Notizie della vita e degli scritti di Luigi Pezzoli/XV. Morte e conclusione

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XIV. Volgarizzamento dei salmi
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XV. MORTE E CONCLUSIONE.



Così avesse potuto il Pezzoli compiere il suo lavoro! Ma in quel mentre che poneva termine alla traduzione del salmo che parla della via degl’immacolati, egli aveva compiuta la propria, e la morte il coglieva il 18 marzo di questo stesso anno 1834, incominciato il giorno di poco. La malattia di petto, che da più anni lo travagliava, insorse nel passato inverno più del solito minacciosa, e mostrò di non poter essere più rabbonita dai consueti rimedii. Il Pezzoli non perdette punto del proprio vigore d’intelletto e ilarità d’animo; apparve fino agli estremi sereno e conversevole, come uomo a cui il proprio termine non giunse punto inatteso, e più di quello che si convenga increscioso. Dal mondo [p. 209 modifica]aveva preso congedo molti anni prima; dell’amicizia erasi fatto un concetto religioso, considerando anche questo sentimento non più che come legame da sciogliere quando che fosse; la gloria aveva cessato di allettarlo a comporre, e se continuava in qualche esercizii di studii, intendeva con ciò di riempere alcun breve quarticello d’ora disoccupato, farsi con quella onesta ricreazione più tollerante dei dolori assegnatigli dalla Provvidenza, e, per quanto poteva, edificare coi frutti del proprio ingegno il suo prossimo. Non mi arresterò a dichiarare più largamente i costumi e le opinioni del Pezzoli, parendomi che il lettore se ne possa a quest’ora avere di già formato un conveniente concetto.

Dirò due parole della sua persona. Fu di mezzana statura, e di membra bene fra loro proporzionate; in generale piuttosto gracile che altrimenti; alta e spaziosa la fronte, vivi gli occhi, non molto grandi, e la bocca arguta e graziosa; fino dai primi anni, cioè non compiuti per anco i diciotto, se gl’imbiancarono i capelli, ciò che, giusta l’opinione comune, deve avergli aggiunto gravità e decoro alla faccia. E veramente eravi in tutto l’aspetto di lui un non so che tra il nobile e il malinconico, per cui al solo primo vederlo non sarebbesi preso per uomo volgare. Rideva parcamente, camminava piuttosto affrettato ma composto; nel resto e nel dialogo e ne’ movimenti molta gentilezza e facilità; tra gli amici certa urbana e innocente festività che [p. 210 modifica]non sarebbesi, forse, a prima vista presunta. Ma che vo io ritraendolo a Voi, fra cui sedette, e con cui favellò tante volte? Oh come facilmente, compresi dalla venerazione e dall’amore di un uomo illustre, stimiamo, parlando di lui, essere ascoltati da posteri e da lontani, anzichè da contemporanei e concittadini!

A quanto ho detto finora non mi resta più adunque che soggiugnere, io che del mio particolare dolore non volli, nè voglio discorrervi. E per altra parte, di quanto mal grado mi sciolgo dal ragionare del Pezzoli! Che se le mie lodi non scorsero oltre il termine di giustizia, se forse non lo toccarono; se ho saputo nella critica tenermi immune dalle prevenzioni del cuore, facendomi reo dei soli errori dell’ingegno; ne abbia ogni merito e colpa la speranza, che non mi abbandona, di vedere accresciuta, dalla pubblicazione di quelle cose che il Pezzoli compose migliori, la riverenza al suo nome, che le mie parole, come d’amico, e per poco non direi intrinsecato nella sua fama, avrebbero potuto piuttosto scemargli che fargli ottenere.