A CHI LEGGE
Lettore, sei tu di quei che invidiano la gloria ed i trionfi d’ un concittadino?
Si.
Questa raccolta non è per te.
Non è per te, infelice creatura, lascia che ne tripudino i buoni.
Butta lontano queste carte; non mirare in
questi caratteri: poiché ov’io scorgo gioia, tu tro
verai affanni...Abbi pazienza: quid quid est
necesse est esse.
Oh santa pietà surroga il mio sdegno!
É a voi, adunque, animi nobili, cuori gentili, affettuosi amici che offro questa raccolta, sicuro che proverete sodisfazione degna dei vostri cuori, ed avrete di che pascervi in speranze per una nuova gloria cittadina.
Lungi da noi lo sdegno, pietà ci domini per quei tristi, che sogliono piegare la bocca ad un riso maligno per finire ad un AH disperato.
Miseri idioti, quanto farebbero meglio a modellarsi sul Frontini, anzicchè consumare la vita in rodersi l’animo, in stordirsi fra spassi e gavazzi, sprecare il tempo ed incolparlo !
Ma tu non cessi di mazzicarli, mi direte; e stupiti, forse, andate chiedendovi il perchè di questa sfuriata, il donde di questo rabbuffo.
A voi non fu dato il nome di mecenate per celia, rispondo; a voi non capitò doversi ribellare l’animo più volte in udire certi individui, in guardare certi visi.
E fu lo sdegno ed il disprezzo, in verità, che mi tenne di dar loro una canata.
Mi sono giustificato?... Ma è certo che anche voi, benevoli amici, godete nel vedere macerare ed affogare nella propria bile cotesti malvagi.
Il trionfale loro carro pieno di bugie è attacato a remore, e noi abbiamo il conforto di vederlo battagliato, come nella favola, dalla passione, dalla incertezza, dalla fretta, e dalla confusione. Isocrate desiderò che fossero i cattivi segnati dalla natura. Oh quanto dovrebbero arrossire i buoni vedendosi in iscarso numero !
A te, caro Frontini, consegue ch’io dica: Non ti curar di loro; abbi conforto nel tuo proprio merito e nella fama che ti aspetta. Gioisci mentre ti arridono i genj che ti sorvolarono alla culla, ed aleggiando ti guidano ora alla meta lastrincandoti una via di gloria.
Confortati, amico, e se talvolta dovrai provare sdegno o piuttosto pietà di costoro, pensa che, come l’ombra siegue il corpo così l’invidia siegue la gloria; confortati.
Gioisci e sempre avanti nel mirare quel punto, che ho avuto il bene di segnarti, fra l’universale tenebria della società.
Quel punto lucente farassi sole, e vedrai seccare ai raggi di esso quegli abbietti come il
verde fieno, e come la tenera erbetta li vedrai appassire velocemente.
Benevoli lettori, affettuosi amici, quanti potrei raccontarvi aneddoti a cento se il sacro rispetto alle cose intime di casa altrui non lo vietasse !
Quanti affanni, quanti sospiri, quali stenti, quali travagli, disinganni, disillusioni ed ansie febbrili non patì quel povero cuore ! Fu vera Malìa !
Ed anch’ io mi ritempro oggi nella gioia per la mia parte di pene.
Giovane tenace di carattere, e di fermi propositi pari al suo forte ingegno, persistè, durò e vinse. Tutto immolò alla diva arte, e non gli rimaneva che immolare se stesso tanto era divenuto sparuto nella persona.
Spesso, scoraggiato, cadde l’animo suo in perplessità ed apatia; ma subito ne fu sollevato dalle amorevoli cure d’un amico, che, standogli di continuo a fianco, ne sollevava lo spirito e ritemperava le speranze. Ora un detto, ora un proverbio, una sentenza, un esempio, una biografìa lo preparava più presto e meglio alla lotta.
O Smiles! O Lessona! Mai giovarono tanto i vostri racconti biografici.
Dessi diedero agio all’amico di cuore di raccontare con profitto la pazienza durata, la volontà assoluta, le fatiche, gli stenti e i disinganni patiti dai vostri eroi.
Benedetto il vostro ingegno, benedette le iniziative vostre! Questa volta fruttarono e giovarono.
Il tuo Bernardo Palissy, o Smiles, decise il Frontini e lo portò alla vittoria.
Malìa non sarà adunque l’ultimo lavoro del Frontini come non è il primo.
Aleramo chiuso da più di dieci anni nelle scanzie del giovane maestro verrà fuori ed intreccerà nuovi allori.
In questo altro lavoro avremo agio di ammirare sempre più in lui il fuoco sacro.
Sononchè pare che gli slanci del suo genio ad altra nuova opera devono rivolgersi per l’impegno preso con l’editore Demarchi di Milano.
Mi affretto comunicarvi il seguente telegramma, ma di già mi ha preceduto “ La Sera „ giornale quotidiano di Milano; e non importa se non posso provare il piacere di comunicarlo per il primo, desso mi compensa col tagliare in bocca ai maligni la solita frase: Ma sono notizie fabbricate dal Frontini.
Milano 22/6 ore 9 sera.
Ceduta Malia editore Demarchi incaricato
scrivere altra opera, condizioni vantaggiose,
Malia darassi autunno Milano altre città.
La Sera (terza edizione) 25 Giugno 1893.
L’editore De Marchi che si è proposto di incoraggiare seriamente i giovani compositori ha acquistato la proprietà per tutta l’ Italia deli’opera Malìa del maestro Frontini che recentemente ebbe pieno successo al teatro Brunetti di Bologna.
Nello stesso tempo l’egregio editore ha dato incarico al maestro Frontini di comporre un nuovo spartito su libretto di Ferdinando Fontana.
L’opera Malìa verrà rappresentata in settembre all'Alambra che nella stagione autunnale sarà come una libera palestra pei giovani musicisti italiani.
Dunque Frontini musicherà un libretto del Fontana. Così musicherà meglio e più presto.
Il Fontana non avrà, per certo, cagnotti che incensano, giornali che piaggiano per la santa lega dei sosteniamoci. Ma che monta se non sarà elevato in auge per patto, il suo lavoro non sarà Malia. Esitus acta probat.
A ben più temperata penna lo entrare in disquisizioni e garriti letterari: io non me ne sento le forze, tuttoché vedo.
Chiedo venia all’ amico mio Frontini, a cui spiacerà questa dissertazione.
Egli lo sa: sono senza pretenzione, né posso averne, ma lascio che scorra la penna sotto la velocità del pensiero quando il vero io scrivo; né il freno quando più spesso assai lo dico. Che vuole? bisogna che costino le cose per essere stimate, e tutto ciò che non può avanzare bisogna che vada addietro.
Pensi al suo nuovo lavoro in libretto condegno; crei in esso un nuovo fascio di melodie in cui l’anima si sublima e di armonie pure che signoregiano ed affascinano; estrinsechi se stesso con quei lampi di genio di puro gusto, di energia, originalità ed entusiasmo.
Non abbandoni quella unità di cui è improntata Malìa che ciascun atto può dirsi un sonetto e tutti assieme un inno.
Non si perda in astruse e fragorose armonie e strumentazioni che, quando non servono a stordire, o a coprire ad arte quello che non si possiede —il genio—giovano spesso ad inorpellare il meschino, il mediocre, lo sterile.
Lasci limpido il canto, adornandolo con armonia e strumentazione dotta e sapiente, come ha fatto, poiché se in quello si appalesa il genio, in questa si mostra l’arte. Non dimentichi che ha vinto per aver tenuto questa via di mezzo. Non dimentichi che a lui non è necessario il non esser capito.
E se è vero che un palmo d’ acqua torbita può sembrare un abisso, non è nemmen vero che il limpido si sorbe con voluttà e ricrea.
Lasci ai nuovi Dedali il fabbricar laberinti: essi saranno sempre i Maestri dell’ avvenire che non verrà mai. Questi ingegni infelicemente ingegnosi non sapranno distrigarsi mai, e saranno confusi dalla loro stessa confusione per non potere trovare il filo che li scarceri dai loro stessi travagli.
Ho finito — Che potea io dire ? Non so.
Spero mi perdonerai, amico lettore, queste poche idee gettate, ti assicuro, sui tipi subito dopo
un momento di mal’umore con uno di quei:...
Uno solo era il mio intento: Confondere, le male arti dell’ invidia, onorando il nome di un giovane catanese, che colle sue opere mostra di essere non indegno discepolo dei grandi musicisti che onorano la nostra terra nativa: Bellini, Pacini, Coppola !
Ho scritto malissimo lo so; e non per la fretta e la furia con cui ho scritto; ma perchè non so far di meglio. Mi biasimerai? Non m’importa.
Non ho nulla da perdere nella fama.
Catania 25 Giugno 1893.
G. TOMASELLI RUSSO.