro, e poni colà quello scagno, ch’io voglio sedere per dar loro udienza; in ogni modo questa contrada è molto remota e tutti appunto su quest’ora intenti al desinare sono.
Rampino.
Siete voi quegli Ebrei venuti per vestire il mio signore?
Caino.
Signor sì.
Rampino.
Aspettate. Signore, questi sono gli Ebrei venuti per conto suo.
Nottola.
Sì? Fatti innanzi tu.
Leon.
Eccomi signore, che con ogni riverenza le m’inchino.
Nottola.
Com’è ’l tuo nome?
Leon.
Leone.
Nottola.
Re delle bestie, non è così?
Leon.
Eh, so che vostra eccellenza burla.
Nottola.
Che robba è questa, mostra un poco. Apri la cassa e getta qui ogni cosa.
Leon.
Oh signore, vuole ch’io imbratti la robba?
Nottola.
Do’, furfante.
Leon.
O signore, un mustaccione! Che vi feci?
Nottola.
Ti farò ammazzare, ve’ furfante, se tu non mi ubidisce. Getta lì quella robba.
Rampino.
Fa’ presto, mastino, ché ti amazzo con le pugna, ve’? Fa’ presto, presto, presto.
Leon.
Adesso, signore?
Caino.
O siamo intricati.
Nottola.
Eh? Questa è robba da buon mercato, lasciela così in terra.
Leon.
Ve la lascio signore.
Nottola.
Tu come ti chiami?
Scemoel.
Scemoel, Scemoel.
Nottola.
Che?
Scemoel.
Simon.
Nottola.
Do’, razza di becco, e non sapevi così dirmi alla prima, senza in Scemescionarmela? Vien qui; getta la tua robba qui ancor tu, e ve’ non replicar parola, ché ti farò dar delle staffilate a cul nudo da cavaliere.
Scemoel.
No no, signore, non voglio staffilate, così il Rabì nostro non commanda.
Nottola.
O vedi Lione, questo è galantuomo.
Rampino.
Oh? Questo non è ebreo tanto ostinato. Ancor fra questi panni v’è poco di buono, lascia qui ancor tu.
Nottola.
E tu che nome hai?
Caino.
Ho nome Caino, e il signor Alberto hammi da sua eccellenza illustrissima mandato poiché quello sono, che serve la sua casa; e questi quattro facchini sono carichi tutti di mia robba; ma perché ell’è robba di molto rispetto, supplicola con le ginocchia a terra a non la far gettar per terra, ma farmi grazia di vederla in casa.
Nottola.
Leva su, bacia questa mano, bacia quest’altra. Oh? Retìrati sei passi a dietro. Vedete, canaglia, così si procede. Caino ?
Caino.
Mio signore.
Nottola.
Entra meco, con i tuoi facchini, in casa. E voi, paggi, e tu Rampino, per l’affronto che questa canaglia m’ha fatto in portar robba sì vile, per vestir prìncipi e corte così nobile, abbotinate, ché tutto vi dono, e dalla finestra vado a vedere il tutto.
Paggio.
A Ebrei traditori! Addosso, compagni.
Scemoel.
Fermatevi! A questa foggia?
Rampino.
Sta’ indietro furfante.
Sensale.
Ah traditori.
Grillo.
Giudeo ladro, sta’ indietro.
Leon.
Lasciate questa robba.
Sensale.
Aiuto, aiuto, aiuto.
Paggio.
To’ questi pugni.
Sensale.
Tu questi.
Rampino.
Tu questi.
Scemoel.
Tu pur questi.
Nottola.
O bella scaramuccia! Ah valent’uomini, così, così! menate delle mani, o così, o così! corri, corri, dalli, dalli, poltrone! o robba saccheggiata, come tutti se la stracciano dalle mani! In casa, in casa, in casa.
Rampino.
Vittoria, vittoria, vittoria! Sù, tutti cridate: vittoria, vittoria, vittoria!