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Non più illusioni (Carpi)/12

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Idem dell'Inghilterra

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L’Inghilterra, questa grande maestra di libertà, non si arrovella di certo per la libertà e l’indipendenza degli altri popoli, qualora vitali interessi propri non ve la costringono. Se in tesi generale non si deve prudentemente contare sul concorso delle altre nazioni pel conseguimento dell’intento nostro, che nella misura e sin dove le nostre tendenze ed i nostri interessi coincidono cogli interessi e colle tendenze loro; questo principio regolatore dei rapporti internazionali deve applicarsi, [p. 36 modifica]se non amiamo illuderci, nel suo rigore massimo, quando si ragiona dell’alleanza inglese.

Nazione, altera, pertinace e potente, dalla quale si possono trarre stupendi esempi del come si resista alle sventure, e quanto valga il sentimento della dignità individuale a far grande ed imperituro un popolo che disdegna e rifugge da ogni genere di schiavitù, essa è nella sua politica estera estremamente utilitaria.

Il governo inglese che è uno dei migliori che si conoscono — anche alla prova della sentenza di Solone, che diceva essere il miglior governo quello in cui un’ingiuria fatta ad un cittadino si ritiene fatta alla nazione — quando trattasi d’interessi materiali in cui credasi leso, si fa talvolta pregiudicato e violente; nel mentre istesso che dall’alto dalla sua tribuna vi è sempre una voce che protesta, e stimmatizza ogni sorta di prepotenza da ove si venga. La storia imponente dell’Inghilterra ne fa palese come in mezzo agli attriti ed alle lotte di ogni genere che contribuirono alla costituzione di quella grandiosa nazionalità, l’interesse proprio in special modo fu il faro verso cui navigarono i suoi grandi uomini di stato. Dall’Atto di navigazione che segna l’apogeo del sistema di esclusione, sino all’abolizione delli leggi di proibizione, ed alle riforme economiche operate da sir R. Peel, in tutte le fasi cioè della sua lunga vita politica, sotto tutte le dinastie, non esclusa quella di Guglielmo d’Orange — che pure era olandese — quella nazione agì sempre senza reticenze e senza esitazione colla stregua del suo materiale interesse, obbligata a ciò dalla sua peculiare condizione insulare e dalla natura reproba del suo clima. Dal [p. 37 modifica]punto di vista italiano non posso considerarla in diversa maniera, mentre invece potrei temprare l’asprezza del mio giudizio per ciò che si riferisce alla propria interna amministrazione, narrando tratti stupendi di generosità e leggi, ordinamenti e disposizioni altamente morali e civilizzatrici, che invano si cercherebbero fra molti altri popoli di Europa.

Napoleone III, a cui nessuno potrà negare la guida di un senso retto ammirabile, volle cementare l’alleanza fra i due popoli, col mezzo di un trattato di commercio che lusinga e favorisce i più vitali interessi materiali dell’Inghilterra, i quali armonizzano questa volta cogli interessi ben intesi della Francia, siccome inizia un cangiamento liberale nelle dottrine economiche dell’Impero francese, tuttavia impastoiate dalle reminiscenze tenaci della scuola di Colbert.

L’Inghilterra non farà mai una guerra per un’idea, e lo ha dichiarato apertamente, quantunque ne abbia fatte in tutti i tempi delle lunghissime e micidiali, quando qualche suo grande interesse il richiedeva.

Ora sembra incontestato che l’Inghilterra per motivi di alta politica — che sono un portato naturale delle tendenze politiche della Russia e dell’Austria, e delle bizzarre e quasi conformi triste condizioni dei governi di Roma e di Costantinopoli, — debba essere favorevole all’Italia ed alla Germania nella rispettiva loro opera di libertà e di ricostituzione nazionale; e continueranno ad averla moralmente propizia nelle attuali emergenze, qualora non si elidano i singoli interessi di queste nazioni per gare intempestive.

Riflettano però gli Italiani che quella nazione cangia gli odi e gli amori, non per effetto di instabile natura [p. 38 modifica]come avviene tal fiata in Francia, ma pel calcolo profondo del tornaconto!

In Inghilterra l’opinione pubblica è regina, precede e non è mai pedissequa dell’azione governativa, e quando essa fosse profondamente inclinata dall’istinto del proprio interesse ad una data politica che giudicasse nazionale, mal può contrastarvi anche il facile cambiamento degli uomini di stato che la governano.

Ora noi avuto riguardo ai tempi, dobbiamo atteggiarci in guisa che, senza scapito della dignità nostra, i suoi interessi coincidano colle nostre aspirazioni; e l’avremo così alleata vigile e costante, come l’ebbe per lungo correre di secoli il Portogallo a scapito però della sua dignità che avrebbe meglio potuto tutelare, per effetto del trattato di Methun.