Meditazioni sulla economia politica/XIX

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Del Bilancio del Commercio

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Varj sono gii autori che hanno scritto sul bilancio del Commercio e sul modo di calcolare se la ricchezza nazionale s’accresca ovvero diminuisca. Comunemente chiamasi Bilancio del Commercio, l’eccesso della esportazione paragonato colla importazione, e viceversa; modo d’esprimersi, il quale siccome alcuno ha giudiziosamente osservato, realmente non è ne preciso nè esatto. Le importazioni e le esportazioni debbono sempre pareggiarsi presso di ogni nazione, e il valore di tutte le merci entrate necessariamente debbe uguagliare il valore di tutte le merci uscite dopo un certo periodo. L’intelligenza di questa verità sarà facile ricordandosi che il denaro è una merce e che i debiti si pagano. Adunque fra queste merci importate, o estratte si annovera anche la merce universale; e siccome abbiam veduto che l’accrescimento della massa circolante del denaro moltiplica i contratti, ed in conseguenza l’annua riproduzione, così la diminuzione del denaro medesimo debbe portare un deperimento alla riproduzione annua. In seguito a ciò ne viene che quella nazione, la quale pareggia le importazioni delle merci particolari colla merce universale anderà scapitando, ed in vece se pareggerà l’esportazione delle merci particolari coll’importazione della merce universale anderà acquistando. Col nome di Bilancio s’intende il paragone fra due quantità, cioè fra il total valore delle importazioni, e il total valore delle esportazioni, operazione che sarebbe sempre incerta e arbitraria qualora si scostasse dai semplici principj aritmetici. Nè può sperarsi giammai di bilanciare uno Stato colla esattezza medesima e col metodo che convengono ad una privata famiglia. Il bilancio d’una famiglia si fa paragonando quello ch’ella possedeva, scomputati i debiti, con quello che possede, scomputati pure i debiti; ma in uno Stato tutte le merci universali e particolari esistenti, e i debiti da pagarsi agli esteri ognun vede che non sono una quantità che l’arte umana possa calcolare. Precisamente parlando il bilancio del Commercio in questo senso non può farsi; ma col nome improprio di Bilancio del Commercio si cerca di scoprire questo fatto: se la nazione s’incammini al bene, ovvero al male; e si è creduto industriosamente di ritrovare la risposta a un tal quesito, confrontando le merci particolari introdotte colle merci particolari trasmesse, sicchè ridotta, sì una partita che l’altra al suo verisimile valore, la differenza che in fine risulta fra quelle due quantità si considera come la quantità del denaro che debbe essersi accresciuto, e diminuito nello Stato.

Dal paragone fralle merci particolari uscite in confronto delle merci particolari entrate può uno Stato sapere se il valore delle merci che ha vendute agli esteri sia maggiore, minore, o eguale al valore delle merci che da essi ha comprate. Questa notizia palesa se uno Stato cammini alla prosperità, ovvero alla decadenza. Quello Stato in cui l’annua consumazione è stata maggiore della riproduzione annua è nel caso d’aver diminuito realmente la propria ricchezza, e può dirsi di lui quello che dicesi di una famiglia quando oltre l’annua rendita spende parte del capitale.

Se ai registri delle dogane si scrivessero esattamente tutte le merci d’importazione, ed esportazione, dallo spoglio di questi si potrebbe conoscere qual relazione abbia il valore dell’annua importazione in confronto dell’annua esportazione: ma in molti Stati ciò non accade, e varj capi di commercio, o di frutti immediati delle terre, o di manifatture non si scrivono in questi registri, perchè esenti dal tributo. Quantunque poi tutte le merci particolari venissero descritte, la merce universale non può esservi registrata, ed essa può uscire o entrare in uno Stato, o per impiegarsi dalla nazione su i banchi esteri, o dagli esteri su i banchi nazionali, e così vicendevolmente per comprare fondi, il che quantunque non sia nè una porzione dell’annua riproduzione, nè dell’annuo consumo, può influire ad accelerare, o render più lenta la interna circolazione per i principj che si sono veduti; conseguentemente sarebbe una nozione necessaria ad aversi per calcolare con giustezza l’incremento o la diminuzione della riproduzione annua nazionale. Lo spoglio dei libri delle dogane adunque non basta per certificare questa importante cognizione.

Se però questo spoglio non ci somministra tanto, è non ostante sempre utilissimo il farlo. Vi vuole della chiarezza d’idee per immaginare un metodo per cui procedere giustificatamente in un conteggio formato da sì gran numero di elementi, e dividere ogni merce in classi, e tassarne ciascuna al suo verisimile prezzo. Ho detto che vi vuole chiarezza d’idee per immaginare un metodo giustificato con cui procedere, e abbracciare coll’aritmetica tanti oggetti; poichè ogni conteggio che mancasse di giustificazione, ed in cui le somme asserite non fossero l’apice emanato per anelli collegati che partono dai primi elementi; un conteggio che esiga credenza sulla mera asserzione, e mancante di prove, sarebbe una operazione sulla quale non vi sarebbe da appoggiare verun ragionamento, come ognun vede. Sarebbe questo spoglio certamente più interessante, se potesse da ciò conoscersi non solo le somme delle merci particolari trasmesse e ricevute, ma altresì gli Stati ai quali, e dai quali si sono inviate e introdotte; ma per fare questa operazione aritmetica in modo provante, vi vuole troppo tempo e dispendio, e il fine e l’utile che se ne può ottenere da questa divisione, è assai minore, e più incerto di questo che appare. Tutte le merci non si ricevono immediatamente dalla loro originaria patria, e si annunziano ai libri delle dogane come provenienti dalla città donde si sono staccate, dal che ne viene un infallibile errore nel registro. Tutte le merci che si trasportano nate e cresciute entro dello Stato non s’indrizzano sempre immediatamente al termine a cui debbon giungere, e dove si consumeranno; altra sorgente d’errore, perchè dai registri delle dogane si troveranno poste a debito d’un paese per dove non fanno che transitare. La terza sorgente d’errori nasce dalla imperizia de’ vetturali, e condottieri, dai quali poca esattezza si può sperare, e la loro sola notificazione è quella che si scrive ai libri delle dogane. Queste tre inevitabili e vaste sorgenti d’errori debbono scorrere sopra una simile operazione; e poichè si avrà il prospetto imperfettissimo dei rapporti che una nazione ha con ciascuna delle nazioni comunicanti con lei, di quale utilità sarà una simile divisione? Di nessuna precisamente; perchè laddove ci crediamo d’essere creditori, una tratta d’un banchiere ci può aver fatti debitori, e viceversa. Che se per ottenere una apparente organica distinzione si sia ommesso l’essenziale, cioè la vera organizzazione aritmetica che assicuri la verità delle somme col richiamare agli elementi si farà fatto un cattivo cambio, perchè si sarà abbondonata la realità per l’apparenza. Uno Stato è una vasta famiglia; preme il sapere esattamente in fin d’anno s’ella migliori o scapiti; quai sieno gli articoli su i quali s’impoverisce; quali sieno quelli su i quali si rinforza; il nome de’ creditori, e de’ debitori suoi è assai indifferente, e la patria originaria delle merci presso a poco si sa. Io credo adunque che lo spoglio de’ libri delle dogane debba farsi colla distinzione di ogni merce, col prezzo di ciascuna, e coll’unica divisione mercantile dare ed avere, ma che si faccia, lo ripeto, con un conteggio non arbitrario, ma giustificabile in ogni asserzione. Una carta fatta fu questi principj, rende avvertito un abile politico dello stato verisimile in cui trovasi l’industria della nazione, e questo solo prospetto può indicargli qual sia il ramo che meriti più pronto soccorso, quale prenda incremento e vigore, a qual classe di uomini debba preferibilmente portare ajuto o nella agricoltura, o nella man d’opera, acciocchè si mantengano nella nazione vigorosi più che si può tutt’i rami dell’annua riproduzione. Mancando di un simile prospetto non si saprebbe dove più rivolgersi se a una o all’altra classe del popolo, e potrebbe essere diminuita sensibilmente una parte d’industria nazionale prima che se ne avvedessero i magistrati.

Senza di questo annuo prospetto non si potrebbe nemmeno prevedere con qualche fondamento di quanta importanza sia per l’erario pubblico la diminuzione del tributo su qualche merce particolare, e in conseguenza o si dovrebbe azzardar sempre, tutte le volte che si ponesse mano a questo tributo, o non si dovrebbero mai secondare gl’interessi dell’annua riproduzione, i quali col mutarsi delle circostanze possono esigere delle parziali variazioni nel tributo sulle merci. Sebben dunque lo spoglio de’ libri delle dogane sia un’operazione che convien fare, da questa operazione però non si può esattamente dedurre se aumenti, o scemi l’annua riproduzione in quell’anno; poichè quand’anche le merci particolari trasmesse sieno d’un valor minore delle merci particolari ricevute, potrebbe essersi introdotta nella nazione maggior merce universale di quella che uscì, e così riceverebbe un nuovo stimolo ad accrescere la circolazione e la riproduzione annua l’industria nazionale.