Novelle (Sercambi)/Novella LVIII

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Novella LVIII

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LVIII


L>a brigata e ’l preposto udita la dilettevole novella, e’ cantatori e le cantarelle comincionno a cantar canzonette piacevoli e oneste in questo modo:

«Come da lupo pecorella presa
spande il be <be> in voce di dolore
perché a lo scampo suo tragga il pastore,
simil pietà d’una ch’i’ preso avea,
la qual ‘omè ’ dicea con alti guai,
mi fe’ lassarla, ond’io non poso mai.
E quel che di tal fatto più mi scorna
è ch’io spetto il caso e que’ non torna».

Dapoi, giunta l’ora della cena, apparecchiato al modo usato, con piacere cenarono. E cenato, fine all’ora del dormire ballando e sonando, e poi il preposto comandò a l’altore che per lo dì seguente ordini una novella però che la giornata era dove Medea morta giacea. Et andati a dormire, la mattina levati, l’altore voltosi alla brigata parlò dicendo:


DE PULCRA ET MAGNA SA PIENTIA

Di quello delle tre figliuole da Vinegia.


I>nnella città di Vinegia fu un gran mercadante e ricco nomato scr Piero Sovranzo, che avendo tre figliuole femine et essendo vecchio senza donna, non avendo alcuno figliuolo maschio (averne la [p. 257 modifica]speranza li era fallita), pensò di maritare queste sue figliuole a tre mercanti e gentili uomini di Vinegia, con dare a ciascuna di dota ducati vi mila. E maritate che l’ebbe, tenendo il ditto ser Piero una servigiale in casa la quale servìa, e per questo modo dimorò ser Piero più anni essendo alcune volte invitato da’ suoi generi e dalle figliuole.

E dimorando in tal maniera, il ditto ser Piero pensò volere quel resto di denari che a lui erano avanzati dividere tra le sue figliuole. Et un giorno invitò tutte suoi figliuole e’ generi, dicendo loro: «Figliuoli miei e figliuole miei, a me sono rimasi alquanti denari, et omai non sono certo a fare mercantia perché sono vecchio, e non debbo ogimai tenere famiglia. E pertanto, se a voi è in piacere ch’io con voi torni a mangiare mentre che io vivo, vi darò quello hoe di denari; e vestimenti non vi chieggo, però che molti me n’ho serbati. Et in casa mia mi tornerò a dormire». Le figliuole e’ generi udendo nomar denari, desiderosi quelli avere, disseno che a loro piacea, che mai non li verranno meno, faccendo gran proferte. Ser Piero, pensando che atenessero quello prometteano, trasse di uno suo arcibanco ducati xxx mila, riserbandosi a sé poga moneta (circa la valuta di ducati c per poterli spendere alcuna volta in malvagia o in alcuna confezione), e fatto de’ ditti xxx mila ducati tre parte, dandone a ciascuna delle figliuole x mila, le figliuole e’ generi contentissimi, desnaron con allegrezza: or dicendo tra loro che uno mese tornasse con l’una et un altro coll’altra, e così seguisse fine alla morte.

E principiando dalla magiore il primo mese e poi alla seconda e poi alla terza, livrò li tre mesi. Tornando a la prima, la figliuola quasi malinconosa lo padre ricevéo. Lo padre dicendole che malinconia avea, le’ disse: «Perché ’l mio marito vorrè’ alle volte mangiar più tosto che voi non tornate». Il padre, che già vede che la figliuola magiore della sua ritornata portane dolore, fra sé disse: «Se l’altre mi facesseno tal viso, io starei male». Nondimeno il mese ristette. E passato il mese, a la seconda ritorna. < . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . > già un medesmo modo, dicendo ella: «Il mio marito non vorrebe mangiar sì tosto come voi». Il padre, che ode e non può altro dire, [p. 258 modifica]pensò volere restare tutto il mese. E passato, alla minore ritorna, e per lo modo delle due la trova dicendo che ’l marito non può sostenere a mangiare ogni dì pasta, come volea il padre. Ser Piero, che vede con nuove cagioni le figliuole trovar nuova scusa, con malanconia pensò provare più oltra.

E passato il mese, tornò alla prima: come la prima figliuola il vede, dice: «Non morrà mai questo vecchio? O che seccaia è la sua?» E questo non disse tanto piano che una fante di casa non l’udisse. Ser Piero, che avea udito ma non inteso, disse alla fante: «Che ha ditto la mia figliuola?» La fante disse: «Ella ha ditto che seccaia è la vostra: or non morrete mai?» Ser Piero, per vedere se tale cosa procede dal genero, fece vista di non aver inteso.

E stando a spettar di desnare, e passato terza, lo genero, che sa che ser Piero è ritornato a casa, non vi va ma sta saldo a bottega. Ser Piero spetta, e dice alla figliuola: «O che fa il tuo marito che non torna a desnare?». La figliuola, che sa la cagione perché non viene, dice: «Elli arà da fare». Ser Piero dice: «Fà ch’io mangi, e poi vegna a che ora vuole». La figliuola disse: «È non sarè’ onesto che io incominciasse la vivanda per voi fine che ’l mio marito non è tornato». Ser Piero dice: «Spettianlo anco». E passato nona, ser Piero vecchio dice: «Figliuola, io non posso tanto aspettare: fà ch’io mangi. E poi ch’io veggo che ’l tuo marito ha molto che fare, domatina andrò a l’altre miei figliuole che penso che i loro mariti non aranno tanto da fare». La figliuola, udendo che si dovea partire, con fatica li diè mangiare. E mangiato, ser Piero uscio di casa, et a casa sua tornò trovando la fante sua, dicendole che per la sera ordinasse da cena. La fante senza contasto la sera l’aparecchiò di buone vivande.

La mattina in su l’ora della terza se n’andò ser Piero a casa della seconda figliuola. E saglito in sala, disse la figliuola: «Or come, sete voi venuto qua che dovete stare con mia sorella? Per certo il mio marito non vel patirè’». Rispuose ser Piero: «Figliuola, io credo che dichi vero, e non vo’ che per questo ricevi da lui riprensione». E partisi per andare alla terza figliuola.

Lo genero magiore, tornato a casa e veduto che ser Piero la [p. 259 modifica]mattina non v’è venuto, disse: «Or ce l’abiamo levato da dosso questa seccagione». Lo marito della seconda tornato a desnare, la donna li disse come ser Piero era venuto et i modi per lei tenuti. Lo marito disse: «Ben hai fatto, che quando io il vedea mi parea vedere il diaule dell’infemo».

Ser Piero, che a casa della minor figliuola era ito, trovando la figliuola e ’l marito a taula, disse che Dio li salvasse. La figliuola e ’l marito disseno che novelle avea. Ser Piero disse: «Sono venuto a mangiare con voi». Dice la figliuola: «Il mio marito non ha comprato niente per voi stamani, però che sapete che dovavate andar alla vostra figliuola magiore, et eraci paruto mille anni che ’l mese passato fusse per non aver tanta faccenda». Ser Piero disse: «Figliuoli, io mi credea che anco fusse del mese, e poi che voi dite che è passato, io andrò quine u’ sarò riceuto». E voltòsi e scese la scala et a casa sua n’andò, et alla fante si fe’ aparecchiare da desnare, dicendole: «Oggimai fà da desnare e da cena per me e per te, però ch’è così ordinato». La fante disse: «Sarà fatto».

Et aparecchiato la mattina, ser Piero desnò con grande malinconia per quello avea fatto alle figliuole et a’ generi, d’aver dato loro quello che rimaso li era. E come savio pensò dello ’nganno a lui fatto dalle figliuole e generi vendicarsi. E subito se n’andò a uno gentilomo e ricco, al quale più volte ser Piero li avea prestati denari, nomato ser Marco da Ca’ Balda, dicendoli tutto ciò che incontrato li era delle figliuole e de’ generi. Ser Marco, udendo quello che a ser Piero era stato fatto, disse: «Comandatemi, e quello volete io farò». Ser Piero disse: «Io vo’ da voi che voi vegnate dirieto alla mia casa et aregate con voi ducati l mila, e mentre che vi pare innella mia camera intrate (e le chiavi d’essa a voi darò ora), e quelli denari mettete inello mio arcibanco, stando voi sempre da piè de’ letto». Dicendoli: «Io condurrò li miei generi e le miei figliuole in casa, et intrato in camera solo e chiuso la camera, me li lassa innomerare, e poi ne li porta et araimi contento». Ser Marco disse ch’erano presti.

E dato l’ordine che una domenica mattina fusseno li denari <portati>, ser Piero stato alquante stimane che a’ generi né alle figliuole niente avea ditto, né eliino a lui per non averne spesa, se [p. 260 modifica]ne andò a tutti e tre, invitandoli per la domenica mattina, loro e le figliuole. Li generi acettato, sperando trovare per uno x mila ducati com’altra volta ebeno, volentieri disseno di sì. Ser Piero, che sa che i generi e le figliuole venir denno, disse a la fante che ordinasse d’aver vivanda per uno onorevil desnare; e datol’i denari, la fante tutto misse in efetto.

Venuto la domenica mattina, ser Marco portati i ducati l mila e messi innel sopidano della camera, e lui presente in camera romase con alquanti suoi fattori. Ser Piero aparecchiato e le vivande cotte, le figliuole e’ generi venuti et in sala con ser Piero giunti, ser Piero fatto bella racoglienza loro disse: «Non vi rincresca, io voglio andare un poco in camera, e voi state qui in sala». Et aperta colla chiave la camera (alla quale ser Piero avea fatto alcuno pertuso acciò che dentro veder si potesse) e richiusosi dentro et andato all’arcibanco e di quine trattene con romor e suono una gran tasca di ducati, le figliuole e’ generi, che odeno lo romore, faccendosi a’ buchi della camera dove ciascuna figliuola e genero veder poteano, viddeno ser Piero esser al sopidiano.

E già cavato una tasca di ducati, in su una tavola con trespoli versati, e poi cavò l’altra e poi l’altra, tanto che tutte fuori le trasse. E cominciò a nomerare forte, dicendo a quattro a quattro: 1, 2, 3, 4, 5, 6, tanto che andò fine a cxxv mani, che sono ducati v cento. E dapoi prese uno paio di bilance metendo v cento a la ’ncontra, e poi un m; e per questo modo ser Piero fe’ l monti di ducati m per monte. E fatti tali monti (le figliuole e’ generi tutto viddeno senza dire niente), ser Piero ripuose quelli ducati innell’arcibanco; e fatto vista di chiuderlo a chiave, si levò et a l’uscio della camera venne e quello aprìo.

Le figliuole e’ generi partendosi, et in sala allegri tornoro; e ser Piero, chiusa la camera colla chiave, dice: «Omai è ora da desnare». E mentre che le mani si lavavano et a taula si poneano, ser Marco prese i suoi ducati e per la scala dirieto se n’andò.

Ser Piero colle figliuole e’ generi desnarono, dando ser Piero loro buoni exempli, et alcuna volta dicea: «Io vedrò bene chi di voi m’amerà, figliuole miei». E loro respondeano: «Tutte v’ameremo». E per questo modo passonno il desnare. Desnati e levati [p. 261 modifica]da taula, ser Piero parlò e disse: «Io sono ogimai di tempo, e di vero io non potrei sostenere la fatica che sostenuto ho fine a qui: e però vi prego non vi dispiaccia che io vo’ stare qui in casa, senza che a voi sia gravezza; e come Idio mi chiamerà a sé, il mio dé esser di chi m’arà meglio volsuto».

Le figliuole e’ generi avendo veduto il tesoro et udito le parole di ser Piero, ciascuno fra sé pensa volerlo onorare. E d’alora in là, l’uno lo volea che la mattina seco desnasse, l’altro la sera cenasse, dicendo l’uno e l’altro: «Or come, non sono io vostro genero come il tale». E per questo modo ser Piero non potea tanto mangiare quanto a prova ciascuno li apparecchiava, non per amor di lui ma di quelli nuovi ducati che veduti aveano (ma e’ diverrà loro come al cane, che lassò la cosa certa per la ’ncerta!).

Dimorando ser Piero in tal maniera più tempo, non potendo più la natura sostenere, amalò. E di presente le figliuole e’ generi funno a lui dicendoli che testamento facesse. Ser Piero, che sapea bene quello che far dovea, disse: «O figliuole miei e voi, generi, io veggo che dimorare più con voi non posso; e però io vo’ da voi, in prima che altro faccia, che voi mi promettiate che quello che io disporrò farete». Rispuoseno ch’erano contenti.

E presente ser Marco sopraditto et uno venerabilissimo frate, fe’ testamento che più di xviii mila ducati si distribuisseno a povere persone, e vi mila a preti et a frati, e ii mila per vestire et onorare le figliuole e’ parenti e ’l corpo; sì che in tutto volea si distribuisseno ducati xxvi mila; lassando innell’altre cose erede le figliuole per egual parte con condizione che l’arcibanco suo, innel quale è il suo tesoro, fine che tutti i giudici e’ legati non aranno per li generi messo ad esecuzione, non si debia aprire; lassando le chiavi a ser Marco et al frate. Et in caso che’ generi questo non facessero, lassava erede l’opera di San Marco con questo carico. E dato le chiavi et auto l’estrema unzione, passò.

Li generi istretti insieme tutto misero in efetto e tutto pagonno, pensando aver li l mila ducati che veduto aveano. E fatto tutto, avendo le chiavi et aperto presente il frate e ser Marco, niente [p. 262 modifica]in quella cassa trovonno salvo una mazzuola innella quale era scritto:

«Chi sé per altrui lassa,
dato li sia di questa mazza».

E per questo modo la ’ngratitudine de’ generi di ser Piero innell’ultimo fu punita.

Ex.º lviii.