Novelle (Sercambi)/Novella LXII

Da Wikisource.
Novella LXII

../Novella LXI ../Novella LXIII IncludiIntestazione 5 maggio 2023 75% Da definire

Novella LXI Novella LXIII
[p. 279 modifica]

LXII


Giunti in Arpi la brigata colla dilettevole novella de’ re Astulfo, con allegrezza cenaro prendendosi piacere fine all’ora del dormire. Lo preposto voltandosi a l’altore <disse> che per lo di seguente ordinasse una bella novella fine che al mezzo del camino de L’Aquila saranno giunti, là u’ vuole che quine si stia a riposo dal desnar fine a l’altro dì; ma prima qualche moralità. L’altore, che hae udito il comandamento, disse:

«Canzon, se noi non defendiam le donne
in questo dire un poco,
torsi che mi terebon per nimico;
ed elle son a natural colonne,
ché ’l primo nido e loco
facciamo in loro; però i’ le scuso e dico
che ciò ch’uom vuol è il servo e l’amico:
così ognuna alle bisogne sue,
però che più ch’uno servon due».

E ditta, a dormire se n’andonno. E la mattina levati e mossi per caminare, <l’altore> rivoltosi alla brigata disse:


DE COMPETENTE CONSILIO DE ADULTERA

Di Giacchetto e di Diana di Michelozzo da Firenze.


Fu non <è> molto tempo in Firenze uno gentile omo de’ Rossi nomato Michelozzo, il quale d’una sua donna de’ Medici [p. 280 modifica]avea una sua bella figliuola di anni xiiii nomata Dianabella. E maritandola a uno giovano in Firenze, ricco e gentile, chiamato Simone Buondalmonti, e stata già più anni a marito, un giorno essendo Dianabella andata con altre donne a spasso di fuori di Firenze a uno giardino, innel quale certi giovani a diletto quine erano andati, fra’ quali fu uno de’ Rucellai chiamato Giacchetto, il quale, come vidde le donne a l’orto venire e dentro della porta intrare, fattosi incontra salutando disse: «O Dianabella, prima che ad altro exercizio siate poste, vo’ che una danza ordinamo». E presela per la mano.

Dianabella, vedendo Giacchetto così liberale, disse fra sé medesma: «Di vero costui dé esser di gentil cuore». E preselo per la mano ballando con tanto piacere che mai non parea a Dianabella esser sì consolata di ballare come allora, dicendo più volte a Giacchetto: «Per certo io hoe auto et habbo oggi innel cuore grande allegrezza poi che la mano mi prendesti; che se tutte l’altre membra fusseno di tanta vertù quanto mi sono parute le tuoi mani, molto contenta dovrè’ esser quella giovana che in braccio ti tenesse».

Giacchetto, che ode Dianabella et èlli paruto sentire al tener delle mani quando ballavano che ella di fuoco d’amore fusse riscaldata, disse: «Madonna, quello che dite di me io debbo dire a voi (ché per certo io <non> l’osava dire), che di vero quando la mano vi presi mi parve tutte le piume e diletto del mondo esser in quelle; stimando <fra> me medesmo che dovranno esser quelle parti che coperte dal sole stanno, vedendo tanta bianchezza innelle vostre dilicate mani e vedendo il vostro vezzoso et angelico viso con quelle du’ stelle rilucenti de’ vostri onesti e legiadri occhi, che di vero lo ramo della vostra persona avanza tutti li altri che portino qual fiore bello et odorifero si voglia. E non avendo io ardimento di dover le vostre bellezze contare, cognosco che mal facea, e del fall’ho commesso io con pregiare la vostra cara persona vi chiegio perdono sottomettendomi a ogni vostra correzione. E per certo la vostra benignità, la qual si mosse a me lodare, m’ha fatto certo che io ho troppo fallito». Dianabella dice: «Giacchetto, non bisogna che sii corretto, però che solo in te sta ogni perfezione; dicendoti che veramente le tuoi mani son degne di togliere que’ [p. 281 modifica]frutti che più dilettevoli sono. E se per te si cognosce che alcuno io n’abia, a tua posta ti prego lo cogli». Gittandole uno occhio a dosso ridente Giacchetto disse: «Io sono al tutto disposto a ubidire quello che comandate».

Dianabella, presolo per la mano, menando la danza lo condusse da lato alla casa, dove persona non era, e voltasi a Giacchetto li diè un bacio, dicendoli: «Questo voglio che sia per arra de’ frutti che domenica notte vo’ che ricogli del mio arboro». Giacchetto lieto, con lei diè l’ordine che la domenica andasse ad albergo seco però che ’l marito dovea andare di fuori in villa.

Dato l’ordine, ritornati alle donne e fatto una insalatuzza, merendarono; e dapoi ognuna con quelle s’aveano colte in Firenza tornarono. Dianabella che la sua insalatuzza avea innella mente dell’ordinata notte, si steo fine alla domenica che ’l marito di fuori andò. E la notte Giacchetto, con lei trovatosi, di quelle meluzze che innel seno Dianabella portava ii ne tolse, avendo de’ fiori colti tanti che Dianabella, essendo stato tempo di portare corona, di più di xii merli l’arè’ portata fornita. E tal vita tenne Giacchetto di Dianabella più mesi.

Or perché le cose non si puonno far tante secrete (e masimamente tali faccende) che non si convegnino apalesare, divenne che a Simone suo marito fu mostrato chiaro che Dianabella li facea fallo. Subito richiesti alcuni suoi parenti, con loro dolutosi del caso, deliberonno al padre di Dianabella manifestare la cosa. E così se n’andaro a Michelozzo e tutto il fatto della figliuola li dissero. Michelozzo, malinconoso per più rispetti — e primo per la figliuola la qual’amava, apresso per Giacchetto, se con lui dovesse per questo fatto venire a guerra — , senza niente rispondere se non che disse: «Simone, al presente rispondere non ti posso per dolore ch’è a me venuto; e và e torna dapoi a me, et io ti darò qualche consiglio»; Simone doglioso si parte. Michelozzo subito pensò a Guerrier de’ Rossi suo fratello dirlo, uomo di grande cuore e senno.

Guerrieri, come ode questo fatto, pensò con un bel modo far star contento Simone, e disse a Michelozzo che lassi fare a lui. E di presente fe’ invitare tutta la consorte de’ Rossi, maschi e [p. 282 modifica]femmine, e simile Simone e Dianabella che la domenica vegnano a mangiare con lui; e con Simone invitò quello che gli avea ditto il difetto commesso. Fatto lo ’nvito, Dianabella, che di questo fatto niente sapea però che ’l marito niente l’avea ditto, allegra e baldanzosa a casa di Guerrieri andò col marito a desnare; e simile li altri omini e donne della casa.

E quando funno tutti a casa, Guerrieri chiamò da parte tutti li omini de’ Rossi, lassando Simone e ’l parente colle donne in sala. E loro entrati in camera. Guerrieri cominciò a dire: «A voi, fratelli e consorti miei: elli è avenuto che noi siamo per esser in mala guerra se non si provede, e di questo n’è colpa la figliuola di Michelozzo, Dianabella, la quale con Giacchetto Rucellai s’ha preso piacere; di che Simone suo marito se n’è acorto et ha ditto al padre il fatto, e parmi mal disposto o vergognarci per sempre mai o metterci in guerra con sì fatte case. E pertanto, se volete fare a mio modo, da tutti i pericoli camperemo con nostro onore, altramente saremo disfatti e vituperati». Udendo i consorti questo fatto, disseno: «Guerrieri, ordina, e noi seguiremo». Allora Guerieri disse: «Or non vi sdegnate di cosa che io alle vostre donne dica, però che tutto risultrà in bene». Tutti disseno: «Dì e fà ciò che a te piace».

Guerrieri, auto licenzia, uscìo di camera con tutti li altri, disse: «O voi, omini e donne, udite quello che io vo’ dire, e non abbia neuno a mal se io dico il vero. E però, prima che noi man giamo, vo’ sapere alcuna cosa». E voltòsi alla moglie dicendoli: «Vieni qua, puttana che sei, poi che io ti trovai farmi fallo mi sono acorto che anco vai cercando fallirmi, e sai tel perdonai». La moglie di Guerrieri volendosi scusare, e Guerieri faccendole mal viso disse: «Taci, puttana!» E poi si volse a tutte l’altre donne de’ fratelli et a ciascuna dicea per lo simil modo, intanto che vergognose tutte tremando, pensando de’ falli commessi altri se ne fusse aveduto, stavano chete.

E poi rivoltosi a Dianabella: «E tu, madonna la puttana, che a Giacchetto Rucellai t’ha’ fatto montare cento volte a dosso, noi vogliamo sapere la cagione perché ciò abi fatto, altramente noi incontenente t’uccideremo». Dianabella disse: «O Guerieri e [p. 283 modifica]voialtri, io l’ho fatto perché mel trovo sano». Disse Guerrieri: «Simone, Dianabella ha ragione, e tu dovresti esser contento che sana stesse; ma ben ti preghiamo che da ora innanti con altra medicina la facci sana, minacciandola di segarli la gola se mai più lo faràe».

Simone, avendo sentito a l’altre donne dir puttane, fu contento che alla sua così si dicesse.

Ex.º lxii.