Lo schiavetto/Atto secondo/Scena XI
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Giovan Battista Andreini - Lo schiavetto (1612)
Atto secondo - Scena XI
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Nottola, Rampino, paggio, paggi, Orazio, Fulgenzio, Sensale, Leon, Scemoel, Caino, e sei fachini
- Nottola.
- Olà, Rampino, domanda chi sono costoro, e poni colà quello scagno, ch’io voglio sedere per dar loro udienza; in ogni modo questa contrada è molto remota e tutti appunto su quest’ora intenti al desinare sono.
- Rampino.
- Siete voi quegli Ebrei venuti per vestire il mio signore?
- Caino.
- Signor sì.
- Rampino.
- Aspettate. Signore, questi sono gli Ebrei venuti per conto suo.
- Nottola.
- Sì? Fatti innanzi tu.
- Leon.
- Eccomi signore, che con ogni riverenza le m’inchino.
- Nottola.
- Com’è ’l tuo nome?
- Leon.
- Leone.
- Nottola.
- Re delle bestie, non è così?
- Leon.
- Eh, so che vostra eccellenza burla.
- Nottola.
- Che robba è questa, mostra un poco. Apri la cassa e getta qui ogni cosa.
- Leon.
- Oh signore, vuole ch’io imbratti la robba?
- Nottola.
- Do’, furfante.
- Leon.
- O signore, un mustaccione! Che vi feci?
- Nottola.
- Ti farò ammazzare, ve’ furfante, se tu non mi ubidisce. Getta lì quella robba.
- Rampino.
- Fa’ presto, mastino, ché ti amazzo con le pugna, ve’? Fa’ presto, presto, presto.
- Leon.
- Adesso, signore?
- Caino.
- O siamo intricati.
- Nottola.
- Eh? Questa è robba da buon mercato, lasciela così in terra.
- Leon.
- Ve la lascio signore.
- Nottola.
- Tu come ti chiami?
- Scemoel.
- Scemoel, Scemoel.
- Nottola.
- Che?
- Scemoel.
- Simon.
- Nottola.
- Do’, razza di becco, e non sapevi così dirmi alla prima, senza in Scemescionarmela? Vien qui; getta la tua robba qui ancor tu, e ve’ non replicar parola, ché ti farò dar delle staffilate a cul nudo da cavaliere.
- Scemoel.
- No no, signore, non voglio staffilate, così il Rabì nostro non commanda.
- Nottola.
- O vedi Lione, questo è galantuomo.
- Rampino.
- Oh? Questo non è ebreo tanto ostinato. Ancor fra questi panni v’è poco di buono, lascia qui ancor tu.
- Nottola.
- E tu che nome hai?
- Caino.
- Ho nome Caino, e il signor Alberto hammi da sua eccellenza illustrissima mandato poiché quello sono, che serve la sua casa; e questi quattro facchini sono carichi tutti di mia robba; ma perché ell’è robba di molto rispetto, supplicola con le ginocchia a terra a non la far gettar per terra, ma farmi grazia di vederla in casa.
- Nottola.
- Leva su, bacia questa mano, bacia quest’altra. Oh? Retìrati sei passi a dietro. Vedete, canaglia, così si procede. Caino ?
- Caino.
- Mio signore.
- Nottola.
- Entra meco, con i tuoi facchini, in casa. E voi, paggi, e tu Rampino, per l’affronto che questa canaglia m’ha fatto in portar robba sì vile, per vestir prìncipi e corte così nobile, abbotinate, ché tutto vi dono, e dalla finestra vado a vedere il tutto.
- Paggio.
- A Ebrei traditori! Addosso, compagni.
- Scemoel.
- Fermatevi! A questa foggia?
- Rampino.
- Sta’ indietro furfante.
- Sensale.
- Ah traditori.
- Grillo.
- Giudeo ladro, sta’ indietro.
- Leon.
- Lasciate questa robba.
- Sensale.
- Aiuto, aiuto, aiuto.
- Paggio.
- To’ questi pugni.
- Sensale.
- Tu questi.
- Rampino.
- Tu questi.
- Scemoel.
- Tu pur questi.
- Nottola.
- O bella scaramuccia! Ah valent’uomini, così, così! menate delle mani, o così, o così! corri, corri, dalli, dalli, poltrone! o robba saccheggiata, come tutti se la stracciano dalle mani! In casa, in casa, in casa.
- Rampino.
- Vittoria, vittoria, vittoria! Sù, tutti cridate: vittoria, vittoria, vittoria!